Telegiornaliste anno XIV N. 19 (566) del
6 giugno 2018
Federica
De Paolis: parto da personaggi reali
di
Antonia Del Sambro
Il suo ultimo romanzo è uscito da neppure un mese ed è già un
successo di pubblico e critica perché Federica De Paolis ama la
scrittura in maniera viscerale e questo ai lettori arriva
immediatamente e in maniera inconfutabile. In più in questo
lavoro c’è anche la sua personale passione per il cinema e per
l’incantata terra del Salento.
Notturno salentino è costruito quasi come un film
dove il lettore si immerge nella trama come uno spettatore in
una sala cinematografica. Cosa l’ha ispirata a questa scrittura
e a questi affascinanti echi da noir americano?
«Sono appassionata dalla nera, come si dice in gergo: penso che
le storie di cronaca siano il riflesso della società, lo
specchio angoscioso del paese. E sono affascinata dal cinema
noir americano, ho un'intera collezione di DVD, di cui mi sono
nutrita per anni. C'è un film in particolare che mi ha
ispirata, si chiama
The Lady Vanishes, di Alfred
Hitchcock nel 1938, di cui poi è stato fatto un remake diretto
da Anthony Page. Da qui, è nata l'idea di far sparire
completamente un personaggio funzionale alla storia. La
dissolvenza di qualcuno è molto affascinante. È un lutto che
non si può piangere ma incarna anche il sospetto feroce di un
potenziale tradimento».
Parlando di Livia, di Cynthia e di Klara le sue protagoniste
femminili non potrebbero essere più diverse l’una dall’altra
eppure nel suo romanzo si finisce, inevitabilmente, a
parteggiare per ognuna di loro, a tratti anche a immedesimarsi
con il loro stato d’animo. È una sua scelta autoriale fare in
modo che alla fine ne escano malamente sono gli uomini?
«È la prima volta che uso un io narrante femminile, ho scritto
quattro libri prima di questo e ho usato prevalentemente una
voce maschile, mi aiutava a prendere la giusta distanza da me
stessa. Qui, questa miriade di donne, di età e anche culture
diverse in un certo senso, rappresentano delle schegge di uno
specchio intero, una sola donna con tutte le sue complessità,
fragilità, paure ma anche scaltrezze. Però non penso che siano
solo gli uomini ad uscirne male, ci sono molte figure femminili
piene di contraddizioni, che agiscono in modo opaco, non
lineare. Anzi, trovo il personaggio maschile principale, il
compagno di Livia, Boris: un uomo esemplare».
Lei è romana eppure il suo romanzo è intimamente intriso di
atmosfere, descrizioni, sapori e colori della Puglia da far
innamorare anche chi in quei posti ci è nato e cresciuto. Come
ci è riuscita?
«Sono andata in Puglia a trent'anni la prima volta, è un luogo
che mi ha incanta, al punto - dieci anni fa - di costruirci una
casa. È un posto dal quale sono sopraffatta: soprattutto nello
sguardo. Il Salento coinvolge tutti i sensi, per gli odori, la
luce abbagliante, gli ulivi che sembrano esseri umani. Ne sono
soggiogata e anche intimamente impaurita. Ed è per questo che
ho cercato di raccontarla, sono attratta dai controluce».
Ha dichiarato più volte di avere una vera e propria passione
per la scrittura, cosa che si evince chiaramente da ogni suo
lavoro letterario, a tratti, però, leggendo i suoi gialli non
si può fare a meno di notare anche una certa propensione alla
psicologia umana, ai moti dell’animo che accompagnano tutti i
suoi protagonisti come succede appunto a Livia in Notturno
salentino, quanto di lei c’è allora nei suoi personaggi?
«I miei libri partono sempre da personaggi reali, in questo
senso il mio sguardo è sempre rivolto all'esterno: osservo,
ascolto per poi cercare di dar vita a dei profili autentici.
Tutto passa attraverso di me, tutto è filtrato dalla mia
sensibilità. Nella fattispecie in questo libro, sono quasi
totalmente identificata con la protagonista. Ho avuto due
bambini come lei, ho la sua età e mi sono ritrovata ad aver a
che fare con il mondo delle tate, donne di culture diverse, con
sogni e bisogni completamente differenti dai miei; queste
convivenze forzate mi hanno fatto riflettere, volevo raccontare
anche i rapporti di potere, mutuo soccorso, fiducia e sospetto
che si instaurano in queste situazioni. L'interazione culturale
tra le donne, e questo l'ho già detto - il paradosso secondo il
quale, affidiamo i nostri figlia a delle donne, che per
sopravvivere hanno abbandonato i loro».
Sta già pensando al nuovo libro o per adesso si gode solo il
successo di questo?
«C'è una piccola storia di cronaca che mi ha solleticato, sono
coinvolte due famiglie, e dei bambini. Ho letto un libro l'anno
scorso che mi ha stregato,
Ninna nanna di Leila Slimani,
ha vinto il premio Goncourt. In quel romanzo aleggia
un'atmosfera incredibile, come si respirasse un'aria plumbea e
il tempo fosse rallentato dall'imponderabile. Ecco se riuscissi
a trovare quella voce, la mia piccola storia di cronaca
potrebbe diventare un buon libro».