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Intervista ad Alessandra Pesaturo tutte le interviste
Alessandra PesaturoTelegiornaliste anno V N. 8 (179) del 2 marzo 2009

Alessandra Pesaturo, da prima ballerina a giornalista
di Giuseppe Bosso

Incontriamo questa settimana Alessandra Pesaturo, volto del Tg news dell'emittente Rete Oro. Dopo aver studiato danza classica ed essere diventata prima ballerina di alcune trasmissioni televisive Rai e Mediaset, si laurea in Scienze della Comunicazione ed intraprende l'impegno del giornalismo.
«Ricominciare daccapo - confessa - è stata dura, ma il mondo dello spettacolo era una esperienza compiuta. Avevo bisogno di vincere per sentirmi veramente realizzata». E così collabora con l'inserto del Radio Corriere Tv; cura interviste a personaggi dello spettacolo come Renzo Arbore e Pierfrancesco Pingitore; è inviata per la trasmissione televisiva della Rai Coriandoli, Il Festival di Napoli, Arancia o Limone; scrive articoli che vengono pubblicati sull'edizione italiana di Playboy. Infine, l'approdo nella redazione del telegiornale di Rete Oro, prestigiosa emittente romana in cui arriva presto a condurre l'edizione della sera.
«L'iscrizione all'ordine dei giornalisti dal febbraio 2004 - sottolinea - è arrivata proprio dopo tanti servizi sulla cronaca romana realizzati con Rete Oro. Avevo tanto desiderato il tesserino della categoria e ora lo porto sempre con me».

Alessandra, ci racconti la giornata tipo di una telegiornalista di Rete Oro?
«Intensa, frenetica, piena di imprevisti! Vado in onda nell'edizione delle ore 19,15 ma la mia giornata inizia la mattina presto: lettura dei quotidiani, poi un paio di interviste previste e la consueta conferenza stampa all'ora di pranzo, ospite di un'istituzione o di un'organizzazione sociale. Da un appuntamento all'altro col telefono sempre acceso, in attesa di una segnalazione che porta alla notizia. Dopo ritorno in redazione dove inizio la preparazione del "copione" per il tg, a cui segue il montaggio dei servizi ed un ultimo sguardo alle agenzie di stampa. Infine, in studio per la diretta del telegiornale della sera».

Mai un momento di relax...
«Mi rilasso solo quando mi congedo dai telespettatori, dopo che la regia ha passato, senza intoppi, il prodotto finito mio e dei miei colleghi. C'è un grande lavoro dietro i classici due minuti di servizio giornalistico: un insieme di professionalità che si incrociano. Oltre a quella del cronista, ci sono l'arte del cameraman (da tempo lavoro in coppia con una ragazza laureata al Dams di Bologna), del montatore e del regista».

Come stai vivendo questa improvvisa escalation di violenza, soprattutto sulle donne, che ha coinvolto Roma e non solo?
«La sicurezza è un problema reale, sentito da tutti i cittadini. Le istituzioni devono lavorare su più fronti per porre rimedio ad una situazione che può sfuggire al controllo. Bisogna riformare la giustizia, in modo tale da garantire processi veloci e certezza della pena. Gli ultimi reati di stupro verificatisi nella Capitale sono gravi, pongono l'accento su un problema culturale mai risolto. La donna è ancora considerata come un oggetto. Ben occultata serpeggia nella società italiana, a trent'anni di distanza, la mentalità evidenziata dal documentario storico Processo per stupro».

Cosa fare, dunque?
«Bisogna uscire da uno stallo culturale, su questo devono lavorare in sinergia istituzioni e cittadini. Le donne devono far sentire più forte la loro voce nella società, gli uomini devono comprendere che sono maturi i tempi nei quali, alcuni posti strategici vanno assegnati al mondo femminile. Lo stesso vale per forme di delinquenza come quella giovanile e quella portata da alcuni comunitari ed extracomunitari. Per i primi occorre maggiore impegno delle agenzie educative, famiglia e scuola, per insegnare le regole del vivere civile. Per i secondi il problema è più complicato, si devono coniugare i concetti di accoglienza e di fermezza, quindi offrire agli stranieri condizioni di vita dignitose a patto del rispetto delle carta costituzionale. Non vorrei sembrare utopista, ma credo fermamente che ci sia lo spazio a Roma per un'azione politica caratterizzata da giustizia, fortezza, tolleranza unite dal collante dell'equità. Nel nostro Paese ci vogliono meno speculazioni politiche sui problemi, e più assunzione di responsabilità da parte di ciascuno».

Il bello e il brutto di lavorare in una tv locale?
«Il bello è sicuramente la possibilità di imparare tantissimo, nonostante i tempi brevi e le risorse limitate a disposizione: si deve necessariamente ottimizzare il lavoro. Chi lavora in una piccola emittente non soffre, solitamente, dell'oppressione di gerarchie interne e di fastidiosi impedimenti burocratici. Tutto è molto veloce. Il problema di lavorare in queste condizioni, a volte, può però rappresentare il brutto: con più tempo a disposizione e con più risorse si potrebbe realizzare un prodotto televisivo migliore».

In questo contesto hai mai avvertito censure?
«Nessuno mi ha mai censurata. Viviamo in un mondo che soffre un'overdose di informazione e dinnanzi a tanto eccesso esiste il rischio che tante buone notizie passano inascoltate. Forse è per questo che, cercando di fare buona informazione, nessuno ha mai provato a farmi stare zitta».

Quanto conta per te l'immagine?
«In ogni lavoro immagine e bellezza aiutano, ma non sono sufficienti. In ogni cosa ci vuole vocazione, preparazione, determinazione. Un bel corpo, un viso piacevole, una postura garbata sono apprezzati da chi ha gusto estetico, ed io credo di aver particolarmente sviluppato fin dall'adolescenza questo senso, ma alla lunga contano intelligenza e sensibilità. In una parola, l'anima. Per quanto mi riguarda, spero di essere apprezzata per la professionalità, ma di sicuro lo sono per la schiettezza del mio carattere».

Anche tu sei caduta nella rete di Facebook. Cosa pensi di questo strumento?
«Inizialmente ero un po' scettica, ma giorno dopo giorno mi sono appassionata. E' davvero un grande mezzo che mi ha dato la possibilità di ritrovare tante persone che non incontravo da anni ed, in un certo senso, di conoscere di più me stessa. Oggi viviamo in una società che impone ritmi frenetici, non abbiamo tempo di curare i rapporti con gli altri. Ben vengano strumenti come Facebook che, in maniera semplice, permettono di tenere e creare nuovi contatti».

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