Telegiornaliste
anno V N. 11 (182) del 23 marzo 2009
Alessio Viola, un
giornalismo aperto al mondo
di Giuseppe Bosso
Nato a Roma,
Alessio Viola è giornalista professionista
dal 2003. Dopo aver mosso i primi passi nel
mondo della carta stampata, nel 2005 approda
alla redazione di Skytg24.
Alessio, un bene o un male oscurare
Skytg24 dopo aver trasmesso in chiaro per
anni?
«Per alcuni versi non è stata una cosa positiva,
ma gli anni in cui siamo stati visibili a tutti
ci hanno fatto conoscere ed apprezzare. Penso
che le offerte di Sky con i vari pacchetti in
cui è compreso anche il nostro canale siano poi
molto vantaggiose anche in termini di prezzo,
per cui abbiamo fatto un buon rodaggio. Per il
resto, sono comunque scelte di politica
aziendale».
Dalla carta stampata ti sei trovato
catapultato in tv, per giunta nel canale all
news per eccellenza. Che ricordi hai del tuo
primo impatto con la redazione?
«Bellissimo ma anche traumatico per alcuni versi.
La lunga gavetta che ho fatto per oltre dieci
anni sulla carta stampata è stata fondamentale,
ma la televisione è un sogno che ho coltivato da
sempre, da appassionato di spettacolo. Entrando
in una redazione televisiva ho vissuto un
passaggio inizialmente non facile: è stato
davvero come se avessi dovuto di colpo azzerare
quello che avevo fatto, consapevole di dovermi
adeguare ai nuovi ritmi. Ma a parte questo, è
stato un passaggio temporaneo che ho superato
grazie al lavoro e alla passione».
Il bello e il brutto di lavorare in un canale
operativo 24 ore su 24?
«Il positivo è sicuramente che siamo aperti al
mondo e che non c’è un orario preciso per gli
approfondimenti, ma siamo attenti minuto per
minuto a quello che succede nel mondo. Mi è
capitato, giorni fa, di leggere un depliant
pubblicitario di un canale straniero più o meno
come Skytg24, che rendeva bene l’idea di quella
che è la nostra attività: non esiste un orario
per una notizia. Per contro, ovviamente, ci sono
ovvi problemi di stanchezza per i carichi di
lavoro che ti porta questo tipo di informazione.
E' come doversi prendere cura di un bambino. Ma
sono cose che si superano di fronte alle
soddisfazioni che ti porta».
Agli inizi della tua carriera hai scritto
anche di Formula 1. Come giudichi le nuove norme
del Campionato mondiale che andranno a premiare
il pilota che vincerà più gare piuttosto che
quello che farà più punti?
«E' una riforma da valutare ma tutto sommato,
rispetto a tante cose che si sono proposte per
rinnovare la Formula 1, è forse la meno
criticabile».
Sei un grande estimatore di David Letterman a
quanto dici: un programma come il suo ci
vorrebbe nei nostri palinsesti?
«Assolutamente sì. Apprezzo molto il suo riuscire
a conciliare satira e attualità. In Italia forse
un programma di quel tipo lo prova a fare Fabio
Fazio, sia pure con molto buonismo nelle sue
interviste. Chi forse ci è più andato vicino era
il Daniele Luttazzi di Barracuda, anni
fa. Aveva forse una maggiore "cattiveria" simile
allo showman americano. Ci vorrebbe, sì, davvero
uno show come quello».
Hai dichiarato che un giornalista, per essere
tale, deve riuscire a non prendersi troppo sul
serio. Sarai a conoscenza dei fuori onda che
propone il
blog di
Andrea Atzori; pensi che siano un aspetto di
questa caratteristica?
«Conosco il blog di Atzori. Beh, ritengo che
quello di non prendersi troppo sul serio per far
fronte a quei piccoli schizzi di onnipotenza che
ti può creare il mezzo televisivo sia una dote
importante per poter fare bene il nostro lavoro,
per i ritmi che ti comporta. E, oltre a questo,
anche molta curiosità verso le cose».