Telegiornaliste
anno XI N. 20 (451) del 1 giugno 2015
Laura
Riccetti: tgista di mattina
di
Giuseppe Bosso
Incontriamo
Laura Riccetti, inviata del
Tg5 da quasi vent'anni.
Come sei arrivata al Tg5?
«Ho iniziato il mio percorso giornalistico all'Adnkronos nel 1989, come
precaria alla redazione esteri, proprio nell’anno della caduta del Muro
di Berlino, un debutto in un periodo esaltante, di grandissime
trasformazioni, dove era la Cnn la rete sulla quale sintonizzarsi e
lavorare in un’agenzia di stampa ti obbligava a cercare le notizie
cercando spunti di indagine tra le righe id qualche pezzo… altro che
Google! Le cartelline di ritagli riempivano le redazioni. Dopo la
chiusura de L’informazione, dove ero approdata per fare esperienza in un
giornale, ho cominciato una seconda gavetta durata 3 anni, che mi ha
portato a un contratto di sostituzione al Tg1 di Marcello Sorgi: fu lui
a darmi molte opportunità, me le giocai al meglio; quando seppi da una
collega del Tg5 che ero stata ‘notata’, mi feci avanti con un po’ di
faccia tosta e un "betino" con qualche servizio realizzato per il Tg1: ed
eccomi ancora qui».
La tua giornata tipo?
«Ho scelto da anni il turno di mattina; vivo ormai un altro fuso orario
ma almeno ho la possibilità di fare anche altro, di ritagliarmi del
tempo libero. La sveglia è puntata sulle 4:30-5, una fascia oraria per
pochi intimi, sempre più o meno gli stessi, 9-10 persone, il nocciolo
duro della redazione ‘alba’ del Tg5, ora più che mai impegnata da
quando, pochi mesi fa, il direttore
Mimun ha lanciato l’edizione in diretta di prima pagina, a
partire dalle 6: una scelta che si è rivelata vincente negli
ascolti...».
L’esperienza che ti ha maggiormente coinvolta.
«Come ti dicevo la caduta del Muro è stato il mio ‘battesimo’; ma ci
sono stati altri eventi che ho coperto, diversissimi tra loro, ma
egualmente emozionanti: penso all’esperienza da inviata al Giro d’Italia
1994, che vide esplodere il ‘pirata’ Pantani; il groppo in gola per la
pace stretta alla Casa Bianca nel ’93 tra Rabin e Arafat; il
coinvolgimento provato col dramma dello Tsunami che ha riguardato
località e persone che hanno fatto parte di me, avendo vissuto e
studiato a Singapore».
Crisi, delitti, immigrazione: tre temi molto ‘caldi’ in questo
momento, di quale non vorresti più dover parlare?
«La crisi è entrata in ogni famiglia del Paese, ci si fanno i conti, ma
si può sempre sperare che prima o poi arrivi la notizia che è prossima
alla fine; i delitti ci sono sempre stati e riempiranno sempre le
cronache degli organi di informazione ed ispireranno le trame dei serial
televisivi. Ma certo si potrebbero e dovrebbero evitare i drammi legati
all’immigrazione; le cronache degli ultimi mesi sono insopportabili».
Tante colleghe nella tua redazione: pro e contro.
«Nessuno in particolare: è come a scuola, hai compagni maschi e femmine:
simpatici o antipatici, corretti o scorretti, collaborativi o meno,
senza discrimine di genere».
Ti senti arrivata?
«Se intendi in senso di stanchezza – ride, ndr – sì, sono arrivata. Ma
ogni giorno può rivelarsi sorprendente, regalarti adrenalina e
insegnarti qualcosa».
Ti senti un po’chioccia, dall’alto della tua esperienza, nei
confronti dei nuovi arrivati in redazione?
«Non potrò mai dimenticare Carlo Bassi, caporedattore del servizio
esteri all'Adnkronos: mi, ci ha insegnato tutto: a studiare e cogliere
le sfumature, ad affrontare qualunque argomento non sapendone nulla
senza paura. E mi piace l'idea oggi di poter trasmettere qualcosa,
passare qualche "trucco" di Carlo a chi penso lo meriti. Poi è talmente
dura per chi comincia, che considero un obbligo morale aiutare a
ottimizzare la sua esperienza chi riesce faticosamente a guadagnarsi un
contratto sia pure breve».