Telegiornaliste anno IV N. 30 (155) del 4 agosto
2008
Claudia Peroni: giornalismo e motori, passioni vincenti
di Giuseppe Bosso
Claudia Peroni inizia la sua esperienza
televisiva come giornalista nel 1982 nella redazione di Grand Prix, il
programma di Italia 1 per il quale realizza servizi di Formula 1 e Rally, per
poi diventare telecronista dai box dal 1992 al 1997. Da marzo di quest'anno
conduce Moto GP Quiz, striscia quotidiana dedicata alle due ruote, in
onda dal lunedì al venerdì su Italia 1.
Quando è nata la sua passione per i motori?
«Da ragazzina, quando andavo a vedere il rally di Sanremo con i miei compagni di
scuola, tutti maschi e io unica ragazza. Pian piano mi sono avvicinata
all'ambiente anche grazie a un mio fidanzato rallysta, tanto che per 10 anni ho
partecipato come pilota ai rally. Insomma, devo dire che inizialmente avevo
preso questo interesse un po’ sottogamba, e invece è diventato il mio lavoro e
parte della mia vita. Poi mi sono avvicinata anche al giornalismo, ed eccomi a
Italia 1 con Grand Prix e i programmi sportivi di Mediaset».
Quando ha iniziato, erano poche le giornaliste sportive della Formula 1: ha
avvertito maggiormente diffidenza da parte dei colleghi uomini o dei piloti che
intervistava?
«Sicuramente dai colleghi giornalisti, e non nascondo che è una diffidenza che
avverto ancora adesso. Mi sento continuamente sotto osservazione, messa alla
prova, ma credo di aver saputo dimostrare qualcosa in questi anni, grazie
soprattutto a una grande passione per i motori, cosa che i piloti che intervisto
non mancano mai di riconoscermi».
Quali sono i protagonisti delle due e delle quattro ruote che più ha ammirato
e quelli a cui è più legata?
«Citarne solo alcuni è difficile, ce ne sono tanti. Avendo avuto questo
fidanzato rallysta, di nazionalità finlandese, posso dire di aver assorbito
quella filosofia: per esempio stimo molto Raikkonen. Poi ho creato un bel
rapporto in passato con Jean Alesi, con Trulli e Fisichella che sono diventati
dei veri amici. Senza dimenticare il grande Schumacher e il compianto Ayrton
Senna».
La spy story Mclaren-Ferrari e il caso-Mosley, pur nella loro diversità,
sembrerebbero aver gettato qualche ombra anche sul mondo dei motori. E'
d'accordo?
«Non credo. Per quanto riguarda Mosley, ritengo che ognuno nella vita privata
sia libero di fare quello che vuole: è un presidente che ha fatto grandi cose
alla guida della FIA in questi anni. Purtroppo, come ha dimostrato la vicenda di
Ronaldo, è davvero facile essere al centro di cattiverie per fatti privati che
dovrebbero rimanere circuiti in quella sfera personale di ognuno».
L'intervista che ricorda con più piacere?
«Anni fa, quando Italia 1 aveva acquistato i diritti per trasmettere il mondiale
di Formula 1, ebbi una grande soddisfazione in Sudafrica al G.P. del 1992,
quando mi avvicinai alla griglia di partenza al grande Ayrton Senna che non
amava essere intervistato a pochi minuti dalla partenza. Con me fu invece molto
carino e disponibile e posso dire di aver fatto un figurone in quell’occasione.
Anche di recente, quando al Ferrari Day ho avuto modo di intervistare Schumacher
che, dal suo ritiro, non aveva voluto più rilasciare dichiarazioni alla stampa.
Sono soddisfazioni che ti gratificano».
E il momento più imbarazzante?
«Una volta stavo intervistando Berger e Alesi che mi davano delle pacche sul
fondoschiena... e così finì tutto su Striscia la notizia!».
È appassionata anche di calcio: tra i protagonisti del pallone e quelli
della Formula 1, quali sono le differenze?
«Devo dire che mi stupisce sempre notare come si dia tanta importanza nel calcio
alle reazioni piuttosto che alle azioni. Ad esempio, il caso di Totti che ha
mandato a quel paese l’arbitro di Udinese-Roma, per giorni e giorni ha fatto
parlare stampa e televisione. Credo che la moviola e le telecamere dovrebbero
soffermarsi unicamente sugli aspetti tecnici e non su questi momenti che non
hanno nulla a che vedere con la gara».
Ritiene siano maturi i tempi per vedere un pilota italiano alla Ferrari?
«No, ci sarebbero più pressioni sul pilota che finirebbe per far passare la
scuderia in secondo piano. Al momento non penso sia fattibile questa cosa».
Da qualche anno è docente Formass. Ha intravisto qualche suo potenziale
erede?
«Dico sempre che una Claudia Peroni deve ancora nascere. Ma attenzione, non
voglio sembrare presuntuosa: non parlo di doti professionali, ma di passione per
il mondo delle quattro ruote. Purtroppo noto che la maggior parte delle ragazze
considerano principalmente questo ambiente come una vetrina per apparire».
Anni fa ebbe un richiamo dall'ordine perché aveva pubblicizzato due
automobili in tv. Si discute da tempo di una riforma, mentre Grillo parla di
abolizione totale. Lei cosa ne pensa?
«Semplicemente non capisco perché togliere un’istituzione che ha lo scopo di
salvaguardare la categoria dei giornalisti».
C’è mai stato qualcuno che ha messo il bavaglio a Claudia Peroni?
«Qualcuno avrebbe voluto farlo e ancora ci prova, ma non hanno molto da
sperarci: la sottoscritta ha energie da vendere e non si fa spaventare da
nessuno! Battute a parte, sono stata molto fortunata. A Mediaset ho sempre
trovato grande disponibilità e grande possibilità di agire liberamente, quindi
posso dire di non aver mai avuto bavagli, nemmeno reali».