Telegiornaliste anno XII N. 37 (510) del
21 dicembre 2016
Marilena
Natale, mi piace dar fastidio
di
Giuseppe Bosso
Non è facile fare informazione e raccontare un territorio come la
Campania soprattutto là dove la presenza e la minaccia della camorra si
sentono. Ci vuole coraggio, volontà e impegno, soprattutto nel non
piegarsi davanti ai tanti mali che affliggono questa meravigliosa terra:
e
Marilena Natale lo sa bene.
Come ti sei avvicinata al mondo del giornalismo?
«A dire il vero il giornalismo non era quello che volevo fare nella
vita; diciamo che è un percorso sul quale mi sono ritrovata perché
volevo raccontare la mia terra; ho cominciato a 19 anni con il mio primo
articolo per una testata locale, poi sono passata a La Gazzetta di
Caserta, una testata che adesso non c’è più ma che all’epoca era la
prima nella provincia per quanto riguarda la cronaca. Vivo ad Aversa,
città che dista pochi chilometri da Casal di Principe, un territorio
dove si è consumato per oltre trent’anni il suicidio dello Stato che ha
permesso alla camorra (che con la politica è un tutt’uno) di
ingigantirsi e diventare quello che è oggi proprio per l’assenza delle
istituzioni che avrebbero dovuto contrastarla. Se non ci fosse stata la
strage degli immigrati nessuno avrebbe nemmeno ricordato l’esistenza
della provincia di Caserta».
È degli ultimi giorni la notizia della tua assoluzione dalla denuncia
per diffamazione che ti aveva sporto la moglie del famigerato
‘Sandokan’, Francesco Schiavone: le tue sensazioni?
«Non ho mai dubitato che sarebbe stato questo l’esito, ho piena fiducia
nella giustizia; ma la vera soddisfazione per me è il fatto che
Giuseppina Nappa, la moglie di Schiavone, quando capita di incrociarci a
Casal di Principe cambia marciapiede; suo marito è stato arrestato quasi
vent’anni fa, quando i loro figli erano ancora piccoli, e oggi se tre di
loro sono in carcere e gli altri sono comunque alle prese con la
giustizia è per il fatto che è lei la fonte del male, certamente non io;
quando il marito fu arrestato e sottoposto al 41 bis era insegnante,
nessuno le aveva imposto di mettersi a fare la matriarca del crimine,
avrebbe dovuto togliere i suoi figli da quel mondo invece di fare da
collante. Per me un figlio che cresce vivendo dei soldi che suo padre ha
sottratto alla povera gente diventa più colpevole del genitore e la
madre che lo permette ancor di più! Io mi sono limitata a raccontare i
fatti, che la signora aveva avuto l’interdittiva dai pubblici uffici, e
che nonostante questo aveva potuto fare viaggi a Londra, senza un
lavoro».
Non è certo una novità per te doverti scontrare con questi
personaggi: hai mai pensato di andar via?
«Nemmeno per un secondo. Potrebbero ammazzare il mio corpo, ma quello
che dico, che scrivo, che racconto, resta. Pensa a don Peppino Diana, a
tanti che non si sono voluti piegare di fronte alla camorra, hanno
pagato con il loro sangue, ma da questo sangue sono nati altri che
questo coraggio, questa volontà di non piegarsi alla violenza e al male
hanno recepito. Prendessero bene la mira se vogliono colpirmi…».
Ti senti una giornalista scomoda?
«Era duro essere scomodi… come ti dicevo, non volevo fare la
giornalista, lo sono diventata per esigenza di dare voce alla mia terra.
Non mi ritengo un’eroina, piuttosto una persona fa il suo dovere, e se
tutti lo fanno (forze di polizia, magistrati, istituzioni) c’è speranza
che le cose inizino ad andare meglio. Diciamo che più che essere scomoda
a me piacere dar fastidio, far arrabbiare chi si sente onnipotente come
la signora citata sopra».
Pensi di essere un esempio per i giovani giornalisti?
«Ti posso rispondere sinceramente? Penso che a fare questo lavoro sia da
malati mentali, con tutti i problemi legati alla difficoltà di trovare
una redazione che ti assume e al dover sottostare a certi ‘paletti’… non
consiglierei questo tipo di vita a un mio figlio… per quanto mi
riguarda, la mia fortuna è stata quella di collaborare con testate
‘piccole’, nel senso di testate davvero libere da ogni tipo di
condizionamento politico, economico e di ogni tipo; nessuno mi ha mai
potuto dire “questa cosa non la devi scrivere, di questo argomento non
ne devi parlare”…».
Cos’ha rappresentato per te l’incontro con Aurora?
«Un incontro nel quale ci siamo trovate e abbiamo deciso di non
separarci più: lei mi ha scelto come mamma, io ho scelto, dopo aver
avuto due figli miei, di essere mamma anche per lei, è un legame forse
ancora più forte di quello che sarebbe stato da legame di sangue».
Se dico futuro, domani, cosa ti viene in mente?
«La mia terra, in modo diverso da come è oggi, fatta di giovani che non
vanno più via e usano le loro potenzialità al servizio del loro
territorio. La militarizzazione va bene, ma adesso è anche tempo di
riscoprire l’orgoglio di essere campani e di batterci per restare qui».