Telegiornaliste
anno III N. 6 (84) del 12 febbraio 2007
Angelo Santoro, una "iena" di
giornalista
di Nicola Pistoia
Angelo Santoro ha
42 anni. Non è parente di Michele, e infatti alle Iene
era soprannominato “il meno famoso”. Figlio di un
carabiniere pugliese e di una casalinga altoatesina, inizia
la carriera giornalistica alla fine degli anni Ottanta nella
redazione dell’emittente veronese TeleArena. In
seguito collabora a lungo col quotidiano La Nuova
Sardegna e con l’emittente regionale Sardegna Uno. Tra
il 1998 e il 2001 scrive per il settimanale satirico
Cuore, è autore di programmi radiofonici per
RDS – Radio
Dimensione Suono, e realizza numerosi servizi per la
trasmissione Mediaset Le Iene. Nel 2001 viene assunto
a
Studio Aperto, dove conduce l’edizione delle 12.25.
Angelo, se le proponessero di partire come inviato di
guerra, sarebbe pronto o rinuncerebbe?
«Solo tre anni fa avrei risposto senza esitazione sì, con la
valigia già pronta in mano. Oggi no, non partirei. Con
l’età, cambia l’ordine delle priorità della vita. La cosa
più importante per me oggi è la famiglia che sto costruendo.
Mia moglie,
Cristina Stanescu, anche lei giornalista. E mio figlio
Leonardo, nato solo quattro mesi fa. Rinunciare a loro,
magari per mesi, è un prezzo troppo alto da pagare. Poi al
fronte c’è troppa ressa, vogliono diventare tutti inviati di
guerra. E nessuno scrive più le tante storie di casa nostra.
Migliaia di piccoli conflitti senza cannoni che
meriterebbero di essere raccontati, ma che hanno poco
fascino per chi si avvicina al giornalismo».
Lei ha lavorato in una delle trasmissioni satiriche più
importanti della tv, Le Iene. Ci spiega questo
passaggio un po' insolito?
«Alle Iene facevo il giornalista. Prima ancora,
facevo il giornalista anche scrivendo per il settimanale
satirico Cuore. E ora faccio il giornalista a
Studio Aperto. Cambiano i contenitori, le testate, i
direttori. Ma il mestiere è lo stesso. Credo che la dote più
importante di chi fa questo lavoro è l’essere consapevoli
dei propri limiti. La vera "Iena" è un fuoriclasse, come
Enrico Lucci. Io sono solo un modesto artigiano della penna.
E già tanto che il direttore di Studio Aperto, Mario
Giordano, mi abbia offerto un’opportunità professionale che
molti sognano: condurre il quarto telegiornale per ascolti
in Italia».
Da un punto di vista giornalistico, secondo lei, hanno
fatto bene quelli delle Iene a realizzare un servizio
sull'uso di droga da parte di alcuni parlamentari? E il
fatto di interrompere la trasmissione del video?
«La legge prescrive che i dati sensibili, ad esempio quelli
sanitari, debbano essere tutelati. Ma il diritto alla
privacy prevede nomi e cognomi, oppure volti riconoscibili.
In questo caso, veniva garantito l’anonimato. Con la stessa
procedura erano stati testati i giovani in discoteca e tanti
altri. Conoscendo gli autori del programma, credo che lo
scopo dell’inchiesta non fosse tanto dimostrare che i
politici si drogano, ma che la droga ormai è diffusa
ovunque. Nei locali, negli ambienti di lavoro, nelle
famiglie e pure in Parlamento. Detto questo, lo stop del
Garante – per quanto legittimo - ha avuto un po’ troppo il
sapore amarognolo dell’avvertimento: vietato disturbare i
potenti».
Il vostro tg viene accusato di dare troppa importanza a
notizie frivole piuttosto che ad eventi seri ed importanti.
Cosa pensa a riguardo?
«Che tutti hanno il diritto di usare il telecomando. Se una
cosa piace, la si guarda. Se no, si cambia canale. Credo che
Studio Aperto abbia quantomeno il pregio di
avvicinare all’informazione tanti giovani che normalmente
non leggono i quotidiani, sono disinteressati alla politica
e a ciò che accade attorno a loro. La struttura rapida,
snella e informale del nostro tg affianca i fatti più
importanti della giornata a servizi più leggeri. Ma se
guardate bene, in quella mezzora c’è tutto. E’ vero, si
parla spesso di personaggi televisivi. C’è la cronaca rosa.
Ma anche inchieste sulle emergenze ambientali, sul mondo
della scuola, sull’emarginazione, sul razzismo. Vorrei
ricordare i reportage dall’Iraq e dall’Afghanistan della
nostra Gabriella Simoni. Con lo scoop sull’incidente aereo
di Linate Massimo Miori ha vinto il premio Ilaria Alpi.
Maurizio Zuffi è stato il primo ad intervistare Annamaria
Franzoni. Abbiamo svelato tante magagne della burocrazia
italiana. Quel che vedo, piuttosto, sono tanti altri
telegiornali considerati “seri” che lentamente stanno
cominciando ad “alleggerirsi”. Mi verrebbe da dire, a
studioapertizzarsi…».
Chi dei suoi colleghi, anche di altri tg, apprezza
maggiormente?
«Vorrei avere il coraggio di Milena Gabanelli di Report,
l’onestà intellettuale di Alessandro Sortino delle Iene,
la malizia di Claudio Sabelli Fioretti, l’ironia di Michele
Serra… e lo stipendio di Bruno Vespa!».