Telegiornaliste
anno III N. 37 (115) del 15 ottobre 2007
Wim Wenders: Palermo, the dark side di
Antonella Lombardi
«Palermo è una città molto complessa e conflittuale. E’ bella, e allo stesso
tempo non è una città facile. Ha molte cicatrici che mostra con onestà, come
poche altre città al mondo sanno fare, e come non fa più Berlino. E’ questo che
mi attrae, la sua onestà nel mostrare le ferite». E’ l’impressione che Palermo
ha fatto su Wim Wenders, il regista del "Nuovo cinema tedesco"
affascinato dal «lato profondo e dark della città», dove si trova per girare il
suo prossimo film, The Palermo Shooting, storia di un fotografo
berlinese in crisi esistenziale, che a Palermo incontra una restauratrice che
scardinerà i suoi principi.
Nel cast ci sono vere e proprie leggende del cinema, come Lou Reed,
Patti Smith, Dennis Hopper e, nella parte del protagonista, Campino,
cantante di una band molto popolare in Germania, Die Toten Hosen. A impersonare
la donna che metterà in discussione le sue priorità, l’attrice italiana
Giovanna Mezzogiorno che, come lei stessa dice, dovrà «dividere la scena con
una città. Sarà una bella gara».
Alla Mezzogiorno è affidato un compito non facile: dimostrare di essere
all’altezza delle aspettative del regista, che l’ha scelta dopo essere rimasto
affascinato dal ritratto dell’Annunciata di Antonello Da Messina esposto
a
Palazzo Abatellis, a Palermo.
Come
confessa Wenders: «E’ un’impresa impossibile trovare un’attrice che abbia non
dico una vera somiglianza, ma la stessa anima e luce interiore dell’Annunciata.
Io credo che oggi questa sia Giovanna Mezzogiorno».
All’autore di Paris, Texas, Falso Movimento, The Million Dollar
Hotel e, tra gli altri, Buena Vista Social Club,
Telegiornaliste ha chiesto come, il suo sguardo, si poserà sulle
ferite della città:
«Come quello di un dottore – risponde - il regista è un po’ come un medico. Se
deve vedere bene all’interno delle cicatrici, deve prima pulire l’area,
altrimenti rischia di fare un danno maggiore».
E la doppia anima della città, sospesa tra la vita e la morte, è la
caratteristica che più ha colpito Wenders: «La cultura che ho visto a
Palermo ha un lato molto profondo e oscuro, un rapporto
particolare con la morte che scorre nel substrato della città. Io credo
che una città possa avere un forte diritto alla morte solo se ha un forte
rapporto con la vita. Laddove c’è il buio c’è anche la luce.
Il compito di un regista è quello di esporsi al luogo e alla luce dei luoghi. La
luce di Palermo, che abbiamo studiato – sottolinea il regista de Il cielo
sopra Berlino - avrà una parte importante nel film».
Una scelta stilistica che si rispecchia nella trama: «Campino è un fotografo che
ama manipolare l’immagine digitale, Giovanna è una restauratrice. Entrambi
guardano la città, ma con occhi diversi. Lo sguardo è un elemento importante nei
miei film». L’autore preferisce non aggiungere altri particolari sulla storia
che, dice, «riguarderà la vita e la morte». E se proprio deve scegliere un
genere, del suo nuovo progetto Wenders dice che sarà «un thriller romantico. Non
mi piacciono le categorie, preferisco muovermi al di fuori di esse. Trovo
difficile incasellare un film».
E’ quasi impossibile, per un regista che sceglie Palermo come set per girare
un film, raccontare una storia che prescinda dalle vicende legate alla mafia?
«Ci sono registi più bravi di me che possono fare film sulla mafia», ribatte
Wenders, e puntualizza: «Normalmente faccio film per qualcosa, non contro
qualcosa. La mia storia testimonierà l’amore per questa città».
Una città non facile, assordante, caotica, ma che con i suoi suoni ha
affascinato anche il protagonista Campino: «Mi ricorda Napoli e Buenos Aires,
dove sono stato e dove si fanno delle esperienze dure, che a me piacciono. E’
come se uno passasse attraverso il salotto di una casa privata, dove i
proprietari non sono gentili a tutti i costi, ma non sono neanche scortesi. Sono
indifferenti».
E tra le voci che comporranno la colonna sonora del film ci sarà il violoncello
di Giovanni Sollima, ma anche la voce straziante della cantante siciliana Rosa
Balistreri, come auspica Wim Wenders, che in proposito aggiunge: «C’è una
canzone in particolare di Rosa, (Quannu moru, ndr) che esprime
Palermo meglio della mia sceneggiatura».
Nella produzione della pellicola sono coinvolte la Film Commission siciliana e
la Provincia di Palermo. Un vincolo? In realtà, secondo il regista, «i
contributi regionali non sono soldi politici, io mi sento libero, mentre con
altri fondi questo non sarebbe possibile. In Europa questa è ormai una prassi,
mentre negli Stati Uniti ad esempio non succede: possono darti anche 50 milioni
di dollari, ma non sarai mai completamente libero nelle tue scelte».
Infine, una nota sul mare, a tratti trascurato o indebitamente sottratto. «I
palermitani si sono dimenticati di avere il mare», sostiene Wenders: «Questa è
una città che dà le spalle al mare, e lo trovo un aspetto molto interessante.
Non spetta a me restituirvi il mare, dovete riprenderlo da soli. Io, però, ve lo
ricorderò».