Telegiornaliste
anno IV N. 25 (150) del 30 giugno 2008
Anna Scafuri, sapori DOC al Tg1
di Giuseppe Bosso
Anna Scafuri, giornalista
professionista dal 1991, cura dal 2004 la rubrica enogastronomica
Terra e Sapori, in onda ogni venerdì durante il tg delle 13.30.
Giornalista enogastronomica per scelta propria o altrui?
«Assolutamente per scelta mia, naturalmente con l’appoggio e la fiducia del
caporedattore e del direttore. Curo con molta passione ed entusiasmo questa
rubrica dedicata all’agricoltura e all’alimentazione, temi che meriterebbero
maggiore spazio».
Uno sguardo all’attualità e al caso mozzarella di bufala che si è abbattuto
sulla Campania e non solo. Cosa ne pensa?
«E' una vicenda drammatica che ha creato molta confusione anche per il modo con
cui è stata affrontata dai media, e per il rincorrersi di notizie qualche volta
contraddittorie. La risposta delle autorità sanitarie è stata pronta ed
immediata, ma inevitabilmente molti Paesi concorrenti dell’Italia hanno
approfittato di questo clima che si era creato. La responsabilità è soprattutto
della camorra che scarica i rifiuti industriali nella regione dove sono nata.
Conforta il fatto che, in nessuno dei caseifici dove si produce mozzarella DOP,
siano state riscontrate irregolarità. Che occorrano monitoraggi e verifiche è
innegabile, soprattutto in un territorio così fragile, ma non dobbiamo allarmare
la gente più della realtà».
E infatti la vicenda della mozzarella è solo l’ultima di una serie di
emergenze alimentari che abbiamo vissuto in questi anni, come la mucca pazza e
l’influenza aviaria. Talvolta, però, è sembrato che i media tendessero ad
amplificare la portata delle vicende, lei è d’accordo?
«Certo. Purtroppo è una tendenza che abbiamo noi giornalisti, e tante volte non
ci rendiamo conto del danno che creiamo. Basti pensare all’inchiesta
dell’Espresso in occasione di
Vinitaly, ribattezzata Velenitaly
dall’articolo
che ha creato scalpore. Anche in questo, ahimé, chi ci guadagna sono i
concorrenti dei prodotti italiani. Io credo nella magistratura che riesce sempre
a mettere le mani sui frodatori di turno, e anche in questo caso la realtà era
di portata minore rispetto a quanto si era tentato di rappresentare. Le notizie
vanno date, ma nella massima trasparenza e correttezza, perché altrimenti si
rischia di danneggiare settori che sono portanti nella nostra economia».
L’agroalimentare italiano risente, al pari di altri settori, della
contraffazione e della presenza nei nostri mercati di prodotti stranieri,
soprattutto cinesi. Di chi sono le responsabilità maggiori?
«Le istituzioni non possono chiamarsi fuori, a cominciare dall’Unione Europea
che non riesce ad imporsi adeguatamente al di fuori dei suoi confini».
A chi rivolge maggiormente la sua attenzione nel curare la rubrica del Tg1?
«Ai consumatori che devono orientarsi in un momento economicamente non facile in
cui le famiglie fanno fatica ad andare avanti. I miei principi guida sono
questi, con uno sguardo particolare soprattutto ai temi dell’attualità».
E’ vero che in rubriche come la sua si punta più alla qualità che agli
ascolti?
«Certamente, almeno per quanto mi riguarda. Anzi, è difficile che io segua come
vanno gli ascolti che so essere buoni, in particolare da quando ci siamo
spostati dal tg della domenica a quello del venerdì. La cosa che più mi preme è
dare spazio a quei temi e a quegli argomenti altrove poco rilevanti, di cui
invece il pubblico consumatore ha grande esigenza. E in questo posso dire di
essere affiancata da una squadra validissima, a cominciare dai bravissimi
addetti al montaggio, in particolare da Marco Alfonsi che cura egregiamente
l’edizione».
La nascita di canali satellitari a tema possono sottrarre spazi come quelli
della sua rubrica alla tv generalista?
«Non direi. Questi canali sono rivolti principalmente al pubblico degli addetti
ai lavori che inevitabilmente richiede un linguaggio più tecnico e specifico.
Noi invece puntiamo alla generalità dei telespettatori. Questo, certo, ci impone
talvolta di sacrificare qualcosa, ad esempio una presentazione più specifica di
certi tipi di vino o di alimenti. Ma come dicevo prima, è all'attenzione verso
le esigenze dei consumatori che è orientato il nostro lavoro».
Continuerà ad occuparsi di temi enogastronomici?
«Spero di sì, è un settore a cui ho dedicato gli ultimi anni della mia vita
professionale e vorrei proseguire nei prossimi anni. A maggior ragione perché ho
la fortuna di lavorare in piena libertà».
Quindi non ha mai subito condizionamenti di alcun genere?
«Assolutamente no. Ho sempre avuto un ottimo rapporto con i vari direttori che
si sono succeduti in questi anni, e tutti mi hanno sempre dato piena autonomia
nella gestione dei servizi, nelle scalette e nei temi da trattare. Ho un
buonissimo rapporto soprattutto con il vicedirettore Claudio Fico, che ha molto
creduto in questa rubrica fin dalla sua creazione, quattro anni fa, da parte del
direttore
Clemente J. Mimun».