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Intervista a Marina Perzy   Tutte le interviste tutte le interviste
Marina PerzyTelegiornaliste anno XII N. 17 (490) del 18 maggio 2016

Marina Perzy: ai giovani dico di non bruciare le tappe
di Antonia Del Sambro

Incontriamo Marina Perzy, per un viaggio tra i suoi ricordi e una prospettiva per il futuro.

Marina, lei è passata con agilità e bravura dalla televisione al teatro, alla scrittura e al grande schermo: il segreto per fare tutto così bene e il consiglio alle nuove generazioni che invece tendono a bruciare troppo in fretta le tappe.
«Intanto io ho sempre un ‘motto’ che dico sempre ai giovani che vogliono fare questo mestiere che è ‘pronti a tutto! Sperimentare il più possibile è stata tutta la mia vita e a volte penso che avrei potuto fare meglio e anche di più, ma io ho fatto questo mestiere, perché sì a volte faticoso, ma rende la vita un gioco meraviglioso; ogni volta cambi sia per un personaggio da preparare sia per fare il ruolo da conduttore, autore, scrittore, o per preparare un’intervista… hai la possibilità di verificare i tuoi talenti e tutti nasciamo con almeno un talento, sta a noi scoprire quale ci vien meglio. Tre sono le cose che smuovono: la curiosità di sfidarsi e conoscersi, l’audacia dell’osare anche quando non si sa cosa si trova e come finirà l’occasione che si manifesta e la voglia, la determinazione e l’amore per un mestiere che forse ora ha perso da una parte una sua essenza pura del fare arte per essere sostituita dall’apparire; ora si richiede ancora più capacità, studio e talento visto il numero sempre più in crescita dei giovani che vogliono diventare famosi… no, non si devono bruciare le tappe, quelli che durano nel tempo è perché lo hanno compreso».

Lei ha fatto molta esperienza e incontrato molte persone: quale è il suo ricordo più importante lavorativamente parlando?
«Ne ho più di uno, e sicuro anche questo conta come si dice essere al posto giusto nel momento giusto, o avere qualcuno che intravede in te un potenziale e ti segue e ti porta avanti dandoti l’opportunità di crescere quindi lavorare. Il grande cinema di una volta lo insegna, le sceneggiature venivano scritte e pensate per il protagonista che le avrebbe poi recitate e così nacquero le grandi attrici come Monica Vitti o la Cardinale, Franca Valeri e così per altri grandi. A 18 anni, ai quei tempi facevo la modella, e avevo già un bimbo, mi trovavo in Rai perché ero entrata a far parte delle centraliniste di Portobello con il grande Enzo Tortora (un onore averlo conosciuto, sempre destino di una lista infinita di ragazze candidate) era un pomeriggio di prove ed ero andata a salutare una amica che era in camerino da un altra parte, e siccome la poverina aveva dispiaceri e pene d’amore per farla ridere mi misi a fare il pagliaccio: facevo le imitazioni della amata Sandra Mondaini (Clarabella) e di Jerry Lewis. Il caso volle che passò nel corridoio uno dei più famosi autori Rai di quei tempi, Poppy Perani, una vera firma di noti programmi - ma io non sapevo assolutamente chi fosse! – che mi chiese chi ero e se volevo partecipare a un provino di selezione Rai che stavano per fare con Pippo Baudo a Milano da lì a poco e che cercavano attori comici per il sabato sera; mi trovai catapultata dal gioco al reale mestiere dello spettacolo, mi prepararono con monologhi e anche con una canzone dato che strimpellavo la chitarra; non lo scordo mai quel giorno con il pubblico e Pippo Baudo che ci presentava e con me c’erano tutti quelli che poi diventarono dei grandi professionisti come Beppe Grillo, Tullio Solenghi, Fioretta Mari, Giuliana De Sio e molti altri; tutti come nel film Fame (che uscì molti anni dopo) stavamo passando il nostro esame artistico. Da Roma ci vedevano via cavo e i dirigenti tra cui il grande Giovanni Salvi, direttore di Rai 1, decisero le sorti e le carriere di tutti noi. Il resto è cronaca: da quel provino seguì l’incontro con Corrado Mantoni, con cui ho fatto tre programmi importanti da Domenica In a Fantastico 3 a Gran Canal (ce ne fossero stati molti come Corrado!) che oltre ad essere una persona meravigliosa, corretta e per niente egocentrica, insegnava a chi gli stava accanto con simpatia e gentilezza e chi lavorava con lui si sentiva protetto. Molti altri gli incontri e i personaggi che ho avuto la fortuna di incontrare e lavorarci o solo a volte avere amicizia, tutto ha contribuito ad arricchire la mia esperienza ma bisogna avere sete d’apprendere».

A suo parere esiste ancora nella televisione italiana un ambito, un settore, in cui le donne sono rimaste un po' ai margini? Magari lo sport, le telecronache o semplicemente parlare di economia o finanza?
«Devo dire che sono stati fatti grandi passi da gigante in questo senso; ora le donne comunque sono accettate e ricoprono ruoli anche maschili, anche se i maschilisti esistono sempre, soprattutto l’alleanza maschile, mentre quella femminile è rara e quando la si vede si esulta! Ai miei inizi, a metà degli anni '70, ad esempio la donna se poi bella era destinata a ruoli come la valletta che affiancava l’uomo o la bonona sexy dei film: in poche riuscivano a farsi valere per bravura e intelligenza o perlomeno era dura avere l’occasione, il ruolo. Diciamo che le donne di Avanzi su Rai 3 sdoganarono le donne comiche e con la propria identità artistica; o fare le inviate anni fa rappresentava una grande conquista, il poter andare in luoghi di guerra o pericolosi; nel 92’ facevo Uno Mattina come inviata all'estero e in Italia, e siccome dovevo andare in Somalia per prima con la prima formazione di Caschi Blu dell’esercito su un aereo militare per realizzare un servizio su di loro, non avete idea dei bastoni fra le ruote che mi misero colleghi/e che erano del Tg1, mentre io invece solo testata Rai, per non farmi andare! Poi la mattina della partenza ebbi la febbre a 39, la presi come un segno e non andai. Nella tv ancora oggi, nello sport ad esempio, è difficilissimo affermare la propria personalità, un mondo di uomini che pensano di essere tenutari di un sapere liturgico e una donna che parla di calcio li disturba ed io che ho presentato la Domenica Sportiva ve lo posso garantire. Il cinema e il teatro invece si sono evoluti e alle donne finalmente lo spazio e il ruolo che le compete. Una riflessione banale: il mondo senza le donne… non potrebbe esistere e questa è l’era del femminile chiamata anche l’era della Maddalena».

Ce l'ha ancora un sogno nel cassetto o un progetto che vorrebbe tanto realizzare?
«Io ho sempre sogni e più di uno, ho una fedina che porto la trovai casualmente con la scritta ‘Non mi scorderò mai di sognare’: se smettiamo di avere un sogno crolla tutto, la nostra gioia, la vitalità, l’amore e anche la salute. Ora vorrei tornare in teatro e molti anni che non lo faccio e mi manca, e poi fa bene all’anima! Ho un testo e un libro per le mani ed è proprio al femminile, ma è per gli uomini; io voglio far riflettere se posso ma anche divertire: tante donne della storia che hanno da dire la loro ai loro uomini, e spero di poterlo realizzare al più presto; poi scrivere un altro libro, tornare a fare radio che amo infinitamente se non aprire la mia web radio e tornare a fare contenuti; attivare il mio blog www.hoincontratounangelo.it e continuare all'accademia dove insegno ai giovani come muoversi in questo mondo meraviglioso ma sempre più bruciante… insomma ne ho da fare!».

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