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Intervista ad Antonella Nonino tutte le interviste
Antonella NoninoTelegiornaliste anno II N. 38 (70) del 23 ottobre 2006

Non solo grappa di Antonella Lombardi

Da vecchio distillato con cui correggere il caffé e vincere i rigori invernali a selezione pregiata, coltivata e inseguita con caparbietà, tra fatica e tentativi andati a vuoto. La grappa Monovitigno© prodotta dalla famiglia Nonino è il prezioso distillato frutto delle vinacce di un solo vitigno, il Picolit.

Ma è anche il frutto di una battaglia culturale, affrontata e vinta nella propria terra, il Friuli, contro vecchi pregiudizi che consideravano la grappa un prodotto di scarso valore, legato al mondo contadino. Fino al giorno in cui l’auto di Giovanni Agnelli non si fermò presso gli uffici della famiglia Nonino per ordinare 48 bottiglie di grappa…

Telegiornaliste incontra Antonella Nonino che, ai nostri microfoni, svela il segreto del successo di un’azienda guidata, in gran parte, da donne.

Antonella Nonino e famigliaSignora Nonino, lei è a capo di un’azienda guidata in gran parte da donne, una felice eccezione nel panorama imprenditoriale italiano. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di una scelta del genere, soprattutto per chi si occupa di un prodotto che, nell’immaginario collettivo, sembra proprio dell’universo maschile?
«Per le mie sorelle e per me è stata una cosa molto naturale: da bambine per stare con nostra madre andavamo in distilleria o nella vigna. Da grandi abbiamo potuto dare un contributo sempre più importante, fino a trovarci parte integrante dell’azienda di famiglia. Lavorare in distilleria non solo è faticoso ma molto affascinante, e da grandissime soddisfazioni. Le prime volte che nostro padre ci ha lasciato in mano la conduzione degli alambicchi artigianali ai nostri collaboratori sembrava strano prendere indicazioni da delle ragazzine ma poi, dimostrando capacità e preparazione, non è più stato un problema. Mia madre, Giannola Nonino, è stata un pioniera anche in questo campo e crescendo con il suo esempio non ci siamo mia poste il problema di essere donne in un universo, per così dire, maschile».

Lei ha detto: «alla fine degli anni '60 il ceto medio non avrebbe nemmeno tenuto la grappa nell’armadietto dei liquori, ci si sarebbe vergognati». Come siete riusciti a vincere pregiudizi e luoghi comuni che vedevano la grappa come un prodotto rustico, legato prevalentemente al mondo contadino?
Antonella Nonino e famiglia«E’ stata la rabbia di vedere la grappa snobbata perché ricordava il mondo contadino e la miseria, a tutto favore dei distillati di produzione straniera come il whisky e il cognac: mia madre, iniziando a lavorare con il papà in distilleria, si è innamorata della grappa e ha trovato il coraggio di iniziare un lavoro di riabilitazione non solo qualitativa ma anche culturale della grappa, e con essa di tutto il mondo contadino, tanto che, dopo alcuni anni di sperimentazione, ha inventato, nel dicembre del 1973, la grappa di singolo vitigno: l’ormai famoso monovitigno, appunto. I miei genitori iniziarono l’esperimento con il vitigno Picolit, il più nobile e rappresentativo del Friuli, proprio per sottolineare il legame alla loro terra e alle tradizioni di cui erano profondi conoscitori .
Nei primi anni, anche se la grappa Monovitigno Picolit Nonino era di ottima qualità, la famiglia si è trovata contro tutta la categoria dei distillatori friulani, che hanno cercato di fermarci in ogni modo anche con denunce anonime. Ma poi il successo del Monovitigno Nonino è stato tale da spingere i distillatori italiani a seguire l’esempio Nonino».

Cosa vuol dire oggi promuovere un prodotto artigianale affrontando costi di produzione sicuramente superiori a quelli della nuova concorrenza asiatica?
Antonella Nonino e famiglia«Per dire la verità non si tratta di grappa di produzione asiatica. Il vero dispiacere per la famiglia Nonino, dopo aver trasformato la grappa da Cenerentola a regina dei distillati internazionali, è di non essere ancora riusciti ad ottenere una legge che regolamenti la produzione italiana che ancora oggi è per l’80% una produzione industriale. Non solo non c’è regolamentazione di produzione ma sull’etichetta: la legge permette all’imbottigliatore che compera la grappa dai produttori industriali, trasformandola di qualche grado alcolico, di figurare anche lui come produttore, per cui il consumatore finale non può distinguere la grappa di qualità da quella industriale.
Noi proseguiamo seguendo la nostra filosofia, che è sempre stata volta alla ricerca della qualità. Oggi abbiamo una distilleria unica al mondo, con 66 alambicchi discontinui a vapore, dove distilliamo con metodo artigianale in concomitanza alle vendemmie nel rispetto della tradizione e dei ritmi dell’artigianalità, e riusciamo ad ottenere una grappa qualitativamente insuperabile».

Non solo grappa, comunque. Nel 1975 nasce il Premio Nonino, un premio letterario che diventa un vero riferimento nel panorama letterario internazionale, rigorosamente autofinanziato per evitare ogni pressione. Tra i suoi premiati: Leonardo Sciascia, Peter Brook, Jorge Amado, Hans Jonas, Ermanno Olmi, Mario Soldati, Claudio Abbado, Raimon Panikkar e altri ancora.
Come nasce l’idea del Premio Nonino e come si trasforma in un richiamo internazionale così autorevole?

«Dopo aver distillato la Grappa Monovitigno Picolit, i miei genitori, ricercando le vinacce degli antichi vitigni autoctoni friulani, scoprirono che i più rappresentativi, come il Ribolla, sono in via di estinzione, essendone vietata la coltivazione. Nel 1975, con lo scopo di farli ufficialmente riconoscere dagli organi nazionali e comunitari, istituiscono il Premio Nonino Risit d'Âur, da assegnare annualmente al vignaiolo che mettesse a dimora il miglior impianto di uno o più di questi vitigni. Dopo tre anni riuscimmo ad ottenere l’autorizzazione per questi vitigni, e nel un regolamento CEE li raccomanda.
Antonella Nonino e famigliaCosì, con il netto proposito di sottolineare l’attualità della civiltà contadina, al Premio Nonino Risit d'Âur i miei genitori affiancano il Premio Nonino di Letteratura: la Giuria era presieduta da Mario Soldati e composta, fra gli altri, da Padre David Maria Turoldo, Gianni Brera e Luigi Veronelli, tutti amici della famiglia.
Negli anni il premio letterario diventa sempre più importante. Oggi la giuria oggi è presieduta da Ermanno Olmi e composta tra gli altri da Claudio Magris, dal premio Nobel Naipaul, Peter Brook e dal poeta Adonis. La mia famiglia sostiene il premio e lo organizza direttamente, perciò la giuria non subisce la pressione delle case editrici ed è una giuria libera».

Nell’ultima edizione del Premio i riconoscimenti sono andati allo scrittore Gavino Ledda, autore di Padre padrone, ma anche all’associazione Madri di Plaza de Mayo, guidate da Evel Aztiarbe De Petrini. Quale il significato di questa scelta?
«Con queste scelte il premio Nonino ha voluto celebrare coloro che per sete di giustizia mettono a repentaglio eroicamente la loro esistenza. Le madri di Palza de Mayo, e lo stesso Gavino Ledda, sfidando l’arroganza e la protervia del potere sono diventati un simbolo».

In particolare, la testimonianza di Evel Aztiarbe ha commosso l’intera platea. Che ricordi ha dell’evento?
«Un momento emozionalmente molto forte, un esempio di coraggio che non potrò mai dimenticare e come sottolineato da Claudio Magris durante la premiazione, uno dei momenti più altri della storia del Premio Nonino».

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