Telegiornaliste anno XI N. 33 (464) del 19 ottobre 2015
Valentina
Martelli. Che peccato sia finito il GT!
di
Giuseppe Bosso
Professionista dal 1994, un'importante e significativa esperienza
dedicata ai più giovani in passato, di cui ci parla,
Valentina Martelli oggi si divide
tra Milano e Los Angeles, per il
Tg3.
Quanto è stata importante per lei l’esperienza al GT,
telegiornale per ragazzi di qualche anno fa?
«Il
GT Ragazzi è stata una delle esperienze più gratificanti nel
mio percorso giornalistico. Prima di arrivare al
GT, nel 2000,
avevo lavorato sia in una televisione privata, Antenna Tre, che al
Regionale del Veneto. Avevo alternato periodi Rai con periodi Mediaset,
a Retequattro per una rubrica di medicina: lì, mio caporedattore era
Giorgio Medail, grande maestro del racconto con le immagini, con gli
effetti. Lo dico perché il ruolo delle immagini e del linguaggio è poi
stato fondamentale al
GT: sapere di rapportarsi con un pubblico
che sta crescendo e quindi formandosi un’opinione sui fatti della vita,
responsabilizza molto. Raccontare loro la politica, le guerre, ma anche
i fatti di cronaca e persino più leggeri è un costante e quotidiano
esame di autocoscienza, una prova deontologica che non puoi sbagliare.
Un’immagine troppo forte o un linguaggio troppo “giornalistico” non è il
mezzo per comunicare con loro; anzi in realtà non dovrebbe essere il
modo per informare nessuno».
È vero che i ragazzi sono il pubblico più difficile da accontentare e
il più schietto nelle valutazioni?
«Sono molto più onesti: i filtri che ci costruiamo con gli anni, da
giovani non ci sono e per questo le critiche possono sembrare più
“crudeli”. Ricordo alcuni commenti mentre eravamo in onda… per me avere
i ragazzi in studio, in diretta, era sempre un’incognita; al positivo,
una sorpresa dovrei dire. Mi dispiace moltissimo che il
GT non
esista più, i primi anni, poi, avevamo due collegamenti la settimana con
le scuole. Ho conosciuto realtà incredibili, ragazzi meravigliosi,
insegnati ingegnosi... davvero un peccato sia finito».
La sua giornata tipo?
«Dato che mi divido tra Italia e Stati Uniti, le mie giornate cambiano
molto. Quando sono in Italia, per le conduzioni del Tg3 delle 12, lavoro
a Milano; la giornata inizia alle 6; ascolto gli aggiornamenti di
Rainews; poi salgo sul tram e, mentre vado a Sempione, leggo i giornali.
Di solito arrivo presto, alle 7.30. Mi piace la redazione quando c’è
poca gente; poi si entra nella parte frenetica della giornata: andando
in onda alle 12 il tempo è poco, le notizie molte... a tg finito, poi si
fa il punto, eventuali servizi. Nel tardo pomeriggio un po’ di
allenamento, sono una convinta sostenitrice (anche se profondamente
pigra) del "mens sana in corpore sano”: cena e letto. La giornata inizia
prima invece quando sono a Los Angeles, dove per la Rai ho un ruolo di
collaboratore contrattualizzato: lì la sveglia suona alle 5, ossia le 14
in Italia. Il che mi dà tempo per coordinarmi con le redazioni; poi si
entra in modalità States, nel senso che nel frattempo sono arrivati al
lavoro gli americani ed allora i inizio a cercare storie da raccontare
o, in alternativa esco a girare o vado a montare. Anche in questo caso,
però nel pomeriggio (ossia quando in Italia sono tutti a dormire e a Los
Angeles tutti nel traffico del rientro) vado a fare un po’ di sport. Il
fine giornata è sempre uguale: cena e letto».
In rete circola un ‘infortunio’ in cui è incappata a Ballarò
due anni fa: rivedendo oggi cosa pensa?
«Penso a quando una consonante sbagliata può determinare “l’importanza”
di una persona; ci sono più video dell’incidente... elettorale che di
qualsiasi altra cosa abbia fatto in, caspita! 20 anni di tv; da una
parte, diverte, dall'altra è un po’ triste perché vuol dire che forse
per il resto sono passata inosservata».
Si sente cambiata in qualcosa rispetto ai suoi esordi?
«Per certe cose assolutamente no. Nel senso che ho ancora una così alta
opinione del mestiere di giornalista che ogni singolo servizio o
conduzione, per me rappresenta un esame di coscienza. Dall’altra parte
dello schermo c’è chi ascolta, guarda e crede a ciò che raccontiamo.
Anche se poi magari si ricorda solo le... el(R)ezioni! Ma penso che, di
nuovo, l’esperienza del
GT sia stata molto formativa al riguardo.
Se anche un solo ragazzo che ha visto il
GT o un adulto che mi ha
ascoltato mentre raccontavo di qualche avvenimento, ha capito una cosa
in più e si è fatto una sua opinione, allora ho fatto il mio mestiere».
L’esperienza più curiosa che le è capitata di affrontare.
«Credo di essere davvero fortunata perché lavorando a contatto con
persone di tutto il mondo, che hanno storie da raccontare, e che noi
raccontiamo, è fonte continua di esperienze curiose o che lasciano il
segno. Però una delle più recenti riguarda il progetto di un corto di
animazione: quando sono arrivata a Los Angeles, ho infatti intervistato
Cinzia Angelini, animatrice italiana che ha lavorato nei più importanti
Studios. Mi ha raccontato della sua idea: un corto che racconta la
storia vera di una bambina che durante la seconda guerra mondiale, perde
la mamma, vittima dei bombardamenti nella città di Trento; una storia
molto bella, accaduta veramente. La bambina si chiama
Mila; il
corto non ha finanziamenti perché ci lavorano, gratuitamente, in remoto,
ormai 250 persone da una trentina di paesi di tutto il mondo. Il
messaggio infatti è talmente importante che in tanti abbiamo deciso di
portarlo avanti dando un aiuto in tempo. I bambini infatti sono sempre
vittime, in tutte le parti del mondo: perché muoiono, perché combattono,
perché soffrono, perché migrano. Lo abbiamo sotto gli occhi in maniera
atroce anche in questi giorni».
II nostri lettori,
fin dalla nascita del forum, la seguono e la apprezzano: cosa crede
abbia colpito loro?
«Per prima cosa vi ringrazio perché’ vi ricordate di me anche quando
“sparisco” per qualche periodo. E “ritrovarsi" nel forum fa sempre molto
piacere. Sul cosa apprezzate... beh, io sono estremamente autocritica,
quindi magari la domanda la dovrei girare a voi. Però mi piacerebbe
pensare di essere una di quelle persone che, in questo mestiere,
riescono ad entrare nelle case con discrezione e diventare un po’ alla
volta, una persona di famiglia».
Cosa farà Valentina Martelli da grande?
«L’imprenditrice? Il produttore esecutivo? Voi che ne pensate?».