
Telegiornaliste anno XIII N. 37 (547) del 
		20 dicembre 2017
		
		
Ilenia Volpe, quando faccio musica voglio sentire 
		una scossa 
		di 
Alessandra Paparelli 
		
		Abbiamo intervistato
		
Ilenia Volpe, 
		cantautrice, atmosfere rock e underground del panorama romano, grinta, 
		passione per una intervista a tutto tondo. 
		
		
Come nasce la tua passione musicale, come inizia il tuo percorso 
		artistico e quali sono gli artisti e le band di riferimento? Quali le 
		artiste donna, in particolare, se ci sono? 
		«È nata presumibilmente nel momento in cui ho messo piede sulla terra. 
		Ho avuto il privilegio di nascere e crescere in una famiglia dove la 
		musica era ed è al centro di tutto. Il ricordo più nitido che ho è 
		quello di mio papà che entra in macchina e, ancor prima di mettere in 
		moto la macchina, accende l'autoradio. Tra le mie passioni più grandi ci 
		sono Nirvana, Nine Inch Nails, Fabrizio De Andrè, Pink Floyd, Tom Waits, 
		CCCP. L'artista donna che mi ha folgorato maggiormente nella mia era 
		adolescenziale è stata Alanis Morissette, i suoi primi due album mi 
		emozionano tutt'ora. Vocalmente amo profondamente Janis Joplin, Patti 
		Smith, Joan Baez e Mia Martini. Con una particolare predilezione per 
		quest'ultima». 
		
		
A quattro anni dall'esordio con Radical Chic un cazzo, 
		prodotto da Giorgio Canali cosa è cambiato. Hai smorzato i toni con 
		Mondo al contrario o hai canalizzato la tua energia in maniera 
		differente? 
		«Premettendo che entrambi i lavori sono e restano bellissimi e profondi.
		
Radical Chic è una raccolta di brani che ho scritto a partire dai 
		16 anni fino al momento in cui sono entrata in studio. Mi piace 
		definirlo un diario. 
Mondo al contrario invece l'ho scritto nel 
		giro di un paio d'anni, in un periodo molto sofferto e sofferente della 
		mia vita. Non riuscivo più ad urlare come nel passato e allora ho 
		seguito il flusso dei miei silenzi, raccontandoli all'interno 
		dell'album. La cosa più importante che mi ha insegnato Giorgio è di 
		suonare, senza pensare a come fare una cosa. Viste le mie inesistenti 
		capacità tecniche, facilita molto il mio compito. E così ho fatto 
		finora». 
		
		
Quali sono, a tuo avviso, le nuove strade personali per esprimere 
		oggi senza mezzi termini i disagi, il vuoto ideologico, la mancanze di 
		idee e progetti, le incertezze e le disillusioni della società attuale? 
		Avverti il vuoto ideologico e di pensiero di questi tempi? 
		«Le ideologie ci sono e fanno "cagare", sono le idee "buone" che 
		mancano. E, come dico sempre, ne basterebbe solo una: l'umanità. La 
		nuova strada è la tua, quella che calpesti, quella che a volte ti 
		ostacola, quella che altre volte ti fa correre. Amo chi "usa" la musica 
		come mezzo e non come fine. Se hai una tenda, la prima cosa a cui 
		penserai sarà il posto più consono dove piantarla, non l'albergo dove 
		alloggiare». 
		
		
Parliamo del tuo album, Mondo al Contrario e in particolare di
		Porcelli D'Italia, ironica e sarcastica invettiva sulla mala 
		politica? Sulla deludente quanto sciatta classe "dirigente" odierna?
		
		«La mia preferita, peraltro! È un riferimento a 
La Fattoria degli 
		animali di Orwell, a mio avviso quadro perfetto e geniale della 
		perversione umana nel momento in cui si appropria del potere. Non c'è 
		rivoluzione se non si sa dire di no e per me oggi gli eroi sono la mia 
		famiglia, i miei amici, chi mi fa sentire bella e io. Quando riesco a 
		dire di no». 
		
		
Di cosa parla Mondo al Contrario, qual è il filo conduttore, 
		il pensiero dominante? 
		«Nel momento in cui l'ho scritto ho vissuto un forte disagio, dovuto 
		alla presenza costante di paura in me. Paura della morte (altrui), della 
		violenza e delle sue conseguenze, paura addirittura della bellezza. 
		Quest'album è un isolamento da tutto ciò, le mani che coprono le 
		orecchie per non sentire. In poche parole, sono io dopo aver detto sì 
		per troppe volte». 
		
		
Che musica ascolti quando non componi? 
		«Ultimamente ne ascolto poca e, quando lo faccio, voglio sentire una 
		scossa. Insomma, Mia Martini». 
		
		
Sei cresciuta nelle atmosfere rock e underground della scena 
		capitolina, vanti una lunga serie di belle e interessantissime 
		collaborazioni. Quanto cosa in termini di sacrificio la scelta della 
		musica indipendente? E domanda collegata, dove andrà a finire la musica 
		indipendente, ha ancora futuro, secondo la tua opinione? 
		«Zero sacrifici, non c'è niente di più bello della libertà d'espressione 
		e io ne ho, visto che il mio pubblico, così teneramente piccolo, si è 
		selezionato da sé. Non mi svegliate da questo sogno. Per quanto riguarda 
		la musica indipendente, ci vuole molto amore. La musica va maltrattata 
		nell'approccio, devi sviscerarla, sviscerarti, sputare sangue, dare 
		spazio alle parole, stare zitto quando non hai niente da dire. Ma poi la 
		devi amare. Questo è il futuro della musica indipendente, se un futuro 
		glielo vogliamo dare». 
		
		
Ultima domanda, sui Talent. Ritieni i talent una possibilità o una 
		trappola? Dove vanno a finire gli artisti, non solo quelli che hanno 
		vinto i talent ma soprattutto i tantissimi che hanno partecipato? È una 
		fabbrica illusoria, a tuo avviso, il talent? 
		«I talent non li apprezzo; non mi piace il mondo dello spettacolo e amo 
		parlare di musica. Anzi, farla».