Telegiornaliste anno X N. 30 (418) del 22 settembre 2014
Elena Redaelli:
il Premio Ilaria Alpi una grande soddisfazione
di
Giuseppe Bosso
Incontriamo
Elena Redaelli,
che ha appena ricevuto il
Premio Ilaria
Alpi 2014 nella categoria
-15 minuti per l’inchiesta
realizzata per
Lucignolo 2.0
Con gli occhi della
Neet Generation, in cui ha mostrato, con gli occhi di un ragazzo
dei giorni nostri, lo stato di alienazione della gioventù italiana.
Che sensazione ti ha dato vincere il premio Ilaria Alpi?
«Per me ha rappresentato un onore avere ricevuto un premio che ricorda
l'impegno, il talento e il sacrificio, in nome della verità, della
giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin,
uccisi in Somalia il 20 marzo del 1994 mentre indagavano su un traffico
internazionale di armi e di rifiuti tossici; emozione tanto inaspettata
quanto fortissima. Girando l'inchiesta mi ero subito resa conto della
forza e della spontaneità dei protagonisti (il giovane Matteo e la sua
famiglia, la fidanzatina e gli amici) unite all'autorevolezza della voce
del politologo Ilvo Diamanti, la cui intervista è insertata nel
servizio».
Come è nata la decisione di presentare l’inchiesta al premio?
«Terminato il montaggio, io e il film maker Paolo Cassina ci siamo
subito detti che il documentario viveva di vita propria (è un viaggio di
24 ore con gli occhi di un ragazzo scollegato dalla realtà, che non
studia, non lavora e non svolge alcuna attività di formazione; vive nel
suo mondo, avendo un unico punto fermo: l'affetto dei familiari e degli
amici e l'amore per la fidanzata); così ho deciso di iscriverlo al
Premio Alpi, anche per denunciare la gravità del fenomeno: secondo i
dati Istat, quasi 4 milioni di adolescenti e giovani adulti tra i 15 e i
34 anni non lavorano e non studiano. Una generazione perduta».
Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nella realizzazione
del servizio?
«L'inchiesta nasce da un'idea del direttore di Videonews, Claudio
Brachino, nell'ambito di una riunione di redazione: appena ho sentito la
parola
Neet Generation mi sono proposta per fare il servizio: è
una realtà che riguarda la maggior parte dei miei conoscenti, coetanei e
non. Non è stato semplicissimo trovare un neet che raccontasse la sua
storia davanti alle telecamere e tantomeno convincere il politologo Ilvo
Diamanti a rilasciare un'intervista da un giorno all'altro (
Lucignolo
2.0 andava in onda la domenica sera e avevamo solo dal martedì al
giorno della messa in onda per trovare storie da raccontare, girarle e
curarne il montaggio). Diciamo che le difficoltà erano soprattutto
legate ai tempi tecnici strettissimi, il resto l'ha fatto la mia "opera
di persuasione" a livello giornalistico».
Cosa rappresenta per te la figura di Ilaria Alpi?
«Un modello di giornalismo a cui tutti dobbiamo tendere: ovvero
inchieste guidate dalla passione, dall'abnegazione e dalla ricerca della
verità, anche a costo del sacrificio personale. Inutile dire che,
insieme a quella di altri giornalisti italiani prematuramente scomparsi
come Giancarlo Siani, Ilaria Alpi resta una figura inimitabile, ma è al
suo esempio che noi giovani (e non solo) dobbiamo guardare».
Premio a parte, qual è stato il messaggio che hai cercato di
trasmettere?
«Spero che l'inchiesta
Con gli occhi della Neet Generation abbia
la più vasta eco possibile, perché Matteo e gli altri giovani possano
credere nel futuro e non vivere solo galleggiando nel presente. Questo è
stato anche l'augurio che ho espresso sabato 6 settembre, giorno della
premiazione, sul palco a Riccione. Emblematica è la scena del servizio
in cui Matteo fa benzina all'auto della madre con 5 euro».
Il premio riabilita, per così dire, l'immagine di Lucignolo
come programma esclusivamente di gossip?
«
Lucignolo è un settimanale televisivo dalle molteplici
sfaccettature, nato nel 2003 e prima curato da
Studio Aperto, poi da Videonews. Ha raccontato il mondo dei giovani
in tutte le sue declinazioni: la quotidianità, ma anche il divertimento,
la ribellione e le follie; a seguirlo, negli anni Duemila, è stata
un'intera generazione, la mia, ma anche gli adulti lo hanno guardato,
cercando di scoprire qualcosa in più sul nostro mondo. Con il
sopraggiungere della crisi economica,
Lucignolo è inevitabilmente
cambiato: i temi seri hanno prevalso su quelli più leggeri, anche se la
trasmissione non ha perso la sua aria scanzonata e irriverente. Il
gossip è stato solo uno dei tanti ingredienti di un format televisivo
che in questi 10 anni ha regalato ai telespettatori uno spaccato
generazionale».
Ti incontriamo reduce dal matrimonio di Elisabetta Canalis: ci
racconti come hai vissuto questa esperienza?
«Il gossip ha sempre rappresentato per me un'ottima palestra: ho
iniziato a fare la giornalista subito dopo il liceo e in questi 12 anni
mi sono occupata veramente di tutto, dalla cronaca bianca e nera agli
spettacoli, dalla cronaca rosa alla politica italiana ed estera, mondi
che spesso si compenetrano. Il matrimonio di Elisabetta Canalis, che ho
seguito per
Pomeriggio 5, si è rivelato un'esperienza solare e
divertente, che mi ha dato modo di esercitarmi in uno dei tanti campi in
cui un giornalista deve saper eccellere: l'appostamento».
Ma secondo te è giusto dare così tanta importanza a questi fatti in
tempi come questi?
«Sono tempi di crisi, il telecomando degli spettatori è sia alla ricerca
dei servizi impegnati, per tenersi informati dal punto di vista
economico e politico, sia dei servizi di evasione. C'è ancora voglia di
emozionarsi e sognare, quale occasione migliore di un matrimonio di un
volto nazional popolare?».
Quale sarà il tuo prossimo passo?
«Cavalcare sempre la cronaca, accettando tutti i servizi che mi verranno
affidati. Nel frattempo, scruterò la quotidianità alla ricerca di storie
meritevoli da trattare in nuove inchieste, che abbiano temi profondi
quanto la disoccupazione giovanile ne
Con gli occhi della Neet
generation. L'importante è "sapere vedere", la storia poi vive di
vita propria».
Il tuo messaggio per i giovani che vogliono avvicinarsi al
giornalismo è...
«Se siete pronti a non avere orari, vivere sempre in viaggio, non avere
una vita privata e rinunciare a tutto pur di raccontare una storia,
qualsiasi essa sia e dovunque sia, il giornalismo è la vostra strada».