Telegiornaliste anno XIII N. 32 (542) del 8 novembre 2017
Lorenzo di Las Plassas: in redazione è fondamentale avere il proprio
valore aggiunto
di
Antonia Del Sambro
Lorenzo di Las Plassas è nato a Roma ma ha una lunga
carriera alle spalle fuori dall’Italia: è stato assistente
personale di Oriana Fallaci quando lavorava a New York, ha
fatto l’inviato ed è stato tra i giornalisti fondatori del
canale
RaiNews24; ha lavorato anche per Euronews e Rai
Internazionale occupandosi di cinema. Lo abbiamo
intervistato per il nostro giornale facendoci raccontare di
più proprio da lui.
Lorenzo, lei è un giornalista che si può definire a tutto
tondo perché conduce, fa l’inviato, scrive e realizza
programmi e si occupa anche di estero, ma cosa le piace fare
di più di tutte queste cose?
«In effetti nel canale ho la duplice veste di conduttore e
di inviato. Sono due aspetti molto diversi della mia
professione che necessitano una diversa capacità di
narrazione: per esempio, nel primo caso, bisogna saper
comunicare le notizie con una modalità che definirei
attoriale, bilanciando la partecipazione emotiva con il
necessario distacco; l’emozione è sempre un gancio per il
ricevente ma, nella conduzione di un tg, questa deve essere
appena accennata altrimenti sfocia nella piaggeria; d’altro
canto una conduzione troppo asettica o monocorde crea
distacco e soprattutto rischia di non far percepire il
diverso peso di ogni notizia che viene letta. Mi piace
cercare di bilanciare le due cose. Il conduttore di un
canale di flusso poi deve saper gestire le emergenze, sempre
possibili, come nel caso delle notizie dirompenti (breaking
news). Nella veste di inviato invece mi piace trovare le
notizie e immaginare, non solo un modo corretto, ma anche
originale per raccontarle; è fondamentale avere il proprio
valore aggiunto, la propria capacità narrativa. Insomma mi
appassionano entrambi gli aspetti della mia professione
purché abbia la possibilità di metterci del mio, nello stile
e nella narrazione dei fatti. Posso aggiungere che per le
notizie culturali come quelle relative a cinema, arte
contemporanea architettura, si lavora di più con la testa.
Per le notizie che riguardano le storie delle persone, è
inevitabile lavorare anche con il cuore».
Lei ha collaborato a stretto contatto con Oriana Fallaci
quando viveva a New York, cosa le è rimasto di quella
esperienza e cosa del suo pensiero trova attuale e
lungimirante in questo particolare momento storico e
sociale?
«Risposta facile e difficile allo stesso tempo: facile
perché posso dire che fu grazie alla
signora -così la
chiamavo nei mesi in cui lavoravo con lei - che, a 16 anni,
leggendo
Intervista con la Storia, mi innamorai della
professione giornalistica; devo molto alla sua scrittura
travolgente e alla passione che trasudava dalle sue parole,
alla sua metrica. Posso anche dire facilmente che il più
grande insegnamento che ho ricevuto dall’esperienza di
lavoro con ‘la signora’, ai tempi della traduzione in
inglese e francese di
Inshallah, è stato che non
bisogna mai incontrare dal vivo il tuo idolo; ciò che
consideri un mito deve rimanere nell’alveo del mito e non
diventare mai reale. Allora qui la parte in cui è difficile
rispondere: se dovessi raccontare le cose negative di
quell’esperienza passerei per presuntuoso di fronte a una
giornalista ‘mitica’ e mitizzata come Oriana Fallaci, per
cui meglio star zitto. Posso dire senza dubbio che non trovo
il suo pensiero lungimirante. La signora, impermeabile a
giudizi esterni, commetteva l’errore di equiparare l’islam,
tutto l’islam, con la barbarie e il terrorismo e non
considerava che la vera guerra culturale in atto non è tra
cristianesimo e islam ma tra fondamentalismo religioso e
quell’etica che parte dal dubbio socratico e si formalizza
nello spirito illuminista».
Ci racconti la sua giornata tipo, cosa cambierebbe del
suo lavoro o modificherebbe dopo tanti anni sul campo?
«La giornata da conduttore sportivo: sveglia alle 7,
colazione e incombenze domestiche, dalle 8.30 alle 10 in
palestra. Poi riunione a Saxa alle 11 e inizio conduzione
alle 12.30. Giornata da inviato: senza orari, in servizio
anche dalle 6 del mattino fino all’una di notte».
Un suggerimento sincero ai giovani che desiderano, oggi,
percorrere il suo stesso cammino e sognano di intraprendere
una carriera come la sua.
«Sapete che il mondo del giornalismo è chiuso, vero?! Che
non c’è lavoro e che le redazioni della stampa scritta si
contraggono? E che l’online paga pochissimo? lo sapete
vero?! E che la figura romantica del giornalista inviato è
agli sgoccioli e che, per lo più, si finisce a lavorare per
gli uffici stampa? Bè, se siete perfettamente consapevoli di
tutto ciò ma sentite di non poter fare a meno di provarci
allora andate avanti e buona fortuna!».