Telegiornaliste
anno IV N. 14 (139) del 14 aprile 2008
Linda White Terzani, un'identità a metà di
Federica Santoro
«Sono nata a Londra ma vivo in Italia da quasi trent'anni, ormai. A questo punto
non mi sento né straniera né italiana, sono una via di mezzo con tutto ciò che
comporta».
Linda White Terzani è nata in Inghilterra, ma dal 1969 vive a Firenze dove si è
trasferita dopo aver completato gli studi. Nel 2004 pubblica privatamente il
libro Lost Travellers - I viaggiatori dell’anima presentato alla
biblioteca del British Institute e alla FIDAPA (Federazione Italiana Donne Arti
professioni Affari) di Firenze. Nel 2006 riceve una segnalazione d’onore al
Premio Firenze, prestigioso concorso promosso dal Centro culturale Firenze –
Europa.
Si tratta di una suggestiva ricostruzione attraverso aneddoti privati, curiosità
e fotografie della vita trascorsa a Firenze di alcuni tra i più importanti
scrittori dell’Otto-Novecento.
Signora Terzani, come nasce l’idea di questo libro?
«Qualche anno fa mi capitò di leggere il diario di un autore americano
dell’Ottocento, Nathaniel Hawthorne. Come tanti scrittori americani e inglesi,
visse in Italia alcuni anni e scrisse un libro ambientato a Roma e a Firenze. La
sua fu un’esistenza molto travagliata, costantemente diviso tra l’amore per il
suo Paese d’origine, l’America, e quello per l’Italia. Molti altri, come lui,
vivevano questa condizione, ad esempio Dickens. Così mi decisi a raccontare le
loro impressioni sulla città, la loro quotidianità, i loro amori».
Nelle pagine si incontra una Firenze misteriosa e sconosciuta che prende
forma dalle memorie degli artisti che l'hanno vissuta tra la fine del Settecento
e la metà Novecento. Come è riuscita a raccogliere in un solo testo le loro
diverse personalità?
«Ho sentito subito una certa vicinanza con le loro storie di vita, il distacco e
la difficoltà di non appartenere a nessun Paese, di non sentirsi mai veramente
parte di un popolo, e un continuo senso di estraneità. Sono sentimenti che provo
tutte le volte che faccio ritorno in Inghilterra. Ho provato, potrei dire, una
sorta di solidarietà che mi ha spinta, giorno dopo giorno, a raccogliere notizie
sulla vita di questi scrittori "maledetti" per raccontare la loro tragedia
personale».
Il suo essere "straniera a metà" le è stato più d’aiuto o d’ostacolo per la
sua carriera?
«Può fare comodo, ma forse costituisce un freno nell’esprimere le mie opinioni,
per esempio sulla politica, in quanto non vorrei sembrare la straniera che pensa
di avere tutte le risposte o la straniera che viene qui a criticare».
Il libro è ricco di sue bellissime fotografie. Quando si è accorta di questa
passione? E' stato difficile essere riconosciuta come artista in un Paese dove
sono gli uomini ad avere tutte le attenzioni?
«Ho iniziato scattando foto di viali, mi affascinavano le ville e i giardini,
poi sono passata agli interni, e ciò che ho trovato è stata un’atmosfera magica,
impossibile da raccontare, perciò ho cercato di rubarla al tempo fotografandola.
E' diventato un lavoro quando, dopo aver visto le mie foto, amici e conoscenti
hanno cominciato a chiedermi dei servizi. Non ho trovato difficoltà, in quanto
donna, nello scrivere il mio libro ma ho avuto, come tutti, difficoltà nel
pubblicarlo. Credo che entri in gioco non l'essere donna ma il fatto, purtroppo,
che in questo Paese tutto dipende dalla politica o dalle conoscenze. Devo però
dire che il premio avuto per il libro è arrivato senza né spinte né
raccomandazioni».
Pensa a un seguito?
«Mi piacerebbe pubblicare presto una raccolta di esperienze di stranieri famosi
che vivono oggi in Italia, e che si sentono come adottati da questa nuova ricca
terra che li ha accolti. Un modo per far convergere passato, presente e futuro
alla scoperta dell’anima. Questo libro è stato come un viaggio fatto anche
dentro me stessa perciò potrei definirlo un work in progress».
Quale consiglio si sente di dare a chi volesse intraprendere la sua strada?
«Forse il momento migliore della mia vita è stato quando vivevo in un piccolo
appartamento bohemienne nel centro di Firenze e mi sentivo completamente libera,
anche se avevo problemi economici. Lavoravo come ragazza alla pari, poi ho fatto
la commessa, l’insegnante e l’interprete. Un periodo "da soli" lo raccomando a
tutti i giovani. Fa maturare e resta un ricordo indelebile per tutta la vita».