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Intervista ad Antonio Pascotto tutte le interviste
Telegiornaliste anno II N. 36 (68) del 9 ottobre 2006

Antonio Pascotto, l'amore per la radio e la tv di Nicola Pistoia

E’ iniziato tutto con la radio. Una passione che non ha mai veramente accantonato. Era il 1976, aveva solo 14 anni. La radio lo affascinava moltissimo: il potere della voce, il suono della parola, l’energia della musica. Iniziò a condurre programmi per i più piccoli in una radio della sua città, Avellino. E in quegli anni si consolidarono le prime amicizie professionali con personaggi oggi alla ribalta nazionale: Gigi Marzullo, Salvatore Biazzo, Gianni Porcelli. Oggi tutti giornalisti Rai. Aveva 18 anni quando gli rimase impresso il racconto di una tragedia improvvisa e terribile: il terremoto del 1980. Attraverso le trasmissioni radiofoniche Antonio metteva in contatto gli irpini che vivevano all’estero con i familiari in provincia. Fu la sua prima vera palestra di giornalismo. Poi l’esperienza con quotidiani e settimanali locali. Le televisioni private. Nel 1993, dopo anni di gavetta, arriva il Tg4, dove oggi svolge le funzioni di vice caporedattore.

Antonio, ti sei mai pensato in panni diversi da quelli del giornalista?
«Ritengo utile ogni tipo di esperienza. Sono sempre alla ricerca di cose diverse, di stimoli nuovi. Si, ogni tanto ci penso. Sempre in ambito televisivo mi piacerebbe organizzare un settore come quello delle innovazioni tecnologiche. Tv digitale, Iptv, la televisione via Internet. Credo molto nello sviluppo tecnologico. Per il conseguimento della laurea in Scienze della Comunicazione ho presentato una tesi su televisione e pubblicità nell’era digitale».

Come vede il futuro del giornalismo italiano?
«Il futuro è legato, come dicevo, alle nuove tecnologie. Internet ha modificato spazio e tempo. Poi i blog, i giornali telematici, la tv on demand e quella che l’utente può costruirsi su misura, personalizzata. L’hanno capito i guru della televisione come Murdoch, che ha investito tantissimo su Internet. E anche in Italia Mediaset punta molto sul digitale e su Internet. Si parla sempre di più di comunicazione circolare, in cui tutti i media svolgeranno il loro ruolo. Tv, radio, giornali, Internet, si cercano, si incontrano, si intrecciano gli uni con gli altri. E’ questo il futuro. E i giovani devono approfittarne, e sfruttare le potenzialità di questo modo nuovo di comunicare».

Che ricordo ha del suo primo articolo?
«Era un pezzo pubblicato da un settimanale locale, edito da un gruppo radiofonico. Parlavo di Edoardo Bennato. Dovevo commentare un suo concerto. L’emozione era forte. Anche perché sono sempre stato un fan del cantautore napoletano. Conservo ancora l’articolo, come una reliquia. Il mio primo servizio. Da custodire, gelosamente, nell’archivio personale dei ricordi».

Cosa risponde a chi giudica il tg in cui lavora troppo “di parte?”
«Il Tg4 è un notiziario equilibrato, misurato, equidistante. Chi lo dice che è troppo di parte?
Scherzo, ma mica tanto. Schierarsi apertamente, come hanno fatto alcuni autorevoli quotidiani in occasione delle ultime elezioni politiche, è espressione di grande onestà e professionalità. Il resto sono solo chiacchiere. Dietro ogni redazione ci sono uomini che hanno le loro idee, esprimono pareri, commentano. Il Tg4 è il primo tg italiano che ruota attorno a un direttore anchorman. Succede anche in America con programmi di grande successo condotti da personaggi come Dan Rather. Prendere posizione, in questi casi, è inevitabile»

Quali sono i tg, che guarda con particolare attenzione e ammirazione?
«Tutti. Li guardo tutti, indistintamente. E devo riconoscere che in Italia i telegiornali sono confezionati davvero bene. Da quelli Rai a quelli Mediaset. Anche a La7 e a Sky News 24 fanno un ottimo lavoro».

Quali tra i suoi colleghi e le sue colleghe anche di altri tg apprezza maggiormente?
«L’elenco è lungo. Non è una questione di nomi. In Italia ci sono davvero ottimi giornalisti».

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