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Rossella SambucaTelegiornaliste anno XIII N. 6 (516) del 15 febbraio 2017

Rossella Sambuca, il calore del calcio di provincia
di Giuseppe Bosso

Volto del programma sportivo Lo Sport in Campania, in onda sull'emittente napoletana Televomero, conosciamo Rossella Sambuca, prossima a diventare giornalista professionista.

Come ti sei avvicinata al giornalismo ?
«Dopo la laurea ho iniziato un percorso di stage, di master, che mi hanno portata in varie testate ed emittenti; ho lavorato anche a Canale 21 con Gennaro Montuori, in giro per i vari campi delle province campane, fino ad approdare a Televomero».

Lo Sport in Campania, il programma di cui sei da anni volto e voce: come nasce questo format e come lo hai visto svilupparsi?
«Si tratta di un programma che ormai va per i quarant’anni, essendo iniziato nel 1978, con l’intento di dare spazio e voce anche a quel panorama per niente secondario del calcio di provincia, che pure nella nostra regione ha una storia di tutto rispetto, che seguiamo a 360° dalla Lega pro fino alle serie dilettantistiche; tutti seguono il Napoli, ma è giusto anche seguire queste altre realtà. I pro e i contro di dedicarsi a questo settore corrispondono a quelli del nostro lavoro in generale, fatto di sacrifici alla vita privata, di passare i fine settimana da un campo all’altro; ma è quello che deve fare un giornalista, in tanti spesso si improvvisano senza avere una minima idea di quel che significa fare questi spostamenti continui. I miei compagni d’avventura, Gigi e Alfredo Paturzo, fanno uno splendido lavoro».

È vero che il calcio di provincia è più ‘caloroso’ di quello delle grandi città?
«Sicuramente c’è un’empatia diversa, un modo diverso di vivere il calcio; c’è un diverso rapporto con i presidenti, gli addetti ai lavori, i calciatori, i dirigenti… lo percepisci direttamente dall’interno, e loro ti fanno capire le loro principali problematiche, legate alle strutture, alla mancanza spesso di campi non adeguatamente attrezzati; pensa a quante squadre sono costrette a spostarsi in altre città o a giocare ancora in terra battuta, per dirne una».

È stato difficile per te conseguire credibilità in un ambiente ancora prettamente maschile come il giornalismo sportivo?
«Sì, non lo nego. La differenza tra uomo e donna è ancora molto evidente, sebbene tante colleghe, e in Campania ce ne sono, hanno saputo nel tempo guadagnarsi spazi importanti».

Napoli ti sta stretta?
«Sì, non vedo possibilità di emergere, rispetto ad altre città. Non come in altre città come Firenze, dove per esempio la Lega Pro è gestita da donne, che hanno un diverso profilo di comunicazione».

A cosa saresti disposta a rinunciare per la carriera?
«Non a tutto. Anche la vita privata ha la sua importanza, di questo sono convinta».

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