Telegiornaliste
anno II N. 8 (40) del 27 febbraio 2006
Mazzucchelli, giornalista "gastronomo"
di Filippo Bisleri
È uno dei volti noti della rubrica enogastronomica del Tg5
Gusto, ma Giacomo (Giangiacomo)
Mazzucchelli è un giornalista naif, che svolge il suo
lavoro con tanta passione.
Gli abbiamo "rubato" alcune battute sul suo essere giornalista e su
cosa l'ha portato a fare questa professione.
«Fare il giornalista - afferma Giacomo Mazzucchelli - è, banalmente,
sempre meglio che lavorare. E poi sono un ricordo indelebile le
serate del dopo elezione passate al giornale quando il marito di mia
madre era direttore dell'Unità.
Comunque sono sempre stato e sono un tipo estroverso e curioso. E
odio svegliarmi la mattina presto. Ah, per chi non l'avesse capito,
faccio "il" giornalista».
Cosa ti piace di più della professione giornalistica?
«Mi occupo soprattutto di gastronomia e diciamo che tutti i miei
desideri di approfondimento culturale nel settore vengono
soddisfatti. Il problema è che ultimamente sono un pò sovrappeso.
Comunque fatto a certi livelli il nostro è un mestiere con un
rapporto gratificazione/fatica molto alto».
Sei un inviato, ti ritieni uno dei giornalisti che, per dirla con
un'espressione di
Anna Maria Chiariello, ama "sporcarsi le scarpe di fango"?
«Ti correggo: più che le scarpe di fango amo sporcarmi la camicia di
sugo. Poi passare la notte davanti alla Questura non è
proprio il massimo, mentre correre dietro un'alluvione può essere
divertente».
Quali sono gli argomenti che preferisci affrontare?
«Il cibo mi sembra il massimo. E poi non passerà mai di moda. Non
l'ho mai fatto, ma anche lo sport, se affrontato in modo più agile
di quanto non si faccia di solito, credo possa essere interessante».
Hai una preferenza per il giornalismo televisivo o ti piacciono anche
altri media come la carta stampata o le radio?
«In tv ci sto come il pisello nel baccello: essere riconosciuti per
la strada non è poi così terribile. E poi credo che carta stampata,
e soprattutto radio, siano molto più faticosi. Ciò non toglie che
legga il
Corriere della sera o che ascolti
Radio Popolare».
Nella tua esperienza professionale hai un servizio, un personaggio o
un'intervista che più ricordi?
«La vox populi al Pirellone dieci minuti dopo il crash
dell'aeroplanino, e i trabiccoli con cui si raggiungono i campi di
basilico nelle cinque terre.
Chi sono stati i tuoi maestri di giornalismo?
«Senza dubbio Giovanni Gandini, Gino Veronelli,
Silvia Brasca e Mario Fortini».
Tra colleghi e colleghe chi apprezzi di più?
«La scelta non è facile. Dico Gian Antonio Stella, Enrico
Mentana, Giovanni Sartori. E, pur pensandola molto
diversamente, non posso non apprezzare come fa i titoli Vittorio
Feltri che dirige
Libero».
Molti sono i giovani che vorrebbero fare i giornalisti. Quali
consigli daresti loro?
«Per prima cosa trovare qualcuno o qualcosa che li possa mantenere,
e comunque togliersi dalla testa di fare i soldi. E poi di non
montarsi la testa: il giorno dopo nei giornali si incartano i
carciofi».
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