Telegiornaliste anno X N. 19 (407) del
19 maggio 2014
Veronica
Riefolo: incasinata e realizzata
di
Giuseppe Bosso
Intervistiamo
Veronica Riefolo, volto di
Julie Italia.
La vittoria del Napoli in Coppa Italia rischia di essere offuscata dai fatti
che si sono verificati prima della finale contro la Fiorentina?
«No. Più che di cronaca nera si è parlato piuttosto di tifoserie e di quelli che
chiamo ‘inciuci’; ritengo assolutamente travisato il racconto di quanto accaduto
in campo, in quanto Gennaro De Tommaso (che rifiuto di chiamare con il suo
soprannome, essendo stato sfruttato per creare un demone) non ha deciso l’inizio
della partita, chi ha visto in televisione non credo abbia compreso questo;
purtroppo la tifoseria napoletana viene rappresentata in una maniera che ritengo
sbagliata, almeno per quella che è stata la mia esperienza delle poche occasioni
in cui ho avuto modo di seguire la squadra in trasferta, apprezzando dei ragazzi
che si comportano benissimo. E anche in quella serata difficile si sono
dimostrati responsabili, restando ‘muti’ quando la partita era in corso perché
preoccupati per le condizioni di Ciro Esposito. Non ha fatto godere la vittoria
come quella della Coppa Italia di due anni fa, ma di certo non si può dire che
questo faccia passare in secondo piano la soddisfazione per un successo e una
stagione conclusa più che positivamente».
Nella parte finale di stagione abbiamo assistito nuovamente ad una feroce
onda di antinapoletanità da parte di diverse tifoserie, che però la giustizia
sportiva non ha sanzionato adeguatamente: non ti sembra che quella azzurra sia
una sorta di ‘brutto anatroccolo’ tra le tifoserie?
«Sfortunatamente è così; ma se chiedi a me e ai tanti colleghi che hanno modo di
seguire in trasferta i tifosi azzurri difficilmente troverai qualcuno che ti
dirà che si comportano male, anzi; salvo le eccezioni di quei facinorosi che
purtroppo non mancano».
Bilancio della stagione del Napoli e prospettive future azzurre.
«Durante la stagione molti tifosi ci hanno continuamente chiesto delle
valutazioni che fino alla fine non si potevano fare. Non bisogna dimenticare
anzitutto che questo era il primo anno sulla panchina azzurra di Benitez, un
allenatore che ha portato un gioco e una mentalità assolutamente nuovi per
l’ambiente partenopeo e per il calcio italiano, meglio di come gli era stato
permesso di fare durante la breve parentesi all’Inter; stagione soddisfacente,
malgrado un pizzico di rammarico per un secondo posto che poteva essere
raggiunto se non fossero sfuggiti punti contro le cosiddette ‘piccole’, che una
squadra che disputa onorevolmente una Champions come quella che ha fatto il
Napoli non dovrebbe perdere per strada; il rendimento del Napoli non è
paragonabile a quello della Roma, che non aveva impegni europei; io credo che se
avesse giocato solo per il campionato, al Napoli lo scudetto non sarebbe
sfuggito, anche con la défaillance con le piccole. Comunque per il futuro se
Benitez potrà continuare ad agire come ha fatto finora potrà regalare altre
soddisfazioni, lo si vede anche nella scelta dei giocatori che ha portato, come
Callejon, acquistato per pochi milioni che in breve ha visto aumentato
tantissimo il suo valore. La sua mentalità, parla per lui il suo curriculum, è
vincente».
Ti senti più giornalista sportiva o di cronaca?
«Ho avuto modo di seguire la prima Coppa Davis a Napoli, lo sport è stata una
piacevole scoperta, ma assolutamente rimango una giornalista di cronaca. Ci sono
nata, è come quando impari ad andare in bicicletta e non lo dimentichi più;
nella cronaca mi sento più ‘libera’ perché è il mio campo e quindi so
giostrarmi; certo non affronto la cronaca sportiva con superficialità, prima di
ogni puntata mi documento attentamente proprio per non deludere le aspettative
degli spettatori».
Che riscontro hai avuto dal pubblico che ti ha seguito a Ondazzurra?
«Molto positivo. Il filo diretto che abbiamo istituito con il pubblico ha avuto
così tanto successo che siamo stati costretti a introdurre il timer, massimo un
minuto per gli interventi telefonici di ciascuno spettatore in modo da dare a
quanta più gente possibile modo di intervenire, anche se accontentate tutti è
impossibile. E i contatti su facebook, tantissimi like sulla pagina
Settimana Azzurra proprio quando va in onda il programma; e anche, per
quanto mi riguarda, la grandissima disponibilità a partecipare al programma che
ho trovato nei colleghi delle testate giornalistiche sportive, sempre numerosi e
coinvolti».
Essere la moglie del direttore editoriale del canale dove lavori ti spinge a
dover dimostrare qualcosa in più degli altri colleghi?
«Sì, diciamo purtroppo e per fortuna allo stesso modo. È stato un caso trovare
l’amore proprio sul luogo di lavoro, non sono mancati pregiudizi anche se, ad
essere sincera, la maggior parte dei colleghi con cui interagisco mi conoscono
da quando ho iniziato e quindi non mi fanno praticamente pesare la cosa; ma è
vero come dici che ogni giorno mi sento in dovere di dover dimostrare qualcosa
in più».
Ti sta stretto l’ambiente napoletano?
«No; Napoli e la Campania ti danno molti stimoli, per quanto sia difficile
lavorarci e muoversi, nel caos cittadino, con tante troupe sparse; ma l’ambiente
partenopeo ti offre tantissimo anche dal punto di vista della cronaca, della
cultura, di tante altre cose… non me ne andrei».
Giornalista, moglie e madre: ti senti realizzata?
«Sì, e anche fortunata, molto. Recentemente la mia università, il Suor Orsola
Benincasa, mi ha coinvolto nella realizzazione di un video con gli ex allievi
eccellenti che una volta laureati hanno avuto grandi soddisfazioni nei loro
settori. È stata un’occasione per fare un bilancio della mia vita e non posso
certo lamentarmi di quello che ho avuto, nel lavoro e in ambito privato».
Come ti vedi nel domani?
«Incasinata – ride, ndr – come richiede il mandare avanti un lavoro come questo
e una vita familiare con un bambino piccolo, ma felice. Spero di continuare a
fare questo».
Un aggettivo per descriverti.
«Poliedrica, come le donne di oggi sono obbligate ad essere».
Ti senti a prova di bavaglio?
«Nella mia ancora breve esperienza da giornalista non mi è mai capitato di
subire limitazioni al mio diritto di espressione».