Telegiornaliste anno IX N.
5 (349) del 4 febbraio 2013
Silvia
Vada: sono una vera ragazzaccia!
di
Giuseppe Bosso
Torinese, pubblicista dal 1989,
Silvia Vada è uno dei volti di punta del canale
all news del gruppo Mediaset,
Tgcom 24;
inviata storica di
Studio Aperto, gli spettatori piemontesi possono anche seguirla nel
programma dedicato al Torino Calcio
Toro amore mio, in onda su
Quartarete.
Sei una delle inviate di Studio Aperto più apprezzate dai nostri
lettori ma anche, a cliccare il tuo nome, una delle più ‘punzecchiate’ dalla
rete: cosa ti infastidisce maggiormente?
«Non mi infastidisce nulla; non cerco il consenso comune. Amo chi mi ama e sono
amata da coloro che amo; sono compresa da chi è passionale come me. La mia vita
è a tinte forti, mai nel mezzo».
Possiamo dire, scherzosamente, che sei iscritta al club delle ‘vittime’ di
Paolini, al quale non hai risparmiato uno sganassone: è davvero questo il modo
migliore per tenere alla larga questo personaggio?
«Paolini è così, lo conosciamo tutti ma in pochi lo comprendiamo; basta che non
interrompa il mio lavoro, fatto soprattutto di concentrazione, che anche quando
si parla di argomenti “leggeri” deve essere al massimo. Nessuno di noi ama fare
brutte figure, e io le soffro - tapiro ti dice nulla? – davvero molto. Lui poi, ama un certo tipo di pornografia, io no! Gli sporcaccioni - cosa ben diversa
da chi si diverte con fantasia – li detesto molto».
Chiusa la parentesi scherzosa: Studio Aperto e Tgcom 24 per te punto
d’arrivo o di ripartenza?
«È un abito cucito perfettamente su di me: lo amo, nella sua forma veloce
semplice di dare le notizie. Per primi abbiamo avuto il coraggio di rivolgerci
ad una fascia di persone troppo spesso ignorate dai grandi
soloni del
giornalismo; siamo adatti per chi ama essere informato grazie a notizie date
così. Adesso mi vedete soprattutto a Tgcom 24, la vera rivoluzione nel mondo del
giornalismo, il canale all news che Sky ha adottato con successo e noi abbiamo,
ritengo, migliorato».
Qual è stato il momento più gratificante e quale quello da dimenticare?
«Un giorno
Mario Giordano mi disse:
Silviuccia - cosi mi chiama - giro a te un
complimento che all’epoca rivolse a me Indro Montanelli: mi basterebbero 10
giornalisti come te per fare un giornale! Bel complimento, vero? Le mie
soddisfazioni sul campo sono quando i protagonisti di tragiche vicende da me
trattate rimangono a me affettuosamente legate negli anni: è il segno che il mio
lavoro definito da qualche detrattore
sciacallaggio non è stato solo
compreso, ma apprezzato. Il mio rammarico è avere, per molti anni, ritenuto
colpevole dell’omicidio del piccolo Samuele la madre Anna Maria Franzoni, che
dopo aver assistito ai vari processi ritengo oggi innocente, e ci tengo a dirlo
ad alta voce!».
Dopo tanti anni da inviata non le piacerebbe passare in conduzione?
«Ma non potrei mai condurre! Sono una giornalista da strada. Ritengo che
condurre non sia un premio, ma solo una parte del nostro lavoro. E poi mi
metterei a piangere durante la lettura di notizie tristi e a ridere per servizi
allegri e spiritosi: no, condurre non è decisamente una cosa adatta ad una
ragazzaccia quale sono, amante della strada - intesa come notizie - e comunque
non potrei abbandonare Torino: la famiglia, gli amici e il Toro».
E a proposito dei granata, ti vediamo anche su Quartarete nel programma
sportivo Toro amore mio: com’è nata questa partecipazione?
«Da sempre partecipo a trasmissioni sportive, ma se devo vestire i panni della
tifosa, beh, come dice un inno della squadra granata è una seconda pelle, e per
me è proprio cosi. Ho scelto
Toro amore mio perché è una trasmissione libera,
senza servi o padroni, e dunque si critica quanto si vuole e chi si vuole. Siamo
anche stati premiati dagli studenti della Cattolica quale miglior trasmissione
sportiva delle emittenti italiane».
Cosa farà Silvia da grande?
«Sono già grande: prego ogni giorno il buon Dio perché quel che ho adesso ci sia
anche domani. Sai che c’è? Sono felice per tutto quello che ho».