Telegiornaliste anno XII N.
27 (500) del 28 settembre 2016
Intervista all’autrice Silvana Sanna, ci parlerà
del suo ultimo romanzo Nella valle dell’Eden
di
Tiziana Cazziero
Ciao Silvana e grazie per aver accettato il mio invito. Cominciamo
con l’ultimo lavoro, Nella valle dell’Eden edito da
Le
Mezzelane: di cosa parla questa storia?
«Grazie a te, Tiziana! Con
Nella valle dell’Eden ho voluto dare
un seguito alla storia di Anna e Biagio narrata nel racconto
Maschio
e femmina li creò, che terminava poco prima che i due protagonisti
rientrassero dalla montagna, il luogo magico, la valle dell’Eden
appunto, che aveva visto la nascita del loro amore; la prima parte del
romanzo riprende dunque il racconto, anche se ridimensionato con il
taglio di molte scene e modificato con l’introduzione di altre per
adattarlo a ciò che avverrà in seguito, e prosegue con la descrizione
dell’impatto, tragico se vogliamo, con la realtà che attende i due
ragazzi al loro rientro a casa; siamo nei primi anni ‘60, quando l’amore
e la sessualità erano visti con un ottica ben diversa da quella dei
nostri giorni e i rapporti tra maschi e femmine erano regolati da norme
rigide e ben codificate, rivolte soprattutto alle ragazze. È infatti
Anna quella che subisce le conseguenze maggiori di aver avuto il
coraggio di ribellarsi alla bigotta moralità corrente: io li rammento
bene quegli anni, erano quelli della mia giovinezza, quando la vita
delle giovani donne era governata dai genitori e la libertà personale
era a volte solo un miraggio, una situazione pesante, specie se
esasperata come in molti casi; e tuttavia rimpiango il concetto che si
aveva allora dell’amore e della sessualità, la convinzione
dell’esclusività del rapporto, dell’importanza del sesso come ‘valore’ e
dono reciproco, concetti che oggi paiono troppo spesso superati».
Quando hai cominciato la tua attività con la scrittura?
«Prima di essere una “scrittrice” - e lo metto tra virgolette perché non
oso definirmi tale, sono solo una che si diverte a raccontare delle
storie senza prendersi troppo sul serio - sono da sempre una lettrice
appassionata: l’amore per le parole scritte mi ha conquistata subito,
quando a sei anni ho imparato a leggere, e da allora non ho più smesso,
sono una divoratrice di libri con gusti molto eclettici; la scrittura è
arrivata presto come conseguenza, ma per molti anni tutto ciò che
scrivevo rimaneva relegato nel famoso cassetto, al limite partecipavo a
qualche concorso letterario, risultando sempre tra i vincitori, un
divertimento che ho tralasciato da un bel pezzo. La svolta è arrivata
diciassette anni fa quando ho iniziato a collaborare con racconti e
romanzi con due noti settimanali femminili».
Sei autrice di diversi racconti, alcuni di questi hanno interesse
anche personale, come il romanzo Un nome inventato, con
fotografie di famiglia se non sbaglio: come mai questa scelta? Vuoi
parlarcene?
«Non so se
Un nome inventato sia il mio lavoro più bello, come
alcuni mi hanno detto, ma certo è quello che io amo di più: è la storia
autentica, anche se un po’ romanzata, della mia famiglia di origine, una
piccola saga familiare strettamente legata alla terra e ai suoi riti.
Difatti le mie radici affondano proprio nella terra e tutto ciò che
riguarda la civiltà contadina mi ha sempre affascinata; così come da
bambina mi affascinava la storia, per certi versi molto particolare, dei
miei bisnonni e dei miei nonni, costellata di episodi a volte buffi e
teneri, altri tragici, che io ascoltavo raccontati dalle zie quando
d’estate andavo a trascorrere le vacanze alla cascina; episodi narrati a
spizzichi e a bocconi, che a volte mi confondevano invogliandomi a
saperne di più. Con questo romanzo mi sono presa il divertimento di
raccontare la storia dall’inizio e tutta di fila; la spinta mi è venuta
dal rinvenimento del libretto militare di mio nonno, che aveva
partecipato alla prima guerra mondiale, dove ho trovato conferma di
alcuni particolari solo sentiti dire; e siccome i personaggi sono reali
ho voluto inserire le foto di famiglia che li ritraggono; solo
nell’ultima parte ho rimescolato un po’ le carte e, lo confesso, ho pure
inventato attingendo alla mia fantasia. Io abito ancora in quel paesetto
sulla collina, una scelta fatta qualche anno fa, un ritorno dettato
dall’amore che sento per questa campagna e questi luoghi».
Da cosa trai ispirazione per le tue storie? C’è un evento
particolare, un sogno o cosa, che fa scattare l’attimo che decreta
l’inizio di un nuova avventura letteraria?
«Ho avuto una vita abbastanza movimentata: ho vissuto in diversi posti,
anche se ora abito in Piemonte ho trascorso, ad esempio, la fanciullezza
in Toscana, figlia di madre piemontese e di padre sardo, militare per di
più, due mentalità diverse che non sempre si trovavano d’accordo; sono
anzianotta e ho buona memoria, a volte per tessere una storia mi basta
attingere a ciò che ho vissuto, come accade ad esempio in
Nella valle
dell’Eden o
La mia casa sulla collina; altre volte
l’ispirazione mi viene da un fatto di cronaca o da quello che mi
raccontano amici e conoscenti, e poi ho tre figli e capita che lo spunto
mi arrivi da loro o dai loro amici; quando mia figlia abitava ancora con
noi e venivano le compagne a trovarla (ho messo a tavola nella mia vita
valanghe di gente…) diceva loro ridendo “
non raccontate a mia madre i
fatti vostri che poi vi ritrovate in una novella o in un romanzo!”.
E loro, ovviamente, me li riferivano di proposito… è difficile che io
inventi di sana pianta, mi piace raccontare la quotidianità, quella
delle persone reali, delle donne soprattutto: persone normali costrette
magari ad affrontare situazioni straordinarie, ma nelle quali ciascuna
lettrice possa identificarsi. Attingo alla mia fantasia solo quando
scrivo racconti per ragazzi che contengono un mistero, ma anche qui
parto sempre da situazioni realistiche».
Autrice self e coneditore: come definiresti questi due metodi di
pubblicazione, pro e contro? Ti va di raccontarci il tuo punto di vista?
«Mi trovo bene sia come self che con l’editore: l’autopubblicazione mi
lascia molta libertà, anche perché faccio tutto da sola (a parte un
aiuto necessario per il controllo del testo) compresa la copertina;
avere un editore mi regala qualcosa in più, una certa sicurezza visto
che si occupano di tutto, e anche, data la mentalità corrente, un certa
importanza… eh, inutile negarlo: chi ha alle spalle un editore viene
considerato di più e risulta forse più credibile; personalmente non ho
mai mandato un mio lavoro a una casa editrice nella speranza di essere
pubblicata; se ho un romanzo in cartaceo e un secondo che uscirà a metà
ottobre, lo devo più a una fortuita combinazione che alla ricerca
personale, non sono ambiziosa e in fondo la scrittura per me è
soprattutto un divertimento. Con il self vado benissimo, ho colto
parecchie soddisfazioni, il prezzo basso degli ebook se fa intascare
cifre irrisorie, dà all’autore la possibilità di arrivare a tanti
lettori ed è questo che mi interessa, che qualcuno mi legga. Perché è
inutile dire che scriviamo per noi stesse, è vero anche questo, ma la
soddisfazione viene dai lettori e dai loro commenti. Quando in una
recensione il lettore scrive che è rimasto coinvolto nella storia, che
si è commosso, che ha riso, che si è divertito, io sono contenta come
una Pasqua! Il problema è che purtroppo ormai nel calderone del self ci
finisce di tutto, lavori che a volte fanno rizzare i capelli in testa
per la banalità delle storie e soprattutto per una forma sciatta e
infarcita di errori. Ed è un peccato, perché questo finisce per sminuire
anche autori e autrici di valore. E ce ne sono molti, davvero, che
meriterebbero un successo maggiore».
Grazie della chiacchierata. Dove possono contattarti i lettori?
«Sono negata per qualunque iniziativa di tipo tecnologico, ho una
famiglia pesante e ben poco tempo a disposizione; mi limito ad avere una
pagina Facebook a mio nome, dove ogni tanto promuovo i mie
lavori e rispondo sia privatamente che sulla pagina agli amici che mi
contattano. Grazie a te Tiziana e un abbraccio a tutti!».