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Intervista a Micol Pieretti   Tutte le interviste tutte le interviste
Micol PierettiTelegiornaliste anno XIII N. 33 (543) del 15 novembre 2017

Micol Pieretti, passione teatro
di Giuseppe Bosso

Incontriamo Micol Pieretti, volto di Rainews 24, giornalista particolarmente legata al mondo del teatro.

Dalla redazione di Tgr Trentino a Rainews, che cambiamenti ha avvertito?
«Un cambiamento radicale, ma l’ho fortemente cercato. L’esperienza trentina è stata una grande scuola: una realtà interessante, un capoluogo di Provincia autonoma, un panorama politico interessante e tante belle storie di innovazione. Passare dalla sede regionale a Rainews, un canale all news 24 ore su 24, con ritmi pieni, è stato stimolante anche dal punto di vista dello studio e dell’impegno richiesto, ora di respiro internazionale. La conduzione, le dirette, all’inizio sono state un impegno difficile, ma che in fondo rappresentavano quello che cercavo dal punto di vista lavorativo. Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo, adesso riesco ad occuparmi del settore spettacolo, soprattutto teatro, che è quello che mi piace di più».

Quanto è stata importante per lei la scuola di Perugia?
«Direi decisiva, per me che venivo dal mondo accademico. Avevo frequentato un dottorato e presentato una tesi in storia e teoria del teatro, e negli ultimi periodi ero un po’ stanca di vivere un mondo staccato dall’attualità; volevo avere più contatti con i problemi delle persone, e così è capitato che nello stesso giorno di mattina discutessi la tesi del dottorato e al pomeriggio chiedessi di frequentare uno stage in un’agenzia di servizi giornalistici, durato sei mesi. Poi l’esame è andato bene, e la scuola è stata un’ottima occasione di approfondimento, che mi ha dato una struttura di conoscenze teoriche ma soprattutto la quotidianità del lavoro giornalistico».

Quale immagine vorrebbe lasciarsi alle spalle di quest’anno e quale invece portare avanti?
«Sicuramente un certo modo di parlare di immigrazione, che tende a semplificare i problemi o raccontarli parzialmente, e anche il modo di strumentalizzare le immagini cruente e violente, specie quelle che riguardano i bambini protagonisti involontari di fatti di cronaca… vorrei conservare invece il modo in cui siamo stati capaci di raccontare gli eventi drammatici come il terremoto; io ho vissuto da ragazza il terremoto del ’97 e so che c’è bisogno di non spegnere mai i riflettori».

Occupandosi di teatro ritiene che in Italia si investa sui giovani nel settore?
«Si soffre nel settore per la cronica carenza di fondi; mancano gli incentivi a stimolare i giovani a seguire questa carriera – da attore e più ancora da drammaturgo – chi lo fa è quasi un eroe… e anche noi giornalisti dovremmo essere più bravi a raccontare le storie di chi ha coraggio di dedicare all'arte la propria vita, a coinvolgere l’attenzione del pubblico. Il teatro in questi anni gode di grande vitalità, eppure c’è ancora chi ha il timore reverenziale di entrare in teatro, pensando che sia un posto per signore d’altri tempi o un passatempo noioso; sta anche ai giornalisti cambiare questa visione».

Segue degli accorgimenti dal punto di vista dell’immagine, essendo tra le più apprezzate tgiste tra i nostri lettori?
«No, penso che nel momento in cui il look in televisione sposta l’attenzione da quello che la giornalista sta dicendo significa che qualcosa non va. Dobbiamo funzionare per quello che raccontiamo, non per quello che indossiamo. Look minimale, quindi».

Cosa vede nel domani Micol?
«Vorrei potermi occupare sempre di teatro, è il mio amore e la mia ambizione … la mia speranza è che nel giornalismo ci sia molta più solidarietà femminile: c’è molta strada da fare».

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