Telegiornaliste anno XIV N.
21 (568) del
20 giugno 2018
Cristina
Carbotti, comunicare con passione
di
Antonia del Sambro
Una lunga gavetta, una passione per il suo mestiere mai sopita, il
contratto definitivo dopo una lunga selezione pubblica e infine a
conduzione del tg nella sua terra di origine.
Cristina Carbotti è l’esempio di quanto ancora di bello,
pulito e professionale c’è ancora nel giornalismo italiano e ce lo
racconta in questa lunga intervista.
Cristina tu vieni dalle radio e dalle televisioni locali. Quanto è
importante ancora fare una gavetta come la tua nell’era della
comunicazione 3.0 dove tutti si improvvisano cronisti sul web?
«Beh, effettivamente la mia gavetta è stata fin troppo lunga! Ho
iniziato a fare questo mestiere quasi per caso, in un decennio, gli anni
80, in cui radio e tv erano davvero sperimentali, ma questo mi ha
permesso di mettermi in gioco in diversi ruoli e competenze. Ricordo
quando, in una piccola tv privata ligure, Tele Tril, mi divertivo ad
imparare le tecniche di montaggio video, i rudimenti di regia, l'uso
della telecamera. In realtà così piccole era possibile imparare tutto,
senza timore di fare danni. Per me allora Rai e Mediaset erano
irraggiungibili. Oggi tutto questo si può fare con un semplice
smartphone e grazie al web ci sono possibilità infinite di comunicare.
Credo però che questa facilità di accesso abbia tolto un po’ di fascino
alla professione. Difficile paragonare ora con allora. Resta la certezza
che quando le cose si imparano davvero sul campo, non si dimenticano più
e ti permettono di avere una sicurezza professionale che non viene
scalfitta neanche delle situazioni più intricate e difficili».
Come è stato lavorare alla redazione di un rotocalco come
Verissimo e poi come La vita in diretta dove si deve passare
con assoluta professionalità dalla cronaca nera alla cronaca rosa e
restare sempre sulla notizia?
«È stato molto appassionante ed entusiasmante. Un crescendo di
esperienze che mi hanno arricchito molto. Inizialmente non sapevo bene
se dedicarmi alla cronaca rosa o alla nera. Poi un giorno a La vita in
diretta andarono in onda nella stessa puntata due servizi firmati da me;
uno "leggero", l'altro legato ad un caso serio di omicidio. Allora dissi
al mio capostruttura di allora, Daniel Toaff, che dovevamo scegliere,
per non perdere credibilità. E così venni destinata alla cronaca nera.
Nel corso dei dodici anni di collaborazione con
La vita in diretta
ho avuto modo di conoscere centinaia di persone legate a storie
drammatiche e terribili, come, tra le altre, la vicenda di Yara
Gambirasio, l'omicidio del piccolo Tommy, i delitti delle Bestie di
Satana. Dietro ad ogni vicenda c'erano grande sofferenza e incredibile
forza. Incontri indimenticabili. Ogni tanto però ho "sconfinato"
trattando temi più lievi, come quando sono stata inviata a Windsor per
il matrimonio di Carlo e Camilla, o quando, in diretta con il Vaticano,
ho gestito il collegamento da Gubbio per l'accensione in diretta
dell'albero di Natale da parte di Papa Benedetto XVI. Ogni volta mi sono
immedesimata nella situazione cercando di trasmettere ai telespettatori,
oltre alla notizia, lo stato d'animo di chi vi era coinvolto. Il segreto
per passare dalla rosa alla nera a mio parere è questo. Vivere la
situazione con semplicità e normalità. Così come accade ogni giorno
nella vita».
Dopo tante trasmissioni di successo alla Rai arriva al Tgr Liguria.
Raccontaci il tuo primo giorno.
«Il primo giorno è stato quello della firma ufficiale del contratto di
assunzione, arrivato dopo una selezione pubblica piuttosto impegnativa,
alla veneranda età di 50 anni e dopo ben 28 anni di attività nel campo
della comunicazione. Sinceramente non ci credevo più oramai! Dopo la
firma pensavo di andare a casa e di prendere servizio il giorno
successivo, invece mi fecero subito preparare un servizio per il tg
della sera. Qualche giorno dopo è arrivata la prima conduzione del tg,
che ho concluso con un saluto spontaneo: " è stato un piacere". Il
giorno successivo un commento sulla pagina locale di Repubblica mostrava
apprezzamento per la mia conduzione e per la mia familiarità con il
mezzo televisivo. È stata una bella soddisfazione poter lavorare nella
regione dove vivo con la mia famiglia, dopo anni di viaggi su e giù per
l'Italia. E ancora oggi, a distanza di quattro anni, quando cammino per
strada, le persone mi mostrano il loro affetto e mi fanno capire quanto
sia radicata nel territorio l'informazione della Tgr».
Se domani ti chiamassero da un grande network europeo o americano
accetteresti subito?
«Certamente sì! Sarebbe una nuova sfida che affronterei volentieri. Ho
ancora tanto desiderio di imparare e di sperimentare. L'unica esperienza
con un network internazionale che ho avuto nel corso della mia carriera
professionale è stata quella alla BBC di Londra, nel 2005, proprio in
occasione del matrimonio reale del Principe Carlo. In quella settimana
ho potuto rendermi conto di quanto fossero all'avanguardia rispetto al
nostro modo di lavorare. Mi piacerebbe molto apprendere nuovi linguaggi
televisivi e mixarli al nostro gusto italiano».
Come ti vedi tra dieci anni?
«Spero di avere ancora la stessa curiosità, la stessa voglia di
comunicare, lo stesso desiderio di conoscere persone e paesi nuovi, la
stessa capacità di raccontare e di dialogare con la gente. Tra i miei
obiettivi c’è anche quello di trasmettere tutto quello che ho imparato,
lavorando in radio e in tv, ai giovani colleghi che si affacciano alla
professione. Magari lo stile cambierà, così come cambieranno i mezzi di
comunicazione e le parole, ma una cosa soprattutto vorrei trasmettere:
la passione. La stessa intensa e grande passione che mi ha accompagnato
in tutti questi anni. Quella, spero, non cambierà mai».