Telegiornaliste
anno II N. 38 (70) del 23 ottobre 2006
Cristina Stanescu, giornalista animalista
di
Nicola Pistoia
Questa settimana abbiamo incontrato per i lettori di Telegiornaliste
Cristina Stanescu di Studio Aperto.
Quando e come ha iniziato ad appassionarsi al giornalismo?
«Ho iniziato al secondo anno di università. Avevo lasciato da un anno la Bocconi
e optato per filosofia. Conscia del fatto che una laurea in questa materia non
mi avrebbe portato molto lontano, ho iniziato a collaborare gratuitamente per un
giornale del Canton Ticino: La Gazzetta Ticinese, pensando di cominciare
così ad accumulare esperienza. Scelta premiante perché a 23 anni oltre alla
laurea potevo vantare tre anni di collaborazioni fisse, tra carta stampata e
televisione (Telecampione), vantando una marcia in più rispetto agli altri
neolaureati. La scelta è caduta sul giornalismo come ripiego. Ho sempre voluto
scrivere ma pensavo che non sarei riuscita a campare solo con i romanzi.
Così ho coniugato la passione per la scrittura con un mestiere che mi sembrava
più accessibile e sicuro... mi sembrava, perché non lo è di certo! Poi,
scrivendo e scoprendo la televisione è nata la vera passione per il giornalismo,
che ancora, grazie al cielo, non si è spenta».
Le piace il lavoro di inviata o anche lei aspira alla conduzione del tg?
«Ho avuto modo di condurre tante trasmissioni, da piccoli spazi locali,
regionali a prodotti nazionali, da Planet a Fuego a Bellavita,
su Italia1. Il video è senza dubbio un'attrattiva e dà molta soddisfazione sul
piano personale.
La vita quando si è riconosciuti è molto più facile. Ma dipende tutto dal
carattere. Per me quel poco di popolarità à stata un incubo. Se si è timidi
credo che andare in video per condurre sia una forzatura. Nel mio caso
l'innaturalità del ruolo mi faceva sentire a disagio, esattamente come se fossi
su un palco
a recitare una parte che non mi corrispondeva, senza sentire d'altra parte di
portare un contributo ai contenuti che esponevo. Credo insomma che il conduttore
sia un mestiere a parte, per cui si deve essere tagliati. Un giornalista non
deve esserlo a tutti i costi. Altra cosa andare in video per raccontare quello
che si vede. Questo lo faccio volentieri perchè la mia faccia, la mia voce, i
miei occhi commentano una situazione viva che ho davanti e non si rivolgono a
una telecamera cieca. In questo caso la mia apparizione in video mi sembra
naturale e giustificata perchè aggiunge valore al racconto, facendomi sentire
maggiormente in sintonia con la realtà».
A chi ritieni di dovere di più professionalmente?
«Agli operatori di ripresa che mi hanno insegnato l'abc delle immagini».
Voi giornalisti di Studio Aperto montate i servizi da soli: è
impegnativo?
«Sì, è impegnativo ma estremamente creativo e stimolante».
Come riesce a conciliare il lavoro di giornalista con la vita privata?
«Riesco perfettamente, avendo un marito giornalista che condivide i miei tempi e
problemi. E poi non ho sempre la valigia in mano. Durante la gravidanza, ad
esempio, sono stata sempre in redazione».
Chi apprezza di più fra le sue colleghe giornaliste, anche di altri tg?
«Non ho mai avuto muse. Guardo, imparo, cerco di non copiare e di crearmi uno
stile mio».
E' nota a tutti la tua passione per gli animali...
«Sì, una passione nata da piccola e portata avanti con costanza. Il lavoro non è
fine a se stesso, non dico debba essere una missione, ma il fare e l'aver fatto
qualcosa per loro, denunciando maltrattamenti e abusi in televisione mi ha fatto
sentire umanamente più utile e professionalmente più matura».
Un consiglio a chi volesse intraprendere questa dura strada?
«Buttarsi senza ascoltare i menagramo ma fuggire ugualmente il mito della
televisione, del faccionismo, dei privilegi. Se si va in un tg solo per fare la
bella statuina si rischia una vita professionale infelice».