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Luca TeleseTelegiornaliste anno V N. 23 (194) del 15 giugno 2009

Luca Telese: Tetris, la mia rivoluzione di Giuseppe Bosso

Giornalista professionista, Luca Telese giunge nel 1999 a Il Giornale dove viene assunto, sebbene politicamente di idee di sinistra, da Maurizio Belpietro. Ben presto, l'approdo al mondo della tv: Teleambiente, Rai, Italia 1, Raisat e oggi La7 dove conduce Tetris. Il suo ultimo libro si intitola Qualcuno era comunista, e racconta la fine del Pci in Italia dopo la caduta del muro di Berlino.

Luca, giochi fuori casa nella tua esperienza a Il Giornale. Come ti trovi?
«Bene, grazie. È un grande stimolo per me. Quando Maurizio Belpietro mi chiamò precisai subito che ero di sinistra, ma lui mi rispose con un sorriso: "Per me non è un problema". Patti chiari, amicizia lunga: abbiamo posto così le basi per un eccellente rapporto. In dieci anni non ho mai avuto censure. Direi che il contrario, un giornalista di destra all'Unità, non l'ho ancora visto».

La7 è un'isola felice nella selva oscura dell'informazione made in Italy?
«Certo, ti offre un'autonomia piena e grandi spazi per sviluppare nuove idee. Antonio Campo Dall'Orto ci chiamò da Raisat senza porci nessun vincolo di nessun tipo per sviluppare Tetris e, mi preme sottolinearlo, non c'è stato bisogno di appoggi di natura politica».

Da appassionato del Brasile e da autore di un libro su Lula, che idea ti sei fatto del caso Battisti?
«I brasiliani, purtroppo, sono vittime di una porcata ideata dai francesi che hanno dipinto questo cialtrone di Battisti come una vittima perseguitata dall'Italia. Malgrado tutto quello che è successo, amo questo Paese - in cui ho mio figlio - e mi ha appassionato la storia di questo personaggio che dalle favelas pernambucane, passando per le fabbriche dove perse un dito, è diventato presidente di uno dei Paesi più grandi del mondo, conquistando una grande popolarità tra i leader mondiali».

Da cosa nasce il format di Tetris?
«Dall'idea di incastonare la politica nella realtà di oggi, commissionandola anche con lo spettacolo. La contaminazione di generi è inevitabile se si vuole descrivere la realtà del nostro Paese. Ormai è più difficile avvicinare la Ventura che un ministro. È questo Tetris: un tentativo di rivoluzione linguistica per raccontare questa rivoluzione».

Non sono mancati momenti forti, come la quasi rissa tra Michele Placido e il governatore Lombardo. Come credi debba porsi un conduttore in questi casi?
«Se il confronto è vero, e la rissa non è una invenzione pubblicitaria, l'unica via che concepisco è evitare che la rissa degeneri, che non arrivi al contatto fisico. Sarebbe sciocco bloccare l'esplicitazione del contrasto, come si fa da altre parti. Questa è la differenza fra uno show autentico e i tanti cloroformizzati che ci propina la tv finto buonista».

Si può fare dibattito politico anche parlando di personaggi come Noemi Letizia e Fabrizio Corona?
«Storie diverse. L'affaire Noemi è una vicenda che in altri Paesi sarebbe trattata come dovrebbe; nessuno può credere che si tratti di una "vicenda privata" proprio perché riguarda un personaggio come il Presidente del Consiglio. Quanto a Corona, ritengo che sia stato bravissimo nella puntata in cui l'ho invitato, contrariamente a quella sinistra chic con la puzza sotto il naso che mi ha criticato per averlo voluto, essendo ancora legata a quella mentalità citrulla e snob. Quella secondo cui, per parlare di veline e politica, devi chiamare cinque filosofi. A Tetris questo non lo facciamo nemmeno sotto ricatto. Ben venga Corona che ha dimostrato una grande intelligenza e non ha voluto - rimborso spese viaggio a parte - gettoni di presenza».

Cosa suggeriresti ad un giovane che voglia avvicinarsi al giornalismo?
«Sul mio sito c'è una mia lezione sul come "non" si diventa giornalisti: non seguire le indicazioni dei vecchi 'babbioni', fregarsene delle richieste del committente, non cercare scorciatoie come suggeriscono i finti indipendenti. Molti dicono: e come posso sperare di farcela? C'è un esempio clamoroso: quello di Roberto Saviano, il ragazzo con il motorino che gira come inviato di se stesso, e da questo girovagare operoso estrae un mega-seller da due milioni di copie».

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