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Intervista a Katia Vitale   Tutte le interviste tutte le interviste
Katia VitaleTelegiornaliste anno IX N. 9 (353) del 4 marzo 2013

Katia Vitale: esempi positivi per Napoli
di Giuseppe Bosso

Incontriamo Katia Vitale, pubblicista dal 2011, e volto dell'emittente partenopea Napolitivù, dove conduce la rubrica sportiva Napoli nel cuore, dedicata alla squadra azzurra, e il programma del mercoledì sera Gt by night da un paio di settimane.

Cosa provi nel condurre una rubrica come Napoli nel cuore?
«Ci tengo moltissimo perché io ed il collega Bruno Majorano, che costituiamo la redazione sportiva di Napolitivù, facciamo un lavoro importante e continuo e in cui crediamo giorno per giorno; da due anni seguiamo tutti gli eventi del Napoli calcio, dalle gare interne ed esterne alle sfide europee, dai vari eventi organizzati dal club al ritiro di Dimaro, dove ogni anno stiamo ambientando una rubrica speciale in collegamento da lì».

Come nasce Gt by Night?
«Si tratta di una nostra produzione in cui cerchiamo di coniugare sport e shopping, inserendo anche un momento di gioco a premi».

Cosa ti aspetti dal programma?
«Vivo questa esperienza con divertimento e curiosità; il calcio è una vera calamita per il pubblico napoletano, caloroso e passionale, meglio ancora se unito ad un’altra passione come lo shopping. È una gioia lavorare con Florio, un professionista che sa come mettere a proprio agio i suoi interlocutori».

Gli ultimi, non proprio soddisfacenti, risultati sono un segnale che la strada che il Napoli dovrà percorrere per diventare una grande è ancora lunga?
«I risultati che la squadra ha raggiunto quest’anno sono già eccezionali; bravo Conte che ha vinto la Panchina d’oro, ma è facile vincere quando hai grandissimi campioni in squadra; con i giovani, con ragazzi da crescere, è un’altra storia, e in questo Walter Mazzarri ha dei meriti straordinari. I fischi che ho sentito in occasione di Napoli-Sampdoria, in cui gli azzurri avrebbero potuto avvicinare i bianconeri, li ho trovati decisamente ingenerosi e gratuiti; il tifoso dovrebbe comprendere che mettere sotto pressione questi ragazzi è sbagliatissimo; mantenere il secondo posto, viste le premesse di stagione – in cui sia il presidente De Laurentiis che il mister non si erano certo sbilanciati, durante la preparazione estiva, sui possibili risultati – sarebbe già tantissimo. Ma la squadra deve superare questo problema mentale, che in certe situazioni ha fatto perdere punti preziosi, anche senza subire sconfitte».

La disavventura di Marek Hamsik potrebbe avere ripercussioni in campo?
«Non credo, è la terza volta che gli capita di essere rapinato; stupisce, semmai, che le esperienze passate non gli siano state da insegnamento sul come evitare di andare in giro per la città con il rolex al polso e con un'auto così appariscente; ma a parte queste considerazioni, avverto la mancanza di esempi positivi per Napoli, che compensino questi fatti di delinquenza che tendono ad essere amplificati, mentre accadono dappertutto. Non credo nemmeno che questa vicenda possa spingerlo ad andare via, come i soliti precipitosi hanno affermato; Marek se compirà questa scelta lo farà per altre ragioni».

Tra i calciatori che hai intervistato quali ti hanno colpita e quali, se ci sono stati, ti hanno delusa?
«Delusa assolutamente da nessuno. Il gruppo azzurro è fatto da ragazzi giovani, umili e disponibili e a mio avviso il loro essere così uniti potrà rivelarsi l'arma in più per raggiungere obiettivi importanti, magari a partire proprio da quest'anno. Poi c'è il mister Mazzarri che noi giornalisti intervistiamo con molto frequenza perché protagonista tutte le settimane della conferenza stampa pre-gara e che a secondo me è uno dei professionisti più completi che il nostro calcio può vantare e che ritengo, probabilmente, aver dato alla città molto più di quanto lui abbia ricevuto. Lo vediamo vivere ogni partita con una passionalità tutta partenopea, che non si direbbe date le sue origini toscane. Forse a fine stagione deciderà di andare via per raccogliere una nuova sfida, ma rimarrà sempre il ricordo di cosa ha lasciato».

Come coesiste la Katia tifosa con la Katia giornalista?
«Nasco come giornalista-tifosa; fin da bambina il calcio è una mia grande passione, trasmessa da mio padre che per un periodo è stato dirigente accompagnatore in quanto sponsor della squadra con una nota marca di mobili; mi ha fatto effetto e commozione, in questo senso, pensare al povero Imbriani con indosso la maglia di quegli anni. Poi però, diventando giornalista, mi sono resa conto che dovevo essere più distante, obbiettiva, se volevo fare seriamente questo lavoro».

I tuoi familiari ti hanno sostenuta o scoraggiata in questo percorso professionale?
«Sostenuta al 100%! Ed è grazie al loro sostegno ed incoraggiamento che ho potuto superare anche quelle giornate no in cui qualche dubbio mi poteva aver assalita. Ed è per questo che ho fatto del mio lavoro il mio primo pensiero e la mia priorità; non mi vergogno a dire che ho accantonato senza remore altre cose, altri pensieri, pur di puntare assolutamente all’affermazione professionale. Rifarei tutte queste scelte, che mi hanno anche permesso di scoprire una nuova e diversa Katia».

Se ti arrivasse una proposta importante, che però ti obbligasse a lasciare Napoli, accetteresti?
«Sono e rimarrò sempre grata a Napolitivù, la mia palestra e la mia seconda famiglia; non la cambierei con nessun’altra realtà locale se questo dovesse rimanere il mio ambito. Gianna Mazzarella, l’editore, è una persona a cui devo molto e che mi ha dato tanto non solo per avermi dato la fiducia e le basi per insediarmi nel mondo giornalistico ma ancor di più per avermi dato gli input più giusti per credere in me stessa e farmi scoprire una professionista seria e motivata. Ma se arrivasse la grande occasione, il classico salto di qualità, è ovvio che la coglierei».

Come ti vedi tra 20 anni?
«Pensando al presente, mi vedo fuori da Napoli. Spero comunque di poter continuare a crescere e dimostrare che una bella ragazza può diventare una valida e rispettata professionista anche in un ambiente ancora molto maschilista come il giornalismo sportivo; forse è brutto dirlo, ma avverto ancora molte diffidenze, molte resistenze in questo senso. Ma mi batterò proprio per ottenere rispetto e considerazione che mi dovranno essere riconosciuti per le mie capacità, e non per l’aspetto fisico».

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