Telegiornaliste anno XIV N. 13 (560) del 11 aprile 2018
Cinzia
Tani,
racconto grandi donne dietro grandi uomini
di
Tiziana Cazziero
Abbiamo nuovamente il piacere di incontrare la giornalista e scrittrice
Cinzia Tani, che ci parla della sua ultima fatica letteraria:
Darei la vita, edito da Rizzoli
Salve e grazie per il suo tempo. Giornalista, scrittrice, conduttrice
televisiva, come riesce a districarsi con tutte queste attività?
«Sono molto organizzata. Il programma mi prende un solo giorno e i corsi
di scrittura due sere alla settimana. Il corso alla Luiss è venerdì e
sabato e dura due mesi. Tutto il resto, poiché esco pochissimo e non ho
un compagno, lo dedico allo studio, alla ricerca e alla scrittura».
Autrice di romanzi e di articoli come giornalista, a quale di queste
vesti senti più legata?
«Io sono una scrittrice da sempre. Ho pubblicato trentadue libri e la
mia passione è solo scrivere e insegnare. Tutto il resto lo faccio per
sopravvivere. Ma mi piace fare televisione in quanto i miei programmi
sono solo culturali, quindi di nicchia».
Quando arriva l’ispirazione per scrivere un romanzo?
«Sempre. Ho molta fantasia. Se non mi serve l’ispirazione per un mio
romanzo la cedo a uno dei miei corsisti. Gran parte di loro stanno
pubblicando».
Darei La vita, come e quando hai pensato e deciso di scrivere
questo libro?
«Cerco di riempire i vuoti nella storia delle donne. Due anni fa ho
scritto un libro sulle spie donne di cui nessuno parla e quest’anno ho
voluto capire quanto sia vera la frase: “
Dietro un grande uomo c’è
sempre una grande donna”. Ho scritto quindici storie di compagne di
geni (Einstein, Chaplin, Verdi, Hugo, Puccini etc) per scoprire che le
loro donne erano eccezionali ma per amore hanno rinunciato alla loro
arte e alle loro aspirazioni, sono state tradite e umiliate».
Puoi raccontarci qualche aneddoto avvenuto durante la stesura del
libro?
«Non ho aneddoti ma scoperte. Per esempio ho scoperto che il grande
fotografo Robert Capa di cui ci sono mostre continuamente in realtà non
si chiamava così. Si trattava di una coppia di ragazzi che avevano
scelto un nome d’arte. Tutti conoscono lui e lo chiamano Robert Capa ma
di lei, Gerda Taro, morta giovanissima per fotografare il fronte della
guerra civile spagnola non si sa quasi niente. Ho scoperto anche un
orribile contratto che Einstein diede alla moglie perché lo firmasse ed
evitasse così il divorzio. Nel contratto lei doveva lasciare la stanza
se lui lo chiedeva, doveva smettere di parlare se lui lo chiedeva, non
poteva uscire con lui né avere rapporti intimi con lui. Naturalmente lei
non lo ha firmato ed è morta sola, malata e povera».
Le donne rappresentano il fulcro vitale del libro, cosa si devono
aspettare i lettori da un libro di questo genere?
«Vorrei almeno che i lettori ricordassero il nome di donne perlopiù
sconosciute. Che sapessero che Mileva Maric, la moglie di Einstein, era
geniale quanto lui. Che Natasha Rambova (la bellissima donna della
copertina) ha creato il mito di Rodolfo Valentino e così via».
Una lunga carriera nel mondo editoriale, com’è cambiata e si evoluta
l’editoria in questi ultimi anni? In positivo o negativo?
«Assolutamente in negativo. Oggi le case editrici non seguono più i
“loro” scrittori storici, cercano solo di pubblicare qualche sconosciuto
per fare il “colpaccio” e poi abbandonarlo al suo destino. Si pubblica
troppo, le librerie sono invase da libri assurdi che scompaiono in un
mese. Non c’è magazzino. Non ci sono critiche letterarie obiettive
(spesso si tratta solo di scambio di favori). Molti premi letterari sono
corrotti. Gli uffici stampa non lavorano come una volta, cercando
l’occasione giusta per parlare del libro che devono promuovere. E poi
oggi tutti scrivono e spesso si autopubblicano senza che qualcuno faccia
un editing delle loro opere. Fortunatamente alla Mondadori e alla
Rizzoli io ho degli ottimi editor!».
Il digitale è diventato sempre più importante nella realtà
editoriale, pensi che rimarrà oppure è solo un momento transitorio?
«Molti giovani comprano i libri in digitale perché in cartaceo costano
troppo. Io vorrei che i libri costassero meno e comunque prima che ci
sia il sorpasso del digitale passeranno moltissimi anni. Nelle mie
conferenze sento solo gente che vuole sfogliare la carta».
Darei la vita, perché questo titolo? Le donne sono sempre
pronte a sacrificarsi per gli uomini che amano? Perché?
«Quelle donne erano affascinate dal genio ed erano disposte a “dare la
vita” (alcune sono finite in manicomio, o si sono uccise o si sono
lasciate morire ma non hanno mai smesso di amare). Oggi non ci sono più
quei geni e le donne sono consapevoli della loro dignità, dei loro
desideri e perseguono passioni e ambizioni. Non si potrebbero più
ripetere storie così. Per fortuna».