Telegiornaliste anno XIII N. 29 (539) del
11 ottobre 2017
Ninfa
Colasanto,
da sempre a La7 con lo stesso entusiasmo
di
Giuseppe Bosso
Dopo le prime esperienze sulla carta stampata, la carriera di
Ninfa
Colasanto si è praticamente svolta interamente a
La7.
La incontriamo.
Come sei arrivata a La 7?
«Sono arrivata a quella che allora si chiamava Telemontecarlo dopo le
mie prime esperienze sulla carta stampata. Poi ho lavorato anche in
radio».
La tua giornata tipo?
«Lavorando in una redazione che ogni giorno ha turni e orari variabili
non penso possa parlarsi di una giornata tipo standard; capita di
lavorare sull’edizione dell’alba, quella della sera… ci si organizza di
conseguenza; ho due figli piccoli, mi dedico a loro completamente quando
non sono in redazione».
Quale evento ti è rimasto maggiormente impresso tra quelli che hai
seguito?
«Non saprei rispondere, ci sono state tante cose, dalle piccole
interviste nelle carceri agli incontri con persone che hanno avuto
particolari percorsi di vita… piccole e grandi esperienze che ho sempre
cercato e sempre cercherò di affrontare con entusiasmo. Ogni giorno».
Rispetto ai tuoi inizi come trovi cambiato il mondo del giornalismo?
«Ho iniziato davvero in un altro mondo quando mi trovavo sulla carta
stampata, lavoro certosino giorno per giorno; sicuramente è la
tecnologia che ha portato tanti cambiamenti, con Internet che ha
influito in bene e in male; siamo passati dal tempo in cui era
fondamentale avere contatti per verificare una notizia alla necessità di
conoscere bene le lingue… dall’agenda alla velocità, come riesce a
muoverti nella comunicazione globale».
Mamma e giornalista insieme si può?
«Si deve! Se c’è una passione non la si deve certo sacrificare, senza
ovviamente tralasciare la priorità degli affetti familiari. Sicuramente
la fatica c’è, ma la famiglia è poi un fondamentale rifugio».
Come hai vissuto, dal punto di vista della redazione, i cambiamenti
che l’emittente ha attraversato dai tempi in cui si chiamava Tmc?
«Sicuramente è cambiato tutto, dai tempi in cui l’emittente era di
proprietà del gruppo brasiliano Rede Globo (che io non ho vissuto)
passando man mano per la gestione del gruppo Cecchi Gori, quella Telecom
e quella attuale di Urbano Cairo, che da editore ‘puro’ ha fin da subito
voluto concentrare la programmazione sull’informazione, mentre le
precedenti gestioni erano orientate su un diverso tipo di format; ma
nessuno ci ha mai ritenuto marginali, come dimostra l’attenzione che
abbiamo avuto per esempio per l’informazione sportiva o per le notizie
dall’estero; ma sicuramente la redazione ha compiuto il vero salto di
qualità con l’avvento alla direzione di Enrico Mentana, che ha cambiato
radicalmente il nostro modo di lavorare, facendoci diventare un vero tg
‘da ultimo secondo’, sempre in presa diretta, in continuo aggiornamento;
e caratterizzando sempre più la rete come all news, con programmi
giornalistici in tutte le fasce orarie».
Di questa estate quale immagine vorresti lasciare alle spalle?
«I fatti di Barcellona purtroppo non penso potremo lasciarli alle spalle
per quello che ci ha raccontato, dall’integrazione mancata al dolore per
le vittime… cose che condizioneranno molto anche i prossimi mesi; non ci
dovremmo abituare a queste tragedie, ma inevitabilmente finisce per
accadere. E anche gli scontri di Roma di fine agosto, persone
richiedenti asilo che sono state sgomberate e lasciate bivaccare per
giorni nella capitale, in modo che dimostra come si sia perduto il
valore dell’accoglienza e dell’integrazione… più che mettere alle spalle
direi sono immagini da cui imparare».
Consiglieresti a un giovane la strada del giornalismo?
«Assolutamente sì, è il mestiere più bello del mondo, entusiasmante,
fondamentale per la libertà; nei Paesi dove manca la libertà di
informazione manca la libertà stessa; va fatto con serietà e impegno».