Telegiornaliste anno II N. 17 (49) del 1 maggio 2006
Piergallini, una giornalista che cresce di
Filippo Bisleri
Roberta Piergallini è, dal 2006,
una delle brillanti redattrici del
Maurizio Costanzo show. Marchigiana, sta pian piano costruendo, con
sagacia e competenza, la sua carriera professionale. L’abbiamo
incontrata per farle alcune domande per le lettrici e i lettori di
Telegiornaliste.
Roberta,
come hai scelto di fare la giornalista?
«Fin da piccola, almeno inconsciamente, ho saputo che avrei svolto questo
mestiere. Alle elementari già mi occupavo del giornalino della scuola, ma la
mia prima e vera esperienza professionale nel settore giornalistico è
stata nel 1998, anno in cui ho iniziato a collaborare con un’emittente
televisiva della mia regione. L’impatto è stato senza dubbio forte, tutte le
mattine, alle 7.30 in diretta, conducevo la rassegna stampa, leggendo
tutti i titoli dei principali quotidiani locali e nazionali. Fin dai primi
tempi, ho capito che quella doveva essere la mia professione, malgrado la
levataccia mattutina, ero molto stimolata da ciò che svolgevo. Molti
telespettatori, che mi seguivano, spesso mi fermavano per strada, dicendo
che per loro era un vero piacere svegliarsi al mattino, accendere la tv e
vedere me che li informavo sui fatti del giorno. È stata una bella
gavetta, per certi versi gratificante, che ricordo con un pizzico di
nostalgia».
Cosa ti piace di più della professione giornalistica?
«Il bello di questa professione sta nel conoscere sempre gente nuova e
situazioni di ogni tipo. Credo di essere una persona molto curiosa e
questo mestiere viene a soddisfare ogni mia esigenza in tal senso. Se a un
giornalista dovesse venire a mancare la curiosità, credo dovrebbe
smettere immediatamente di fare questo mestiere».
Cosa significa lavorare con
Maurizio Costanzo?
«Lavorare con Maurizio Costanzo, mostro sacro della televisione e del
giornalismo italiano, è un privilegio che non capita a molti. Devo ritenermi
fortunata di essere stata scelta da lui personalmente per lavorare in una
trasmissione storica quale il Maurizio Costanzo show, che dallo
scorso settembre è sul digitale terrestre Mediaset. Costanzo è
l’emblema della professionalità unita a grande intuizione ed umanità.
Sto cercando di apprendere il più possibile da lui».
Hai una preferenza per il giornalismo televisivo o ti piacciono anche altri
media come la carta stampata o la radio?
«Ho avuto varie esperienze per la carta stampata, collaborando con Il
Resto del Carlino e Il Messaggero (redazioni ascolane), nonché
con il periodico Il Piceno, ma credo che il giornalismo televisivo mi
si addica maggiormente, sia perché sono ormai da diversi anni in questo
settore, sia per un riscontro positivo che ho sempre ricevuto dai
telespettatori. Anche se sei consapevole di fare bene il tuo lavoro è sempre
bello scoprire di riscuotere il consenso del pubblico (o almeno di buona
parte di questo).
Riguardo le emittenti radiofoniche, agli inizi della mia carriera ho
avuto alcune esperienze, devo ammettere che non mi dispiacerebbe
approfondirne la conoscenza dal punto di vista professionale. Se dovesse
capitare, perché no».
Nella tua esperienza professionale hai un servizio, un personaggio o
un'intervista che più ricordi?
«Il servizio che ricordo con maggiore emozione è senza dubbio quello svolto,
per TeleAdriatica 7Gold, nell’aprile 2005 a Roma, in occasione dei
funerali del Santo Padre. Ho avuto modo di intervistare molti pellegrini,
venuti da tutte le parti del mondo e disposti a fare otto, nove ore di fila
sotto al sole, per porgere l’estremo saluto a
Giovanni Paolo II.
Mi trovavo in una situazione surreale, non ho mai visto piazza San Pietro così
affollata: presenti tutte le televisioni del mondo, migliaia di pellegrini
giungevano da via della Conciliazione e dalle vie laterali. È stato
sicuramente l’evento mediatico più importante del 2005.
Ricorderò sempre lo sguardo di una giovane donna, che ho intervistato,
profondamente commossa. Del resto Giovanni Paolo II è stato un grandissimo
uomo di pace e di amore e tutti i suoi fedeli non potevano mancare».
Puoi raccontarci un episodio curioso della tua vita professionale?
«Di episodi curiosi ne sono accaduti diversi, passando ad argomenti più
leggeri, ricordo con un sorriso un’intervista fatta agli inizi della mia
carriera, nel backstage del Festivalbar ’99, a
Gary Barlow, ex leader dei Take That. Fuori vi erano migliaia di
ragazzine che lo acclamavano, al termine dell’intervista il cantante mi ha
fatto alcuni complimenti (ovviamente in inglese) e chiesto il numero di
telefono. Poiché avevo cambiato numero di cellulare da poco, ma anche per
l’emozione, gli ho risposto che non lo ricordavo. Gary ha avuto
un’espressione molto sorpresa sul viso, quindi mi ha salutato, avvicinandosi
per darmi un bacio sulla guancia, ma io mi sono spostata e gli ho dato
freddamente la mano. Avrà pensato che fossi un po’ strana. Eppure lo stimavo
e lo stimo tuttora come artista, oltre a reputarlo un ragazzo di bella
presenza, tuttavia in quell’occasione, senza volerlo, sono stata con lui un
po’ troppo distaccata e professionale. Pazienza, ancora se quando ci ripenso
mi viene da sorridere».
Chi sono stati i tuoi maestri di giornalismo? Costanzo che hai definito un
mostro sacro o anche altri?
«Non ho avuto un vero e proprio “maestro di giornalismo”. Durante le mie
esperienze giornalistiche presso emittenti televisive regionali ed anche in
Rai vi sono stati vari caporedattori che mi hanno dato consigli per
migliorare e crescere professionalmente, ma la pratica sul campo
credo sia stata fondamentale: più che nella conduzione, fare l’inviata per
il telegiornale è stato molto formativo, bisogna essere sempre molto
intuitivi, reattivi e veloci, altrimenti la notizia ti sfugge, spesso la
soddisfazione del giornalista sta nell’essere arrivato prima di altri
colleghi a trattare determinati argomenti. Attualmente il mio punto di
riferimento e “maestro di giornalismo” è senza dubbio Maurizio Costanzo».
Tra colleghi e colleghe chi apprezzi di più?
«Durante la mia esperienza in Rai, a Saxa Rubra, ho avuto modo di
conoscere Francesco Giorgino, che ho anche intervistato per il
periodico Il Piceno: devo dire che oltre ad essere un valido
professionista è una persona estremamente piacevole e gentile, devo
ringraziarlo per gli utili consigli che mi ha dato per la mia tesi di laurea
I diritti della personalità nel diritto internazionale privato (anche
lui a suo tempo si è laureato in Giurisprudenza e con il massimo dei voti).
Apprezzo anche Emilio Carelli, direttore di SkyTg24,
intervistato da me sempre per Il Piceno. Tra le colleghe stimo molto
Cristina Parodi, per la dolcezza e sensibilità nel porgere la notizia, e
Monica Vanali, per la sua grande preparazione nel giornalismo sportivo».
Ritieni conciliabili i ruoli di mamma e giornalista?
«Credo che i ruoli di mamma e giornalista siano conciliabili, basta solo
volerlo e sapersi organizzare. La donna in carriera è, almeno nella
maggioranza dei casi, una donna gratificata e senza dubbio avrà un
comportamento più tollerante e dolce nei confronti dei figli, rispetto ad
una donna frustrata e costretta a fare la casalinga a vita. Con molto
impegno si deve cercare di essere delle valide professioniste ma anche delle
valide mamme, compito non semplicissimo, ma (in questo ragionamento sono
molto femminista) noi donne abbiamo una marcia in più e possiamo
farcela. Il mio motto è sempre stato volere è potere».
Molti sono i giovani che vorrebbero fare i giornalisti. Quali consigli
daresti loro?
«Innanzitutto di non buttarsi tutti nella solita “scienza della
comunicazione”, nulla togliendo a tale facoltà, ma troppi ragazzi vi
escono, trovandosi poi senza un’occupazione, vi sono molte lauree più
complete e formative per la professione del giornalista, quali
giurisprudenza, lettere e scienze politiche. Poi consiglierei di tentare
questa professione solo se si ha davvero una grande passione, perché
molte sono le difficoltà che si incontreranno durante il percorso e solo un
grande amore per ciò che si svolge può dare la carica giusta per andare
avanti. Buoni sono i master post laurea riconosciuti dall’Ordine
nazionale dei giornalisti, ma ottima è anche l’esperienza pratica sul
campo: se si ha la possibilità di collaborare con qualche emittente
televisiva, radiofonica o testata giornalistica consiglio di approfittarne».