Telegiornaliste
anno III N. 27 (105) del 9 luglio 2007
Attilio Romita: la mia vita per un po’ di mondanità
di Nicola Pistoia
Attilio Romita, nato
il 1° agosto del 1953 a Bari, laureato in Giurisprudenza, ha iniziato la
carriera giornalistica in radio e tv locali. All'inizio giornalista sportivo,
Romita è passato alla politica interna quando è entrato nella redazione della
sede Rai di Bari.
Nel 1990 è stato trasferito a Roma al Gr1 e
successivamente al Tg2, dove nel 1995 è diventato conduttore
incominciando dall'edizione della notte, fino a quella delle 20.30.
Nel 2003 è passato al Tg1 dove ha ritrovato
Clemente Mimun che lo aveva voluto conduttore al Tg2.
Le piace la vita mondana...
«La vita mondana è bella se non è dominata dalla sfrenata
voglia di apparire. Insomma mi piace la mondanità se è fatta di tavole ben
apparecchiate, vini eccellenti, belle donne, uomini eleganti e buona musica».
Lei è considerato, tra i giornalisti della tv, quello più
mondano. Presenzia in diverse trasmissioni televisive
e viene spesso fotografato dai paparazzi. Questo influisce sull'autorevolezza di
un giornalista?
«Mi pare tutto regolare e in linea con i comportamenti che un
giornalista della tv pubblica deve tenere: accetto gli inviti alle trasmissioni
dove mi diverto e alle serate dove so di incontrare amici simpatici. Di norma
vengo fotografato dai paparazzi in compagnia di mia moglie. Credo che
l'autorevolezza di un giornalista si misuri nelle situazioni in cui deve
dimostrare cosa è capace di fare, e non durante il suo tempo libero. Conduco tg
nazionali da una dozzina di anni e non mi pare che si siano verificati incidenti
professionali degni di nota. Non basta?».
Cosa pensa dei tantissimi suoi colleghi che dal
giornalismo sono passati a fare spettacolo?
«Buon per loro, ma io preferisco condurre un telegiornale
importante come il Tg1 delle 20.00. Questa conduzione mi è stata offerta
a suo tempo da Mimun e poi confermata da Riotta. Io sono grato ad entrambi e
credo che per nessuna ragione al mondo vi rinuncerei, neppure se mi dovessero
offrire la conduzione di un programma di successo. Cosa che peraltro non è mai
venuta in mente a nessuno».
Siamo stati investiti dal caso "Vallettopoli". Abbiamo
ascoltato i pareri di tante persone: lei cosa pensa? Il giornalismo, secondo
lei, come reagisce di fronte a queste cose?
«Vallettopoli è figlia del nostro tempo. Un film del geniale
Muccino con la Romanoff aveva anticipato in qualche modo tutto quello che poi
abbiamo letto sui giornali e nei verbali degli interrogatori. Io sono del parere
che tutto il marcio vada ripulito, senza fare di tutta l’erba un fascio.
Non è vero che tutte le aspiranti attrici o conduttrici sono
disposte ad andare a letto con chiunque pur di avere un parte, e non è vero che
tutti i potenti della tv e del cinema assegnano solo ruoli di rilievo alle “gnocche”
disposte ad andare a letto con loro. Insomma non tutto è marcio, ma le furbe ed
i corrotti vanno presi a calci nel sedere».
Cosa non le piace?
«Non mi piace la vita mondana popolata da morti di fama
che perdono il sonno pur di apparire».
Il sogno nel cassetto che vorrebbe vedere realizzato?
«Il mio sogno nel cassetto è piuttosto scontato. Da
giornalista che si occupa di politica da molti anni mi piacerebbe condurre un
talk show in stile Porta a Porta. Mi accontenterei che mi fosse affidata
una trasmissione del genere Sottovoce. Mi piace, infatti, l’idea di poter
tirare fuori l’anima dei personaggi intervistati, un po’ come fa Gigi Marzullo,
ma io forse oserei un po’ di più».