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Anna ScalfatiTelegiornaliste anno IX N. 6 (350) del 11 febbraio 2013

Anna Scalfati: il mio impegno e i miei percorsi
di Giuseppe Bosso

Incontriamo nuovamente Anna Scalfati, reduce da una brillante edizione del suo fortunato programma Percorsi, andato in onda su Rai 3 in seconda serata.

Soddisfatta dei risultati di Percorsi?
«Certo; siamo riusciti a fare un buon programma senza grandi mezzi economici e a portare sullo schermo la società civile, soprattutto giovani».

Quali sono le storie che ti hanno maggiormente colpita?
«Due in particolare: Valeria Cucinotta e Beppe Pagano, due giovani del sud che non si sono piegati alle difficoltà di questo Paese; posso dire senza remora alcuna che loro, come tanti altri peraltro, vivono con coraggio in un ambiente difficile e a volte addirittura ostile. Valeria è l'unica superstite di una famiglia praticamente annientata da un incendio doloso in Sicilia mentre Beppe lotta a Casal di Principe ribellandosi alle logiche della criminalità organizzata. Sono loro che mi motivano a continuare».

E il pubblico come ha reagito, a quanto hai potuto riscontrare?
«Per la Rai è un momento particolare, difficile per un verso sul fronte economico ma anche creativo per il rilancio delle tematiche caratteristiche del servizio pubblico. La gente che ho incontrato mi ha sempre fatto tanti complimenti, soprattutto dicendomi che si è riconosciuta nelle storie che raccontavo; e mi preme sottolinearlo, siamo riusciti a fare un programma che non ha avuto bisogno di strillare, che ha puntato su quello che ritengo sia l'approccio giusto nel porsi al pubblico. Vorrei che la Rai investisse maggiormente in questa direzione».

Sei anche consigliere comunale a Sperlonga, dove conduci una battaglia per la legalità che ormai è nota a tutti: quali ostacoli incontri?
«Il disinteresse delle persone, che continuano a prendermi per un'invasata, una matta che ha le sue fissazioni. Finché non arrivi al martirio come è capitato a Saviano, nessuno ti ascolta; il conformismo, il pensare che tutto vada bene è il peggior nemico che potevo trovare. Insieme al problema di capire cosa si può fare per uscire da questa impasse. Ripeterò fino allo stremo che il modo migliore per scardinare questi ostacoli è puntare sull'aggregazione, sulla condivisione dei valori».

Hai partecipato ad Annozero, anni fa, in difesa di Sabaudia.
«Sì, per difendere un luogo dove la mia famiglia da generazioni ha svolto attività produttive. Mi sono messa in gioco anche allora, come potete vedere subendone le pressioni che ne sono derivate. Ma è il mio modo di essere giornalista e anche politica, nel senso vero del termine, di persona che si cura del bene pubblico. Oltre a raccontare e a denunciare bisogna rappresentare gli interessi della collettività e, concedimi l'immodestia, credo di saperlo fare perché non ho alcun interesse economico che mi muove».

I tuoi prossimi impegni?
«Sono impegnata per definizione. Dalla mattina alla sera, su diversi fronti, collegati l’uno all’altro. Dalla Rai al consiglio comunale, alla famiglia. Incontro persone, approfondisco tematiche. Adesso sono concentrata a capire come funziona il ciclo dei rifiuti e perché funziona male e chi ci guadagna. La conoscenza è la cosa più bella che ci sia. Solo se “sai” sei libero dai condizionamenti».

Si parla di 'rottamare' come cambiamento positivo: cosa ne pensi?
«Se fosse vivo oggi De Gasperi certo non penseremmo di rottamarlo. Dico questo perché vorrei rottamare tutti gli incompetenti, i cinici, i fannulloni e i ladri, ma avere a disposizione anche cento vecchietti con senso civico. Insomma, mi sembra un'idiozia questa della rottamazione. Una delle tante idiozie che girano. Però se parliamo di ricambio della classe dirigente, questo sì. Ci vogliono i giovani per raccontare una nuova storia. Giovani e competenti: ce li abbiamo; sono qui, numerosi. Se solo volessimo non mandarli all’estero a trovare un lavoro; quello che occorre è ristabilire regole e valori, punti di riferimento nel lavoro e nella politica, uguali opportunità per uomini e donne. Attenzione anche ai cinque milioni di immigrati residenti nel nostro Paese. Tutto è in movimento, tutto sta cambiando».

Come vedi Anna e l'Italia tra dieci anni?
«La domanda mi angoscia; speravo di poter arrivare a un momento della mia vita in cui avrei potuto essere una nonna, una mamma tranquilla che poteva trasmettere valori in un Paese sereno. Temo che invece ci stiamo avviando sempre più verso una fase di conflitti sociali e di nuove povertà; un periodo triste e difficile. Speriamo di farcela e di non perdere la carica».

E allora cosa ti auguri?
«Che non venga mai a mancare l'impegno, in me e nelle persone che mi circondano. Questo è il primo valore che apprezzo. Anzi forse l’unico. Mia nonna, che ne aveva passate tante durante la guerra – e forse ci siamo dimenticati di tutte quelle sofferenze - mi diceva: per vivere ci vuole molto coraggio e molta fede in Dio. Penso che la vita possa essere vissuta così, con coraggio e fede. Coraggio innanzi tutto. Come quello dei giovani che ho intervistato nel mio programma».

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