|  Telegiornaliste 
	anno II N. 7 (39) del 20 febbraio 2006 Piccaluga, "figlio" di Montanelli  di 
			Filippo Bisleri
        
 Marco Piccaluga è un giovane 
			anchorman già molto apprezzato
        	nel mondo dell'informazione. L'abbiamo contattato nelle pause del 
			suo intenso lavoro tra un tg e l'altro.
 
 Come hai scelto di fare il giornalista?
 «L'ho sempre desiderato. Da quando ero piccolo. Alle scuole medie 
			facevamo il giornale della classe. Si chiamava Goal. Lo 
			dirigevamo in tre, a turno. Tiratura: 40 copie. Si può dire che sia 
			stata la mia prima esperienza in questo campo».
 
 Cosa ti piace di più della professione giornalistica?
 «Tutto. La ricerca delle notizie, l'ostinazione nel riuscire a 
			trovarle. Il poterle poi scrivere o sapere di essere il primo a 
			raccontarle».
 
 Cosa significa condurre un tg "all-news" come quello di Sky Tg24?
 «Sky Tg24 è un'esperienza completamente diversa da quella di 
			qualsiasi altro telegiornale. Qui si sta in prima linea, sempre in 
			diretta, per almeno sei ore al giorno. Bisogna essere preparati e 
			aggiornati su tutto. Tra ultim'ora, ospiti in studio e dirette, si 
			diventa parte integrante del telegiornale. Non c'è spazio per errori 
			o imprecisioni, anche perché non serve avere i giornalisti più bravi 
			d'Italia in redazione se basta un'incertezza in conduzione per far 
			fare una pessima figura a tutto il canale. È una bella 
			responsabilità».
 
 Hai una preferenza per il giornalismo televisivo o ti piacciono anche 
			altri media come la carta stampata o le radio?
 «Ho sempre preferito la carta stampata. In particolare il 
			quotidiano. Però la vita prende direzioni impreviste. Sono finito in 
			tv per puro caso nel 1999 e da quel giorno non ho più cambiato».
 
 Nella tua esperienza professionale hai un servizio, un personaggio o 
			un'intervista che più ricordi?
 «Il mio primo articolo firmato. È ancora incorniciato nella mia 
			camera. E la prima volta in "prima pagina", sul Tempo
        	di Roma. Incorniciata anche quella. Recentemente invece, 
			l'esperienza da inviato ad Atene per le Olimpiadi 2004».
 
 Chi sono stati i tuoi maestri di giornalismo?
 «Montanelli, su tutti. Ancora oggi, rileggo spesso i suoi editoriali 
			scritti nei vent'anni passati al Giornale e raccolti in un 
			libro,
        La stecca nel coro. Rimpiango di non averlo mai conosciuto. Per 
			il resto, i miei maestri sono stati i direttori che via via ho 
			incontrato nel corso della mia vita professionale. E molto più 
			spesso i colleghi che ho avuto (e che ho) accanto».
 
 Tra colleghi e colleghe chi apprezzi di più?
 «I colleghi di Sky Tg24 sono tra i migliori che mi siano mai 
			capitati. Fuori di qui non perdo mai un articolo di Magdi Allam. E 
			tra i conduttori, Annalisa 
			Spiezie, del Tg5».
 
 Molti sono i giovani che vorrebbero fare i giornalisti. Quali 
			consigli daresti loro?
 «Quando ho cominciato io, odiavo i consigli degli altri. Anche 
			perché tutti cercavano solo di scoraggiarmi in ogni modo. Che sia 
			difficile trovare spazio, specie all'inizio, lo sappiamo tutti. Ma è 
			così in ogni lavoro. Se c'è la passione, il resto viene da solo».
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