Telegiornaliste
anno XI N. 27 (458) del 7 settembre 2015
Dalla nostra
corrispondente:
a tu per tu con… Flavia Fratello
di
Silvia Roberto
Inizia la sua carriera scrivendo per un piccolo giornale di provincia;
grazie alla sua bravura approda nel piccolo schermo diventando uno dei
volti più noti di La7. Intervistiamo questa settimana
Flavia Fratello, conduttrice di
Coffee
Break nella sessione estiva.
Quando e come è sbocciata la sua passione per il giornalismo?
«È iniziato tutto per caso: a quel tempo frequentavo il terzo anno di
Università a Bologna; studiavo Storia Moderna; abitando a Modena ogni
mattina prendevo il treno che mi portava a Bologna; un giorno mi
telefonò il Capo Redattore della
Gazzetta di Carpi, dicendomi che
cercava collaboratori per la sua redazione. La mia sorpresa fu tale che
gli chiesi quale fosse stato il motivo della sua scelta nel telefonarmi;
in realtà, mi disse che era venuto a conoscenza delle mie aspirazioni
dalla sorella della sua fidanzata da me incontrata in treno proprio in
quel viaggio per raggiungere Bologna: incuriosita cominciai questa
avventura».
Il suo primo articolo?
«Un articolo sull’uso degli antiparassitari in agricoltura, a seguito
della partecipazione ad un convegno al quale mi aveva indirizzato il
Capo Redattore della
Gazzetta di Carpi come primo incarico».
Prima di intraprendere questa brillante carriera, andava
all’Università e studiava Storia Moderna: ma aveva già un sogno nel
cassetto?
«In realtà no; mi interessavano molto le materie come da piano di studi
ma senza nessuna particolare predisposizione. Pensavo che avrei lavorato
nel campo dell’Arte, dati gli studi di Storia e Storia dell’Arte».
Ha iniziato per la carta stampata e poi?
«Ho lavorato a Modena Radio City, e grazie anche all’entrata in vigore
della Legge Mammì, che permetteva anche alle radio e alle televisioni di
avere una propria redazione, feci il praticantato diventando così
giornalista professionista. Infatti, quando arrivai a Video Music ero
l’unica giornalista professionista».
Tra carta stampata, radio e televisione cosa predilige di più?
«In realtà tutte: quello che più mi importava era fare la giornalista e
dare la notizia, quale sia lo strumento, sia che uno la scriva, la
racconti tramite radio o televisione; sicuramente la radio è la più
difficile delle tre in quanto non hai il supporto di nulla. Non hai
titoli, foto o immagini; bisogna attirare l’attenzione solo tramite la
voce».
Come proseguì la sua carriera da Video Music?
«A Video Music realizzo e conduco
Vm Scuola; successivamente
Video Music viene comprata da Cecchi Gori, insieme a Tele Monte Carlo,
trasformando Video Music in Tele Monte Carlo 2; per un anno la redazione
è autonoma, indipendente, poi si fonde con Tmc e diveniamo un’unica
redazione, e nel 2000 diventa la oramai conosciuta La7».
Con la creazione di La7 la sua vita lavorativa sociale e privata
cambia in qualche modo?
«La mia vita ha subìto una evoluzione ma non per La7; il lavoro si è
evoluto, sono diventata mamma. Diciamo che il tempo cambia».
C’è stato un momento della sua carriera in cui ha pensato di
abbandonare tutto?
«Mai. Ho sempre trovato il mio lavoro molto interessante e divertente:
forse, l’unica cosa difficile è stata lasciare Modena e le amiche».
Secondo lei il giornalismo è cambiato nel corso del tempo e se sì in
che modo?
«Sì. Il giornalismo è cambiato ma perché cambia il mondo, cambia la
società, cambia il modo di fare giornalismo; a quel tempo, per esempio,
i telefonini non c’erano; le agenzie erano in un unico rullo, ora sono
sul computer. È tutto più velocizzato; forse prima, nel dare una notizia
si era più accurati».
Un aggettivo per descrivere il suo lavoro?
«Interessante e stimolante, se posso aggiungerne un altro (fa un cenno
di sorriso,
ndr)».
Qualche consiglio per gli aspiranti giornalisti?
«Provare e riprovare. Nei tempi in cui ci troviamo adesso, per
paradosso, sembra più facile condurre il mestiere da giornalista;
abbiamo a disposizione una moltitudine di risorse: la telefonia,
l’apertura di blog, i tabloid… quello che però suggerisco è di non
arrendersi mai, anche se consiglio di esplorare più campi perché può
piacere anche qualche altro settore al quale fino a quel momento non si
pensava».