Telegiornaliste anno XI N. 16 (447) del
4 maggio 2015
Tania
Della Bella. Io non ho paura del buio,
guardare il mondo
attraverso gli occhi degli animali
di
Daniela D'Angelo
Io non ho paura del buio, edito dalla casa editrice
C'era una volta (prefazione a cura di Marco
Anelli di CGTV Channel) per già tre edizioni, l'ultima delle
quali pubblicata nel dicembre 2014, è il romanzo rivelazione di
Tania Della Bella, avvocato con una forte passione per la
scrittura, con la quale riesce a catturare le sfumature della
vita e il cuore dei lettori, e animata da un ammirevole spirito
di solidarietà che l’ha spinta a decidere di devolvere i
proventi dalla vendita del libro in beneficenza. Il romanzo
narra le vicende di Buck, un cane randagio solitario che ha
perso la fiducia negli esseri umani; di
Senza Nome, un
cucciolo di cane che invece ritrova la fiducia e l’affetto
attraverso gli occhi sinceri di un bambino; di Maia, una gatta
spaventata dopo aver subito il trauma dell’abbandono.
Io non ho paura del buio è un romanzo che pone un
confronto e una riflessione tra mondi diversi: quello degli
animali e quello degli esseri umani. Ma nella loro diversità
possiamo riscoprire anche delle affinità? E come possono
conciliarsi tra loro?
«Assolutamente sì, e lo dico con fermezza. Sarebbe sufficiente
guardare all'animale come un essere vivente che, come tale, va
rispettato e amato: è possibile vivere in armonia gli uni con
gli altri, ma bisogna desiderarlo davvero e lavorare per
ottenerlo. Ogni cosa a questo mondo è frutto di una scelta;
possiamo scegliere di seminare l'amore piuttosto che l'odio. E
possiamo scegliere di seminare il rispetto per gli altri
piuttosto che l'egoismo sfrenato; viviamo in una società
fortemente individualista ma non per questo dobbiamo essere
automi e farci trascinare dal vortice del super Io. Spesso la
critica che viene mossa ai cosiddetti animalisti è quella di
anteporre l'animale all'uomo; e la classica risposta è quella
secondo cui l'animale, poiché privo della cattiveria umana,
merita di primeggiare. Ma in questo modo non si esce
dall'ottica della contrapposizione e dell'uno contro l'altro:
credo che il discorso sul rispetto per un animale altro non sia
che il punto di partenza per giungere al rispetto verso l'altro
essere umano: se avallassi la logica di chi prova
apparentemente amore verso gli animali ma poi è indifferente
nei confronti di un altro uomo, farei lo stesso identico errore
di chi, dall'altro lato, disprezza e fa del male agli animali.
Esseri umani e animali non debbono trovarsi su due piani
contrapposti; il rispetto reciproco passa per il rispetto verso
tutti gli essere viventi. Solo camminando affiancati si va
avanti; ma ciascuno con le sue peculiari caratteristiche: amare
un animale presuppone la conoscenza di esso e il rispetto di
ciò che è. E solo amando un essere indifeso si può arrivare ad
amare davvero il nostro simile: l'uno non può esistere senza
l'altro».
Il romanzo nasce in parte da un'esperienza da te vissuta
come volontaria al canile, quale episodio ti è rimasto
maggiormente impresso?
«Non esiste un episodio in particolare: ho tanti ricordi di
quel periodo, purtroppo la maggior parte negativi. Ma voglio
ricordarne qualcuno: ricordo in particolare la gioia che
letteralmente esplodeva all'interno delle gabbie nel momento in
cui i cani riconoscevano noi volontari; sapevano che il nostro
arrivo significava un po' di libertà e un po' di cibo: la
libertà perché le gabbie (a turno) venivano aperte soltanto in
presenza dei volontari e quei poveri cani lì rinchiusi non
vedevano l'ora di sgranchirsi le zampe; cibo perché purtroppo i
cani erano ridotti alla fame e molti erano letteralmente pelle
e ossa, e noi portavamo sempre qualcosa per loro. In quei
momenti i cani, o almeno quelli che riuscivano a farlo,
prendevano tutti a saltare e ad abbaiare, ansiosi di ricevere
le nostre attenzioni. C'erano due cani, perfettamente identici,
che noi avevamo soprannominati
rampichini perché
riuscivano ad arrampicarsi sulle sbarre della gabbia. Ricordo
di un cane, reduce dai combattimenti illegali: aperta la sua
gabbia se ne stava sempre in silenzio e appartato. Poi ad un
certo punto si avvicinava a noi e si lasciava accarezzare sulla
testa, chiudendo gli occhi. Prendeva un po' di cibo e si
riallontanava, con calma. Faceva male al cuore vedere quel
corpo pieno di cicatrici e quel muso triste e così espressivo.
Ma voglio essere chiara: ho visto e sentito storie orribili
relativamente ai canili, ma questo non significa che non
esistano strutture serie. Il problema è, purtroppo, che laddove
la gestione è affidata a persone senza scrupoli, la corruzione
è una facile tentazione, soprattutto quando il malaffare
danneggia chi non può difendersi o chi non può parlare».
Il libro invita il lettore a riflettere sui valori, sui
sentimenti e a dare un significato anche ai più piccoli gesti
che si compiono quotidianamente. Qual è per te un sentimento o
un valore irrinunciabile?
«Il valore in assoluto: quello della tolleranza. Spesso viene
intesa come eccessiva remissività; non è così: la tolleranza ha
in sé una serie di valori essenziali. Innanzi tutto il
rispetto, quel rispetto che non consiste nel non offendere
l'altro; parlo di accettare l'altro per come è, senza
pregiudizi, senza diffidenza; parlo del costante tentativo di
calzare i panni dell'altro per provare, almeno un poco, a
comprendere il suo vero Io interiore. E ovviamente il rispetto
per sé stessi. Tutto ciò si traduce nel sentimento dell'amore;
l'unica cosa che realmente conta è l'amore che abbiamo dato
agli altri in questo breve tragitto. L'amore non è
l'innamoramento che due esseri umani possono provare l'uno
verso l'altro: due esseri umani possono essere innamorati ma
possono non amarsi se, per esempio, uno dei due cerca di
cambiare l'altro oppure se i due si chiudono totalmente al
mondo esterno. Nel primo caso viene a mancare il rispetto
dell'altro e senza rispetto non c'è amore, nel secondo viene a
mancare l'amore verso tutto ciò che li circonda e quindi anche
verso sé stessi. E se non si riesce ad amare sé stessi, in ogni
manifestazione della propria vita, allora non si può essere
capaci di amare un altro».
Avvocato, scrittrice... ma anche un'atleta! Come riesci a
coordinare le tue passioni?
«Sinceramente non lo so! È venuto tutto da sé, spontaneamente:
innanzitutto sono un avvocato, per cui svolgo la mia
professione regolarmente, come tantissimi miei colleghi. E
nemmeno a farlo apposta mi occupo prevalentemente di famiglia,
quindi non lavoro con freddi affari economici, ma con i
sentimenti delle persone. Inoltre da qualche anno opero
nell’associazione forense
M.G.A., acronimo di
Mobilitazione Generale degli
Avvocati, che da tempo si occupa dei problemi relativi alla
categoria. Tuttavia ho sempre rifiutato l'idea di impiegare la
maggior parte della mia vita a lavorare. Mi terrorizzava la
prospettiva di ritrovarmi, un giorno, ormai vecchia e,
voltandomi indietro a chiedermi cosa avessi fatto nella vita,
sarei stata costretta a rispondermi di aver solo lavorato: da
lì il passo fu breve; era solo questione di organizzazione sul
lavoro. Pratico il podismo e riesco oggi ad allenarmi con
costanza almeno un paio di volte la settimana, oltre a
partecipare alle competizioni il fine settimana. E sono molto
contenta perché lo sport rinforza lo spirito prima che il
corpo. Un posto a parte merita la mia attività di scrittrice.
Per questo non ho bisogno di ritagliarmi spazi in quanto io
sono la classica scrittrice che scrive solo dietro ispirazione.
Ciò significa che possono trascorrere mesi, anche anni, senza
che io scriva assolutamente nulla. Ma se l'ispirazione arriva,
posso trovarmi in qualunque luogo, in qualunque momento e devo
scrivere ciò che ho in mente. E da lì è un fiume in piena...».
Hai in progetto dei nuovi romanzi e eventualmente quali
tematiche ti piacerebbe affrontare in futuro?
«Non ho in progetto nulla, proprio perché ciò che scrivo non è
frutto di un ragionamento o di uno studio preliminare: viene
tutto da sé. Mi piace pensare che la storia esiste già da
qualche parte e sceglie me per essere raccontata. Proprio per
questo non esiste nemmeno una tematica che mi contraddistingua
o che io prediliga; negli anni ho scritto veramente di tutto:
dai romanzi d'avventura e di spionaggio ai romanzi d'amore,
fino ad arrivare a Io non ho paura del buio».
Se potessi vivere in prima persona le avventure di un
eroe/ina di un'opera letteraria, su chi ricadrebbe la tua
scelta?
«Che domande! Su Buck, ovvio! E se non sapete chi è vi invito a
leggere “Io non ho paura del buio”. Potete ordinare il libro
presso tutte le librerie, oppure acquistarlo presso le librerie
convenzionate o direttamente on line. Troverete tutte le
informazioni sul sito della casa editrice».