Telegiornaliste anno XIII N.
8 (518) del 1 marzo 2017
Lara
Lago. Perché ho scritto a Poletti
di
Giuseppe Bosso
Molte polemiche hanno suscitato le dichiarazioni sui giovani italiani
che vanno all’estero del ministro del Lavoro Poletti lo scorso dicembre;
così una giovane giornalista italiana residente ad Amsterdam,
Lara Lago,
ha deciso di rispondere con una lettera aperta, pubblicata sul suo
profilo Facebook. L’abbiamo intervistata per farci raccontare
la sua storia.
Come è nata l’idea della ‘lettera’ a Poletti?
«Era un lunedì sera ed ero seduta sul divano della mia casa di Amsterdam
quando ho visto quella dichiarazione sul sito di Repubblica; in realtà
devo precisare che si è voluto dare più importanza a un paio di
affermazioni contenute in un contesto più ampio, si è cercato di
amplificare l’attenzione sulle frasi più ad effetto del ministro; mi
sono sentita un po’ indignata, sono andata via dall’Italia per lavoro e
non per altri motivi. A novembre ero ancora alla ricerca di lavoro come
giornalista, e il non riuscire a trovarlo mi dava la sensazione che per
farlo in Italia non ci fossero alternative a vie traverse quali
conoscenze, raccomandazioni… mi dava fastidio, essendo da sempre
abituata a contare solo sulle mie forze; ho quindi iniziato a dare
un’occhiata alle possibilità di fare la giornalista all’estero, e mi si
è aperto un mondo diverso, dove il giornalismo rappresenta un lavoro
come un altro senza alcuna ‘aura’ di prestigio come appare nel nostro
Paese, quindi maggiormente accessibile; e
Zommin.tv cercava proprio una giornalista italiana che parlasse
inglese, mi sono proposta e mi hanno scelta. Mi sono imbarcata per
Amsterdam, ma ripeto che è stata unicamente una scelta di tipo
lavorativo; mi sono impressionata dal sentir dire quelle cose proprio
dal ministro che più di tutti dovrebbe avere consapevolezza di queste
situazioni; ho scritto d’istinto le cose che pensavo, ripercorrendo la
mia esperienza».
Gradualmente sembra che di quella sparata si stia perdendo il ricordo
e il ministro resta al suo posto: sarebbero state auspicabili le
dimissioni?
«Potrebbero essere un rimedio solo qualora il sostituto riuscisse a dare
una risposta concreta… altrimenti restiamo punto e a capo».
Alla luce della tua esperienza, consiglieresti a un giovane italiano
di inseguire all’estero i suoi obbiettivi?
«Assolutamente sì, perché ti costringe a fare i conti con te stesso, non
potendo contare su appoggi ma solo sulle tue forze. La mia è stata una
scelta dettata essenzialmente dall’incoscienza, diversa rispetto a
quella che ho vissuto in Albania, per certi aspetti “ovattata”, nel
senso che ho trovato una redazione dove eravamo tanti italiani con una
redazione che si occupava di noi. Impari tanto, a cominciare da una
nuova lingua, quando decidi di metterti in gioco così, capisci il valore
di quelle cose preziose che in Italia abbiamo sotto il naso e non ce ne
rendiamo conto fin quando non le perdiamo».
A proposito di Agon Channel: è stata una grande illusione o qualcosa
che poteva durare?
«Sinceramente non le saprei rispondere, non ho mai capito quali
meccanismi ci fossero dietro; posso però dire che sì, c’erano delle
potenzialità notevoli, studi bellissimi creati dal nulla, dove si
lavorava bene e dove ho lasciato bellissimi ricordi legati anche a quel
territorio e alle persone, cameraman e operatori albanesi che si
legavano subito a noi giornalisti italiani. Direi che è stato un primo
assaggio di quello che sto facendo ora in Olanda».
Com’è la tua giornata tipo quando sei ad Amsterdam e quando sei in
Italia?
«Molto diverse, molto più pratica in Olanda; sveglia per andare al
lavoro al mattino, in bicicletta anche sotto la pioggia, redazione tutta
la giornata; pausa pranzo che non è pausa pranzo in realtà perché ci
portiamo il cibo da casa e continuiamo a parlare di lavoro (li definirei
‘meeting con cibo’ se vogliamo) e di sera spesa, cura della casa,
lavatrice e scrivere nel tempo libero che ho; nel fine settimana mi
dedico a visitare la città, uno dei miei obbiettivi è anche quello di
conoscerla bene la capitale olandese, nei suoi segreti e nei suoi
quartieri; in Italia vengo per lo più per riposare, a casa dei miei
genitori; mi alzo tardi, e il pranzo pronto a tavola mi sembra quasi una
settima meraviglia del mondo – ride, ndr – vedere i miei amici, andare
al cinema, cosa che faccio anche ad Amsterdam ma limitatamente ai film
inglesi, che vengono proiettati in madrelingua con sottotitoli olandese,
che ancora non capisco; e sempre a trovare le mie nonne».
Se dico domani cosa mi rispondi?
«Bella sfida, tanti desideri con pro e contro; mi manca la mia Italia,
ma come vorrei tornarci ho anche paura di questo, dopo aver conosciuto
un mercato lavorativo più dinamico e aperto come quello olandese;
tornerei solo per i miei affetti, ma solo se avessi una proposta per cui
ne valesse la pena. Piuttosto mi piacerebbe sperimentare altre realtà
dopo l’Olanda, ma dopo aver sperimentato questo trasferimento per
incoscienza sentirei di più le paure legate a quello che comporterebbe
un nuovo spostamento in un mondo nuovo che non conosco e che non mi
conosce. Fondamentalmente futuro è una strada che sto percorrendo, passo
dopo passo, così come non ho voluto cavalcare l’effetto che ha suscitato
la mia lettera, come in molti mi hanno suggerito di fare e mi hanno
anche proposto».