Telegiornaliste
anno II N. 30 (62) del 31 luglio 2006
Darwin Pastorin, giornalista appassionato di
Giuseppe Bosso
Darwin Pastorin è
nato nel 1955 a San Paolo del Brasile. Figlio di emigranti veronesi, giornalista
e scrittore, è direttore della testata giornalistica sportiva de La7, dopo
essere stato inviato speciale e vicedirettore di Tuttosport, direttore
responsabile di Tele+ e Stream, direttore ai nuovi programmi di Sky Sport,
editorialista.
Direttore dello sport a
La7
dopo Biscardi, in un momento molto delicato per il nostro
calcio: un compito non certo facile. Possiamo dire che hai vinto anche tu il tuo
Mondiale, grazie ai buoni ascolti de
Il gol sopra Berlino?
«Sì: la trasmissione, nata in pochi giorni con tanta voglia
e passione, si è caratterizzata per aver voluto portare avanti un discorso
nuovo, un talk particolare che, ci tengo a sottolinearlo, ha potuto contare su
una cospicua quota rosa (a Berlino la Morace e la
Fantoni, da Roma la Cambiaghi e la Stefanenko), ed è stata una
splendida avventura di 31 dirette, che hanno ottenuto ottimi risultati in ordine
di critica e di ascolti, ed è da questa base che intendiamo continuare».
Inevitabile chiederti un commento sulle sentenze di
“calciopoli”, dove ha prevalso la linea giustizialista che ha punito
pesantemente i soggetti coinvolti, squadre e singoli.
«E’un discorso che io affronterei sotto due punti di vista;
io sono un garantista e capisco le perplessità delle società coinvolte, ma
rispetto le sentenze. Personalmente credo che il campionato partirà molto in
ritardo a causa dei vari ricorsi e appelli che si faranno, e che comunque una
volta chiusa questa parentesi potremo cominciare con un calcio nuovo, che però
ci dà la possibilità di ripartire dal punto più alto rappresentato dalla
vittoria della nostra nazionale».
Volevo appunto chiederti come si presenta, secondo te, il
calcio all’indomani di questo importante successo...
«Sicuramente con la voglia di riconquistare tutti quei
bambini che, nel momento difficile, si erano trovati smarriti, al punto di
staccare dalle loro camerette i poster dei loro beniamini, che proprio grazie
alla nazionale hanno ricominciato ad attaccare. Si parla tanto di nuove regole
da creare, ma io non ragionerei in questi termini, perché le regole ci sono
sempre state; bastava solo rispettarle».
Su cosa punterà in futuro la programmazione sportiva di
La7?
«Malgrado il periodo feriale stiamo continuando a lavorare
con passione e impegno per il futuro; vorrei fare un nuovo programma del lunedì
(naturalmente non sulla falsariga del Processo, che appartiene a quel
grande giornalista che è Aldo Biscardi, unico nel suo genere), improntato
sull’approfondimento, cercando di trattare di calcio anche dal punto di vista
sociale, ferma restando l’attualità di una serie A e di una serie B
straordinarie sotto tanti punti di vista. E per questo punto su una mia
passione, che porto dalla mia esperienza a Sky, e cioè i documentari sportivi,
le storie e i campioni positivi e tragici del passato».
Tra le tante piacevoli sorprese de Il gol sopra
Berlino c’è stato sicuramente il ruolo di
Natasha Stefanenko in una veste alquanto insolita per il pubblico che la
conosce; come mai questa scelta?
«E’ stata una scelta collettiva della rete, che quando mi è
stata proposta ho accettato subito, conoscendola come persona simpatica e
intelligente, e a riguardo voglio svelarti un aneddoto: la trasmissione iniziava
alle undici di sera, lei invece fin dalle cinque del pomeriggio era sempre
presente alle riunioni di redazione, partecipando attivamente e arrivando
preparata e informata sui temi da trattare, sui quali si documentava via
Internet; è stata davvero straordinaria sia per noi che per il pubblico».
Cosa consiglieresti a chi volesse intraprendere la tua
strada?
«Io faccio questo mestiere da trent'anni, ma già da quando
ero sui banchi della scuola elementare “Silvio Pellico” di Torino avevo le idee
ben chiare su cosa avrei fatto da grande, quando me lo chiese il mio maestro. È
un lavoro che sentivo nel sangue; per farlo ci vuole passione, cultura,
sacrificio e volontà di imparare giorno per giorno. Io consiglio di farlo a chi
se lo sente dentro, come me, e di non voler solo apparire o inseguire la
popolarità con esso, ma perché lo ami e lo senti nel cuore».