Telegiornaliste anno XIII N.
3 (513) del 25 gennaio 2017
Fabiola Conson, io e Televomero cresciuti insieme
di
Giuseppe Bosso
Caporedattore e volto di
Televomero,
incontriamo
Fabiola
Conson.
Cosa significa occupare un ruolo di responsabilità come il tuo in una
storica emittente napoletana come Televomero?
«Un onore e un onere, che affronto ogni giorno con il preciso obbiettivo
di fare informazione chiara e trasparente per i nostri telespettatori,
che dati auditel alla mano sono sempre più numerosi, cercando di dare
voce a tutti e anche di parlare delle belle notizie che nella nostra
città non mancano. Ho la fortuna di avere un contratto art.1 F.N.S.I.
dall’inizio degli anni 90, e per questo ho anche declinato le offerte di
curare uffici stampa che mi sono stati proposti nel corso degli anni;
non per presunzione ma perché ritengo che nella nostra professione debba
anche esistere un minimo di solidarietà, tanto più in tempi di crisi
come questi, e in quei casi ho preferito lasciare quelle opportunità ad
altri colleghi».
Napoli secondo te è una città a misura di giornalista, in particolare
donne giornaliste?
«Io credo che Napoli sia una città a misura di tutto e di tutti, perché
sa accogliere e stimolare come poche altre realtà. Se questo è vero è
vero anche che per giornalisti e giornaliste mancano realtà
imprenditoriali nel settore, ma è una problematica sentita in tutta
Italia, dalla Campania alla Lombardia dove un tempo il settore era
forte. Noi giornalisti che operiamo su Napoli davvero ogni giorno non
dobbiamo chiederci
di cosa parliamo oggi nei nostri tg, nelle nostre
rassegne?, e se proprio mancano fatti di cronaca o di politica c’è
sempre un grande ed immenso patrimonio artistico-culturale a
disposizione, che ci offre un vasto repertorio di mostre, eventi,
occasioni di cui parlare».
Come nasce la rubrica Lente di ingrandimento in cui
settimanalmente ospiti il sindaco De Magistris?
«Il progetto nasce parecchi anni fa, come rubrica di approfondimento
dedicato non solo alla città di Napoli ma anche al resto della regione,
spaziando nel corso del tempo davvero tra tantissimi argomenti, dal
Vulcano Vesuvio alla Solfatara o anche a questioni di interesse comune
per il cittadino, e voglio qui ricordare, ad esempio, l’inchiesta
sull’acqua A.B.C. (acqua bene comune) che non mi ha portato le simpatie
delle ditte produttrici di acqua minerale – sorride, ndr – in cui il
cittadino però ha potuto riscontrare come l’acqua del rubinetto sia la
più controllata, sottoposta a settanta controlli che abbiamo
documentato, e quindi tranquillamente idonea al consumo; a un certo
punto è nata l’idea di trasformare la trasmissione in uno spazio con il
sindaco Luigi De Magistris, pensando che sarebbe stato opportuno creare
questa finestra di dialogo tra il cittadino-telespettatore e Palazzo San
Giacomo, in cui i cittadini possono rivolgere al sindaco domande che non
vengono filtrate – ci tengo a precisarlo – che vengono lette in
trasmissione o comunque girate a De Magistris, il quale per quelle
richieste che magari richiedono più ‘tecnicità’ riguardando settori
particolari le gira alla segreteria che comunque provvede a rispondere;
la trasmissione è cresciuta sempre più giorno per giorno riscontrando un
crescente successo anche grazie alla grandissima disponibilità del
sindaco che non si è mai sottratto ad alcuna domanda e non è mai
intervenuto con ‘scalette pronte’, visto che ogni volta non è mai a
conoscenza delle domande che gli saranno rivolte; anche dopo la sua
rielezione è stato più che disponibile a proseguire questa esperienza, e
a fine anno viene sottoposto al ‘fuoco di fila’ delle domande di altri
colleghi che intervengono».
Ma questo filo diretto con il primo cittadino ti ha talvolta creato
‘paletti’, limiti come il non poter magari andare a fondo a determinati
argomenti o problematiche della città?
«No, De Magistris ha sempre tenuto fede all’impegno di rispondere
davvero a qualsiasi domanda senza limitazioni di argomenti, anche
riguardo a quelli che erano le incomprensioni con l’ex presidente del
Consiglio Renzi o i contrasti con il governatore De Luca nella stessa
maniera e nella stessa misura. Ho scelto di lavorare in una testata in
cui potevo essere davvero libera, senza censure, non avrei mai potuto
accettare paletti e lo posso dire a maggior ragione adesso dopo quasi
trent’anni che svolgo questo lavoro».
Ripensando ai tuoi inizi e a quello che è stato il tuo percorso sei
soddisfatta di essere rimasta a Napoli o potendo cambieresti città?
«Prima di diventare giornalista ho esercitato la professione di
avvocato; mi sono laureata in giurisprudenza con una tesi in procedura
chiesta al professor Giovanni Verde, uno dei ‘luminari’ della materia;
ho frequentato anche il suo studio, ma avevo un sogno nel cassetto, il
tribunale non era fatto per me; a quel punto mi son detta questo non è
un lavoro che mi piace... non era il lavoro che volevo fare nella vita,
sebbene a casa non volessero che mettessi da parte gli studi secondo la
logica
impara l’arte e mettila da parte; vinsi il concorso a
cattedre per diritto dell’economia, ma a quel punto, malgrado la
soddisfazione, dissi a mia madre '
l’arte l’ho imparata, la metto da
parte, ma devo provare a fare quello che voglio’, dimostrando che il
giornalismo non era un hobby come pensavano, ma il percorso che avevo
deciso di seguire, avendo poco dopo la fortuna di trovare questa oasi di
libertà a Televomero; le possibilità di andar via da Napoli ci sono
state, ma mi sono sposata presto, avendo anche altre priorità oltre il
lavoro, e sarebbe stato difficile per mio marito, ginecologo, seguirmi
in un trasferimento. È una scelta che rifarei ancora, e che mi ha
comunque premiata alla lunga; con Televomero siamo cresciuti insieme,
partendo da un contesto dove non avevamo ancora un tg credibile
acquisendo nel corso degli anni seguito e credibilità, una grande
soddisfazione che ripaga».
Hai dovuto mai accettare compromessi?
«Mai! Si dice che per una donna fare alcuni lavori sia difficile perché
esponga a questo rischio, ma per quanto mi riguarda credo che bisogna
saper mettere certi paletti in modo da far capire fin da subito che non
ti si possono chiedere ‘piaceri’ o cose che non vuoi dare; credo di
averlo sempre dimostrato fin da quando, giovane inviata in esterna, ero
continuamente in giro. Sia con i politici che con chiunque altro riesco
a essere ‘impenetrabile’, e se proprio capitano situazioni tipo
interviste che non sento di voler fare posso dire tranquillamente di no
senza problemi».
Cosa vedi nel domani?
«Tante cose ancora da poter scoprire e raccontare ai nostri
telespettatori, e potermi ancora emozionare anche davanti al sorriso di
un bambino, un tramonto, quelle piccole cose che ad apprezzarle riesci a
trovare la forza di andare avanti anche nei momenti più difficili con
energia; quanto al giornalismo mi piacerebbe che si tornasse davvero a
badare di più alla sostanza che ai numeri di copie vendute o ai dati
ascolti dell’auditel, che possono ‘massacrare’ programmi di qualità e
premiare chi mette in evidenza il dolore, la disperazione l’intimo… mi
ricordo, ai miei inizi, lo spiacevole caso dell’incendio di un albergo a
Caserta dove tra le vittime c’era anche una giovane coppia di sposi in
viaggio di nozze; scelsi consapevolmente di non raccontare il dolore dei
genitori di quei ragazzi, presenti sul posto, preferendo concentrarmi
sul raccontare l’incendio e le cause che l’avevano provocato».
Ti senti a prova di bavaglio?
«C’è bavaglio se decidi di fartelo mettere; se hai le spalle larghe non
esiste, non averlo è il primo cardine della democrazia».