Telegiornaliste anno XI N. 3 (434) del 26 gennaio 2015
Pamela Villoresi: spero
che il successo di Sorrentino ispiri nuovi giovani registi italiani
di
Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di incontrare
Pamela
Villoresi, una delle più apprezzate attrici italiane: nella sua
carriera ha spaziato dal teatro (al fianco dell'indimenticato Giorgio
Strehler) al cinema d'autore; premiata a Saint Vincent nel 1977 come
miglior attrice esordiente per
Il gabbiano di Marco Bellocchio,
ha fatto parte anche del cast de
La grande bellezza di Paolo
Sorrentino, Oscar 2014 come miglior film straniero.
A cosa sta lavorando per il 2015?
«A teatro sto portando in scena
Il mondo non mi deve nulla, una
commedia noir di Massimo Carlotto, insieme a Claudio Casadio, molto
divertente anche grazie ai disegni animati di Laura Riccioli, che andrà
avanti fino a marzo e poi mi dedicherò a uno spettacolo su Santa Teresa
d’Avila, in occasione dei 500 anni dalla sua nascita, prima donna
dottore della Chiesa, scritto da Michele Di Martino – che però si può
definire un’opera scritta a dieci mani, in tanti ci siamo dedicati – a
cui tengo molto, proprio per l’importanza di questo personaggio».
Che sensazione le ha dato lavorare in un film da Oscar come La
grande bellezza?
«Per me è stata una grande soddisfazione soprattutto perché è la
migliore rappresentazione di come sia un momento favorevole per i
giovani registi italiani, che stanno recuperando credito e credibilità
nel mercato internazionale, e non posso che auspicare che il successo di
Sorrentino sia un’ulteriore iniezione di fiducia per questi ragazzi».
Ha esordito appena tredicenne: si rivede nelle ragazze che muovono
oggi i primi passi del mondo dello spettacolo anche attraverso i talent
show come Amici?
«Credo che la miglior formazione la possano dare le scuole ‘classiche’,
dall’Accademia d’arte drammatica al Centro sperimentale, che possono
meglio preparare a una carriera difficile. E posso dire di averne viste
tante passare sul fiume, per usare una metafora, di persone che hanno
vissuto un successo arrivato facilmente ma altrettanto velocemente
dimenticate. La serietà e la competenza pagano sempre».
Guardandosi indietro c’è qualcosa che si pente di non aver fatto e
qualcosa che invece non rifarebbe?
«Posso dire di aver vissuto le soddisfazioni professionali che speravo
di avere e di aver potuto realizzare tanti sogni nel cassetto, non
ultimo dei quali lo spettacolo su Teresa, che sognavo di realizzare da
tanti anni».
Visitando il suo sito notiamo la presenza di moltissime foto
personali e anche scritti di persone a lei legate, come Giorgio
Strehler: come mai ha deciso di condividere questi spaccati della sua
vita?
«Strehler è un personaggio ancora amatissimo che dopo la sua scomparsa
possiamo ritenere patrimonio di tutti. Come potrà vedere ho pubblicato e
condiviso momenti della mia vita che il pubblico ha seguito, come
l’adozione di mia figlia. Ancora oggi è un piacere per me incontrare le
persone che mi seguono a teatro e che aspettano alla fine delle
rappresentazioni fuori dal camerino per salutarmi e per dimostrarmi il
loro affetto. In fondo non sono pettegolezzi di episodi intimi come
potrete notare».
Nel 1996 ha avuto anche un’esperienza di conduzione televisiva nel
programma Mille e una donna andato in onda su Rai 3: è una cosa
che le piacerebbe ripetere?
«Ecco, tornando alla domanda che mi ha fatto prima sul rimpiangere
qualcosa, posso dire che è stata un’esperienza capitata nel momento meno
adatto, quando mio marito si ammalò e che pertanto non ho potuto vivere
pienamente come avrebbe meritato. Era un format interessante che poteva
essere portato avanti nel tempo, ma come dicevo purtroppo in quel
momento avevo altri pensieri… peccato, anche la tv è una bella sfida, in
cui devo confrontarmi con un pubblico molto più diversificato di quello
che mi segue a teatro. Magari un giorno, chissà, certo non mi
dispiacerebbe ripeterla quell'esperienza».
Come si vede tra dieci anni?
«Come una sessantottenne – ride, ndr – ma battute a parte spero di
potermi ancora dedicare a quello che sto facendo, fare ancora teatro
anche se magari non sempre in tournée, che è una cosa bella da fare ma
anche tanto faticosa…».