Telegiornaliste N. 27 del 14
novembre 2005
Salvo Sottile, cronista-conduttore di
Filippo Bisleri
Salvo Sottile ha, in pratica,
sempre fatto il giornalista. Un po’ sognava di fare questo lavoro da
bambino, un po’ l’ha inseguito, un po’ ne è stato coinvolto. Il suo
è un nome legato, nella mente del pubblico, ai fatti di
cronaca della Sicilia, ma anche all’indimenticabile speciale
sull’attacco alle Torri gemelle.
Salvo, la tua vita era destinata alla carriera giornalistica…
«Beh, diciamo di sì – replica -. Finito il liceo ho cominciato a
collaborare con piccole testate e soprattutto nell’ambito della
carta stampata. Quindi sono approdato in tv all’emittente sicula
Telecolor video 3 che, una volta diventata esclusiva per le
immagini della Sicilia per Mediaset, mi ha portato in orbita
Mediaset con contatti sempre più frequenti prima con la produzione
del Tg, poi come segnalatore di eventi, e quindi come
corrispondente. Fino all’assunzione, con la scommessa su un giovane,
da parte di Mentana,
che apprezzò particolarmente le mie 13 ore continuate di servizi
sulla strage di via D’Amelio che il Tg5 diede per primo in
Italia. L’approdo al Tg5 ha realizzato il mio sogno di bambino che
guardava tanti telegiornali: portare io,
per mano, il telespettatore alla scoperta degli eventi».
Che differenze hai trovato tra carta stampata e televisione?
«Sono due mondi diversi – sostiene Sottile -. La carta stampata
scrive di un fatto, spesso, una sola volta e comunque riesce a
scriverne sempre. La televisione, invece, è costretta a frequenti
passaggi, a continui aggiornamenti e, in qualche caso, non può avere
le immagini per raccontare una storia che, invece, la carta stampata
può descrivere. Intendo dire che la penna del cronista della carta
stampata ha molte possibilità, quella del giornalista televisivo
acquisisce forza se ha le immagini».
Hai lasciato Mediaset per Sky e poi hai fatto ritorno alla “casa
madre”, ne parliamo?
«Nessun problema a farlo» dice Salvo.
Con quali motivazioni sei andato a Sky?
«Sono andato via da Mediaset per confrontarmi con una realtà giovane
e diversa – spiega il conduttore del Tg5 -. Mi intrigava la sfida
del Tg “all news” proposta da Sky e, il 31 agosto 2004, sono stato
il primo conduttore del Tg Sky 24. Poi mi è stato chiesto di
ideare e condurre il settimanale di approfondimento Scatola nera.
Il problema era che non avevo personale al mio fianco e la
disponibilità dei giornalisti del tg era condizionata ad altri
servizi. A febbraio Carlo Rossella e
Lamberto Sposini mi hanno richiamato e io, di fronte al
commovente richiamo della mia “casa madre” giornalistica, non ho
resistito e sono tornato. Va detto però che a Sky ho imparato molto,
a cominciare da come si gestiscono i tempi delle dirette e da come
si sta in studio».
Hai avuto come direttori Mentana, Carelli e Sposini; cosa ti hanno
insegnato?
«Tutti mi hanno insegnato molto – è la pronta risposta -. Con
Carelli ho avuto rapporti prima da collega e poi da direttore, però
ho potuto condividere meno. Chi certamente ha inciso molto sulla mia
carriera sono stati Mentana (con Sposini) e Rossella. Mentana mi ha
insegnato tutto quello che so. E con lui Lamberto Sposini.
All’inizio rischiò fidandosi di un ragazzo così giovane, e a volte è
stato duro con me, ma così mi ha fatto crescere professionalmente.
Carlo Rossella, invece, è un grande giornalista che concepisce il tg
come un grande viaggio di mezz’ora. L’avevo già conosciuto a
Panorama e, con lui, ho coniugato lezioni di giornalismo di
carta stampata a quelle del giornalismo del video. Con lui, e grazie
a lui, al Tg5 è restato quel clima sereno portato a suo tempo da
Mentana».
Oggi le corrispondenti dal sud sono Valentina Loiero e Annamaria
Chiariello. Che ne pensi?
«Bravissime entrambe – dice – per come si muovono in territori non
facili come la Sicilia e la Campania».
E della tua collega di conduzione
Barbara Pedri che dici?
«Che, professionalmente parlando, è semplicemente fantastica –
spiega -. Quando Giuseppe Brindisi è passato a Verissimo lei
mi ha accolto benissimo, mi ha spiegato i trucchi per andare in
video e gestire al meglio la difficile edizione del Tg5 delle 13.00.
Barbara fa parte della redazione esteri ed è preparatissima. Al
punto che condurre con lei è divertente e mi insegna qualcosa ogni
giorno».
Quale differenza tra lavoro in esterna e in studio?
«Il lavoro in esterna è complicato – spiega – perché chiede la
gestione delle emergenze, ma forse questa è la vera adrenalina del
giornalismo. Il lavoro dello studio, invece, ti costringe ad essere
sempre informato per non dimostrare superficialità nella
conduzione».
Hai modelli di giornalisti?
«Direi di no – afferma – anche se mi piace molto il tono
giornalistico di Sergio Zavoli e apprezzo il collega Toni Capuozzo,
di cui sono grande amico. E non posso dimenticare di citare gli
speciali da favola realizzati sia per Mediaset sia per la Rai da
Lamberto Sposini».
Cosa pensi del giornalismo sportivo?
«È un settore che conosco poco – dice -. Dello sport seguo solo il
mio Palermo. Ai giornalisti sportivi invidio l’assenza dell’ansia da
“buco” che sperimentano i cronisti sia del video sia della carta
stampata».
Palermo è stata la tua palestra di giornalismo...
«Certamente sì – ricorda -, lavoravo anche 17, 18 ore al giorno per
poche centinaia di migliaia di lire, da ragazzino. Ma dico anche che
10 anni da cronista di “nera” a Palermo equivalgono a 30 a Bolzano.
Certo, quando sono approdato alla redazione di Mediaset a Roma, e
poi a Sky, ho cercato di svincolarmi dall’immagine del cronista “dei
fattacci” cercando di dimostrare che Salvo Sottile sa fare anche
altro giornalismo. Credi ci sia riuscito?».