Telegiornaliste
anno V N. 10 (181) del 16 marzo 2009
Paolo Pardini: Italia,
Europa di Erica
Savazzi
«L’Italia non è da buttare, ma il confronto che
si fa nella trasmissione dovrebbe servire anche
a capire cosa migliorare».
Paolo
Pardini conduce
Buongiorno Europa, programma che ogni
domenica affronta un tema (nucleare, pensioni,
trasporti etc.) confrontando il modo in cui
viene affrontato nei paesi dell’Europa
occidentale e in Italia. Arricchiscono la
trasmissione le schede animate di Renzo Pedullà,
che espongono numeri e percentuali con ironia.
Spesso il confronto è impietoso con
l’Italia...
«Non è vero. In Italia c’è del positivo, che però
emerge raramente. Ad esempio la nostra sanità
non è affatto male. In qualche settore abbiamo
molto da imparare, ad esempio nei trasporti e
nelle infrastrutture, soprattutto per i
pendolari. E poi l’istruzione. Mi ha molto
colpito il confronto tra i sistemi scolastici e
soprattutto il trattamento nei confronti degli
insegnanti: c’è stato un preside svizzero che mi
ha detto “poverini i vostri insegnanti”. In
Svizzera un insegnante guadagna anche 5000 euro,
la paga è vista come un incentivo per migliorare
la qualità dell’insegnamento ma è anche indice
della considerazione di cui gode la categoria».
Qual è il principale difetto di noi italiani
che emerge?
«Quello che colpisce di più è il diverso senso
dello stato, il rispetto delle regole. Altrove
c’è un rispetto reciproco stato-cittadini, per
cui le regole vengono rispettate. Un altro
elemento sono le decisioni: in Germania ad
esempio si discute su un tema, ma alla fine si
decide. E si fa. Da noi invece ci sono
indecisioni, ritardi, blocchi».
Secondo lei Milano può veramente definirsi una
città europea?
«A Milano non stiamo male, oggettivamente. È più
avanzata rispetto a molte altre città italiane.
Per esempio nei rifiuti. Quando c’era
l’emergenza a Napoli abbiamo fatto una puntata
per mostrare quello che fanno gli altri, ed è
emerso che in Lombardia si agisce bene nella
raccolta e recupero dei rifiuti e nello
smaltimento, per esempio col termovalorizzatore
di Brescia. Anche sul traffico Milano è
all’avanguardia: ha un ecopass come Londra e
Stoccolma. Expo 2015 sarà molto importante,
vedremo cosa si riuscirà a fare, sarà un banco
di prova importante».
Per i servizi della trasmissione lavorano
corrispondenti Rai dalle capitali europee,
giornalisti delle testate regionali e della sede
di Milano: un grande sforzo organizzativo.
«Abbiamo i corrispondenti del tg e poi qualche
collega che si sposta a seconda dell’argomento.
Il budget è limitato, per cui con una sola
missione facciamo più cose, ci organizziamo in
modo da ottimizzare affrontando più argomenti in
un solo viaggio. Preparare le cose con anticipo
però vuol dire non essere sempre “sulla
notizia”: con un budget maggiore migliorerebbe
l’immediatezza perché si potrebbe scegliere
l’argomento della trasmissione in base alle
notizie fresche e poi inviare il corrispondente
a fare i servizi».
Conduzione del telegiornale o conduzione di un
programma?
«Il telegiornale è quotidiano, sei sulla notizia.
Nella trasmissione invece, essendo settimanale,
non sempre si può essere tempestivi, manca un
po’ di immediatezza. Comunque la conduzione
resta sempre il mio grande amore».
Nel suo monologo Benvenuti a Disneyland -
Riflessioni ad alta voce sul giornalismo
(2003) parla delle distorsioni e addirittura
delle bufale che vengono passate come notizie;
nel 2008 una ricerca commissionata dell’Ordine
dei giornalisti rileva che “il giudizio degli
italiani sul giornalismo è negativo e in via di
ulteriore peggioramento” e che per il 68% degli
intervistati i giornalisti sono “bugiardi” e per
il 60% “non o poco informati”.
«Il titolo del libro è nato da una riflessione
fatta andando a Disneyland: tutto sembra vero ma
in realtà è falso. Quando ho scritto il libro
era un momento di polemica, così è nata questa
riflessione cattiva sul giornalismo. È vero che
i giornalisti sono poco informati, ma anche
perché spesso sono costretti a occuparsi di
mille cose di cui non sanno nulla. Bugiardi, no,
piuttosto direi male informati; quelli in
cattiva fede ci sono, ma non molti».