
Telegiornaliste 
									anno IV N. 35 (160) del 6 ottobre 2008
                               Alessandro Tiberti, occhio 
								allenato per lo sport 
  								di Giuseppe Bosso 
  
  								Nato a Roma, 
								Alessandro Tiberti è giornalista 
								professionista dal 1993. Muove i primi passi in 
								alcune radio romane conducendo diverse 
								trasmissioni sul basket. Prima di approdare a 
								Raisport ha lavorato anche a Teleroma 56, 
								Videomusic e Persona tv. 
  
  Che bilancio puoi trarre, per quanto riguarda
                               
								Raisport, su Pechino 2008? 
  								«Assolutamente positivo, malgrado qualche 
								critica dovuta alla programmazione per le 
								"sporcature" relative ad alcuni risultati 
								inaspettati (ma graditissimi) di atleti italiani 
								che hanno portato a qualche variazione del 
								palinsesto. È successo, per esempio, con la 
								lotta greco-romana, una medaglia sulla quale 
								forse nessuno avrebbe scommesso. Ma al di là di 
								queste piccole cose, siamo assolutamente 
								soddisfatti». 
  
  Dopo anni di esilio, è tornato un appuntamento canonico della domenica 
								degli italiani, 90° minuto. 
  								«C’è un detto: "la messa si ascolta in chiesa", 
								e probabilmente può essere esteso a 90°. 
								Da sempre quello dei gol della domenica sulle 
								reti Rai era un appuntamento tradizionale, una 
								di quelle cose che ti rallegrano la vita. In 
								questi anni ha fatto probabilmente effetto 
								vederlo, in altro formato, sulle reti Mediaset». 
  
  Le prime giornate di campionato sono state contrassegnate da un grande 
								equilibrio e dal rendimento notevole di squadre 
								come Lazio, Catania, Udinese e Napoli, che non 
								sono propriamente ritenute da scudetto. Cosa 
								dobbiamo aspettarci per il futuro? 
  								«Credo che alla lunga emergeranno i valori di 
								forza delle grandi, dall’Inter con il suo gioco 
								al Milan con le sue stelle, e anche la Juve dopo 
								l’anno di apprendistato seguito alla parentesi 
								in serie B può assolutamente ritenersi da 
								scudetto. La Roma magari sta attraversando un 
								momento di difficoltà, a cui fa da contraltare 
								lo straordinario rendimento della Lazio e del 
								Napoli, anche. Ma credo che alla lunga saranno 
								le grandi a caratterizzare la lotta scudetto, 
								magari però ci sarà spazio anche per qualcun 
								altro». 
  
  Da un po’ di tempo molti atleti vengono risucchiati dal mondo della tv, 
								dalla Granbassi che imperversa ad 
                               
								Annozero 
  								a Magnini inviato all’Isola dei famosi. 
								Come ti spieghi questa tendenza? 
  								«Non penso siano loro a cercare notorietà, 
								quanto la televisione che offre loro questa 
								possibilità. Già in passato il binomio atleta-tv 
								ha portato a buoni risultati, vedi Montano. 
								Margherita Granbassi, per come l’ho vista io, se 
								l’è cavata bene nelle prime puntate di 
								Annozero, malgrado qualche piccola 
								imperfezione. Magnini, per contro, per ora mi 
								sembra un pesce fuor d’acqua». 
  
  Dopo le grandi soddisfazioni degli ultimi anni, il basket italiano vive un 
								momento di grande difficoltà: come mai secondo 
								te? 
  								«Per tante ragioni. A cominciare dalla crisi 
								economica, dopo la festa degli anni ’80 in cui i 
								club potevano contare su una grande 
								disponibilità. Adesso si investe solo in realtà 
								consolidate come Treviso, Siena, Milano. 
								Aggiungi le difficoltà che crea la rivalità tra 
								Lega e Federazione e il poco sostegno che 
								incontrano i ragazzini che cercano di 
								interessarsi a questo sport. I pochi talenti che 
								abbiamo, ormai, sono sempre più attratti 
								dall’universo Nba… Insomma, un quadro non certo 
								positivo. Bisognerebbe fare qualcosa per il 
								futuro». 
  
  Ha stupito l’esclusione dal campionato di due realtà come Napoli e Capo 
								d’Orlando, in particolare per il rigore che la 
								giustizia sportiva ha saputo avere nel basket. 
								Al contrario, con Calciopoli, si è assistito ad 
								una sorta di buonismo da parte degli organi di 
								giustizia. Concordi? 
  								«Mah, non penso. Ogni federazione sportiva ha le 
								sue regole e cerca di adottarle come può. Nel 
								ciclismo abbiamo potuto vedere come i controlli 
								rigidissimi abbiano portato alla squalifica di 
								un nome importante come quello di Riccò; nel 
								calcio la Juventus è incappata in quella 
								situazione ed è stata punita, ma non mi sembra 
								esatto parlare di una maggiore severità verso il 
								basket rispetto ad altri sport». 
  
  Il bello e il brutto del giornalismo secondo te? 
  								«A mio giudizio sono due aspetti che tendono a 
								coincidere: il bello è sicuramente il fatto che 
								noi, almeno teoricamente, con il nostro lavoro 
								possiamo scoprire anche quello che non va e 
								portarlo alla luce, ma per contro non sempre 
								(ormai potrei dire quasi mai...) ci è permesso 
								di farlo al meglio. Ci sono sempre maggiori 
								ostacoli al nostro lavoro, e ci accontentiamo 
								per lo più di riportare le notizie dalle 
								agenzie… Dovremmo ricordarci di essere 
  								ficcanaso, come si diceva un tempo». 
  
  Il tuo sogno nel cassetto? 
  								«Ce l’ho, ma se te lo dicessi, che sogno 
								sarebbe? Quando lo realizzerò, sarai il primo a 
								saperlo!».