Telegiornaliste
anno V N. 10 (181) del 16 marzo 2009
Benedetta Rinaldi, il mio
essere acqua e sapone
di Giuseppe Bosso
Nata a Roma,
Benedetta
Rinaldi è giornalista pubblicista dal 2004.
Muove i primi passi nell’emittente radiofonica
romana Radio Meridiano 12. Approda quindi in
Rai, dove si fa notare soprattutto come inviata
nel programma di informazione religiosa A sua
immagine. Attualmente conduce un programma
su Radio Vaticana mentre, da aprile, sarà su
RaiTre in una nuova produzione di Giovanni
Minoli.
Benedetta, all’indomani della vicenda di
Eluana Englaro viene da chiedersi perché la
Chiesa spesso interferisca fortemente nella vita
sociale, rischiando così di allontanarsi dai
fedeli. Cosa ne pensi?
«Ritengo che la popolarità non sia una delle
missioni della Chiesa che, invece, cerca di
conservare le verità che ha sempre sostenuto.
Che poi possa apparire impopolare è un altro
discorso, ma non può negare i principi che deve
difendere».
Ritieni ci sia spazio per programmi religiosi
nei palinsesti dei giorni nostri dove domina,
invece, il genere del reality e del trash?
«Oltre alla religione sono l’approfondimento e
l’informazione a subire una pesante sproporzione
rispetto alla televisione leggera e ai reality.
È una moda dilagante e non è certo una bella
cosa».
Inviata di
A sua immagine, speaker di
Radio Vaticana: per scelta o per caso la
religione è la strada che hai seguito?
«Seppure lavori in ambito cattolico, non parlo di
questo argomento sempre e comunque. Ad esempio
Radio Vaticana non ha una programmazione
monotematica: è capitato ultimamente di fare uno
speciale su San Valentino o trasmissioni
dedicate al confronto generazionale. Sono
cattolica e, iniziando nel campo
dell'informazione religiosa, è venuto quasi
naturale proseguire per questa strada, ma mi
capita comunque di fare anche altre cose».
Tra i personaggi che hai avuto modo di
intervistare, quali ti hanno maggiormente
colpita?
«Tanti, noti e meno noti. Sono rimasta
affascinata dalla gentilezza e dall’enorme
disponibilità verso i giovani di un personaggio
come Renzo Arbore, ma anche dai tantissimi padri
di famiglia, studenti, disabili. Insomma, da
persone genuine che mi hanno lasciato a bocca
aperta con le loro esperienze di vita».
Un anno fa realizzasti uno special sulla
Giornata Mondiale della Gioventù: cosa ricordi
di quell’esperienza?
«Sono stati giorni fantastici, ho girato
l’Australia insieme a un gruppo di ragazzi
pugliesi emozionati per la grande possibilità di
incontrare il Papa. Per loro, diversamente da
noi che viviamo a Roma, è una cosa che non
capita certo tutti i giorni. Mi ha colpito
vedere come si adattavano in una realtà
completamente diversa dalla loro. E poi mi ha
colpito il bellissimo paesaggio di questa terra
dove ti basta girare pochi chilometri per
cambiare completamente scenario e ambiente».
Eventi come questi possono riavvicinare i
giovani alla fede?
«Certo, lo dicono i numeri. Basti pensare a come
Giovanni Paolo II sia riuscito, nel giro di
pochi anni, a radunare alcune migliaia di
giovani nelle prima Giornata fino ai due e più
milioni di ragazzi che si incontrarono a Roma
nel 2000».
Cosa significa per te lavorare a Radio
Vaticana e quali differenze hai riscontrato tra
radio e tv?
«Radio Vaticana, contrariamente a quanto si possa
pensare, è una vera oasi di libertà, in cui ho
grandi spazi per la creazione dei programmi e la
gestione dei tempi e degli ospiti. Sono stata
davvero fortunata a trovare persone che hanno
subito avuto fiducia in me e penso di essere
riuscita a guadagnarmi la loro stima e la loro
fiducia nella mia creatività. È una cosa diversa
rispetto alla tv dove gli spazi sono
inevitabilmente ristretti. Un servizio per la tv
deve essere impostato per tre minuti laddove il
programma radiofonico ti permette di
approfondire per quasi un’ora».
La tua è l'immagine di una ragazza acqua e
sapone. Questo è il modello che dovrebbe essere
promosso dalla televisione?
«Beh, anzitutto ti ringrazio se è questa l’idea
che ti ho dato. La televisione cerca
inevitabilmente di promuovere l’immagine, io
cerco di essere quella che sono senza voler
apparire diversa e la gente che incontro mi dice
che in me vede freschezza e spontaneità. Come
spettatrice non mi piace, per contro, vedere
come tanti cerchino di mostrarsi diversi da
quello che sono».
A sua immagine ha lanciato una delle
conduttrici di punta di Raiuno,
Lorena
Bianchetti. Vorresti ripercorrere le sue
orme?
«Lorena la conosco bene, è un esempio da seguire
anche se il suo percorso è stato notevolmente
diverso dal mio. Personalmente mi sento più
vicina ad altre conduttrici come la Bignardi o
la Colò, e vorrei crearmi degli spazi in cui
parlare di approfondimento culturale e di
informazione, piuttosto che il varietà in cui mi
sentirei alquanto spaesata. Forse anche perché
non ne ho mai fatto...».
E per il futuro cosa sogni?
«Ad aprile inizio una nuova avventura e devo
ringraziare Minoli per la possibilità, una
persona che da sempre cerca di lanciare giovani
talenti. Mi piace La storia siamo noi ed
è su quel modello che vorrei impostare la mia
carriera tv».
Quali sono le difficoltà che hai incontrato
nel conciliare lavoro e vita privata?
«Malgrado la mia non sia ancora una carriera a
livelli spasmodici, inevitabilmente ho
incontrato molte difficoltà da questo punto di
vista. Non è facile per me dedicarmi ai miei
affetti, alla famiglia e agli amici, visto che
lavoro soprattutto nel week-end, cioè quando
normalmente la gente riposa. Gli amici, però,
capiscono e mi sostengono. Ritengo che la
qualità sia più importante della quantità. Per
questo, quando rivedo un amico dopo tanto tempo,
cerco di ottimizzare al meglio anche quei pochi
minuti in cui stiamo insieme. E comunque, non si
può vivere di solo lavoro!».