Telegiornaliste anno XII N.
7 (480) del 22 febbraio 2016
Angela Rafanelli, sono sempre una Iena a cui
piace ridere con serietà
di
Giuseppe Bosso
Livornese, per tre anni allieva di Luca Ronconi al Piccolo Teatro di
Milano, poi, nel 2008, la conduzione di
RED - Tutte le declinazioni
del sesso su Current; da allora Angela Rafanelli si è alternata tra
Mediaset (nella squadra di inviati di
Le Iene), Mtv (
Loveline,
condotto nel 2010) e La 7, dove ha presentato
Le vite degli altri
nel 2011; fino all'approdo, due anni fa, a Raidue nella squadra degli
inviati di
Quelli che il calcio, contenitore calcistico-umoristico
domenicale condotto da Nicola Savino.
Com’è arrivata a Quelli che il calcio e come sta vivendo
questa esperienza?
«Sono stata chiamata dal capo progetto dello scorso anno, Furio
Andreotti e da Nicola Savino. Devo molto a loro: entrare a far parte di
un programma storico della Rai è un privilegio; lo è stato essere
chiamata e ancor di più essere richiamata per questa stagione; ho detto
sì come si dice sì quando ti chiedono se vuoi tornare a casa».
Sia pure in versione ironica, in questo contesto rivive l’esperienza
vissuta da Iena?
«Iena si nasce , non si diventa e non si smette di esserlo».
Si sente più giornalista o donna di spettacolo?
«Né l'una, né l'altra; non ho studiato da giornalista e sono brutta -
l'intervistatore non concorda, ndr - per essere una donna di
spettacolo. Sono semplicemente una donna curiosa che grazie alla
televisione soddisfa tutti i suoi punti interrogativi».
Da conduttrice di Loveline a inviata, sia pure di un programma
di punta: non è per lei un passo indietro?
«Non ci sono passi indietro nel proprio lavoro quando si fanno scelte
oneste e di valore».
Su La 7 ha presentato Le vite degli altri, dove si è alternata
tra prostitute, volontari, militari, circensi… cosa ha rappresentato per
lei quell’esperienza?
«Devo tantissimo a quel programma. Mi ha insegnato e dato tanto. Per me
è stato un acceleratore di vita».
Cosa vede nel domani?
«Tante risate serie».
Cosa farà da grande?
«Ho 37 anni, una bimba splendida di due anni e mezzo e ho accompagnato
mio marito nella malattia che è morto dopo 9 mesi di chemio: direi che
ho vissuto e sto vivendo quello che fanno i grandi».
Come si definirebbe?
«Una donna felice».