Telegiornaliste anno X N. 7 (395) del 24 febbraio 2014
Veronica
Gervaso: da Roma a Tgcom 24 passando per la Grande Mela
di
Giuseppe Bosso
Incontriamo
Veronica Gervaso, volto di
Tgcom 24,
professionista dal 1997 e figlia del giornalista e scrittore Roberto Gervaso.
Ricorda il suo primo servizio e la sua prima volta in conduzione?
«Il primo servizio per la carta stampata fu un'intervista, all'allora
giovanissimo Kim Rossi Stuart. La preoccupazione di portare a casa un buon pezzo
era soverchiata dall'emozione di trovarmi faccia a faccia con un attore
straordinariamente bello e anche simpatico. Il primo servizio per il Tg5 fu su
un'apertura straordinaria al pubblico dell'aula di Montecitorio: ricordo che fu
Emilio Carelli (all'epoca vicedirettore ) a passarmi il pezzo, ed io ero
agitatissima; la prima volta in conduzione è avvenuta in tempi più recenti:
l'edizione delle 18 del Tg5, quattro anni fa. Ma soprattutto in una condizione
molto particolare: ero incinta del mio terzo figlio. Arrivata al settimo mese
non entravo più nell'inquadratura!».
Roma, Milano, New York: tre città in cui ha vissuto e lavorato. Quali
differenze ha riscontrato, sia dal punto di vista professionale che umano?
«A Roma ho vissuto la mia infanzia e la mia giovinezza, e ho cominciato a fare
questo mestiere, mi sono fatta le ossa e ho lavorato come giornalista
parlamentare; a New York è stato un periodo magico, stimolante e frenetico, ho
lavorato a
Good Morning America e mi sono confrontata con una realtà che
va a 300 all'ora. Ammetto di essermi divertita, nella Grande Mela, come mai in
vita mia. Da 10 anni sono a Milano, città sobria ma dove si lavora benissimo:
qui c'è il cuore del Tgcom 24, la all news di Mediaset, di cui sono conduttrice:
siamo una squadra affiatata, giovane e coesa. Si lavora molto, a ritmi serrati,
ma il clima tra noi, e con il direttore Alessandro Banfi, è ottimo».
Un anno fa abbiamo vissuto le elezioni politiche con la prospettiva di un
cambiamento che però, a distanza di un anno, non pare essersi realizzato: cosa
non ha funzionato, dal suo punto di vista di giornalista politica?
«L'immobilismo è il male peggiore della politica, secondo solo ad una burocrazia
che ancora soffoca il nostro paese. Vedremo ora se i nostri politici riusciranno
ad approvare le riforme annunciate».
Qual è stato l'evento che l'ha maggiormente colpita tra quelli che ha avuto
modo di seguire?
«È stato davvero interessante seguire appuntamenti di respiro internazionale
come il G8 o il G20. Ma umanamente mi ha colpita moltissimo il reportage che
feci più di 10 anni fa in Afghanistan, un Paese dilaniato dalle guerre, che
sembrava rimasto indietro di 50 anni e dove nascere donna - sono sincera - può
essere una sventura».
Pedoni la domanda un po' antipatica: non le dà fastidio vedere il suo nome
tra quello dei giornalisti figli di... che si pensa siano stati
facilitati nella loro carriera? In realtà a ben vedere forse un cognome pesante
significa doversi impegnare maggiormente per dimostrare di non contare di
favoritismi, è d'accordo?
«La domanda non mi turba affatto. Sono molto orgogliosa di mio padre, è lui che
ha stimolato il mio interesse per il giornalismo, anche se non raggiungerò mai
il suo livello culturale e il suo estro letterario. E se qualcuno mi addita come
la figlia di... rispondo che il padre non si sceglie, al contrario di
mariti o fidanzati».
Dal punto di vista del look segue qualche accorgimento?
«Sul look non seguo consigli particolari. Cerco di curarmi: ho appena compiuto
40 anni, e la ginnastica migliore sono i miei tre bimbi: tre maschietti di 8, 6 e
3 anni».
Come si vede tra dieci anni?
«Fra 10 anni mi vedo alle prese con le fidanzatine dei miei figli, e magari
(spero) in partenza per qualche reportage».