Telegiornaliste
anno V N. 12 (183) del 30 marzo 2009
Monica Matano, grinta, garbo
e genuinità
di Giuseppe Bosso
Una lunga esperienza alle spalle sulla stampa e
in tv. Pubblicista dal 1996,
Monica
Matano ha iniziato a soli 19 anni la
collaborazione alla Rai, dopo aver superato un
provino per Raisat2. Nel suo curriculum spiccano
Cominciamo bene,
La vita in diretta, Costume e società, Dossier e Salute del
Tg2. Dal luglio del 2008 fa parte della
redazione di Rai Sport.
Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato nell’affrontare il
mondo sportivo?
«Non parlerei di difficoltà perché quello dello
sport è un mondo verso il quale orientavo
attenzione e interesse già da ragazza. Del
resto, l’approdo al giornalismo sportivo non è
stato casuale, ma il frutto di una scelta
rivolta a completare la mia formazione
professionale. Confesso, invece, di provare
amarezza quando vedo traditi o vanificati i
valori e gli obiettivi dello sport che è per me
un’agenzia educativa dalle straordinarie
potenzialità».
Anche quest’anno forti polemiche stanno segnando il nostro calcio,
caratterizzate dall’ingresso di un personaggio
come Mourinho. Che idea ti sei fatta del tecnico
nerazzurro e del suo modo di porsi con i media,
inedito per il nostro calcio?
«Le polemiche non sono il male del calcio. Anzi,
fino agli anni Sessanta ne erano il sale perché
alimentavano la passione degli sportivi. Sono le
cadute di stile, la perdita del buon gusto, la
rissosità gratuita e l’avidità smodata di taluni
personaggi che proiettano ombre inquietanti
sullo “sport più bello del mondo” e ne potranno
pregiudicare il futuro. Quanto a Mourinho,
ritengo che sia un grande allenatore e un
singolare personaggio. Studia il calcio, lo
conosce come pochi e ha anche il coraggio di
esporre le sue idee senza riserve e senza
compiacenti censure. Esagera però e diventa
insopportabile quando utilizza la consapevolezza
della proprie capacità e l’ostentazione spavalda
dei successi ottenuti per rivolgere espressioni
oltraggiose all’indirizzo dei suoi colleghi,
verso i quali dovrebbe, in ogni caso e al di là
di qualsiasi contrapposizione tecnica,
concettuale o dialettica, manifestare il
rispetto che la sensibilità, l’eleganza e lo
stile, prima che la deontologia, impongono ad
ogni essere umano. Senza eccezioni, neppure per
uno “special one”».
La gavetta, come la tua, alla lunga paga?
«Premesso che ho la prudenza di non ritenermi
arrivata e un po’ di saggezza che mi fa
conoscere quanto cammino dovrò ancora percorrere
per migliorare le mie capacità professionali,
credo fermamente che nel corso della vita sia
data a tutti la possibilità di raggiungere gli
obiettivi ambiti. Per conseguirli, però, occorre
cercarli con tenace determinazione, con tanta
forza d’animo e con incrollabile fiducia. Anche
quando le difficoltà sembrano compromettere i
nostri progetti. Se poi arriva un pizzico di
buona sorte, allora è fatta. Va ricordato,
tuttavia, che la fortuna non va attesa, ma
conquistata o almeno meritata».
Per chi volesse seguire la tua strada?
«E’ una professione difficile che occorre amare,
impone sacrifici enormi e ritmi di vita
frenetici. Ma senza indulgere ai luoghi comuni e
senza fare gratuita professione di ottimismo,
sono convinta che il giornalismo offre e
proporrà sempre spazi e occasioni a tutti quei
giovani che, sorretti da una buona preparazione
culturale e da autentica vocazione, sapranno
coglierne e apprezzarne le suggestioni».
Tra tante colleghe a Raisport hai avvertito una competizione maggiore
rispetto a dove avevi lavorato in precedenza?
«Raisport offre una discreta visibilità. E’ un
aspetto che alimenta qualche antagonismo, certo
più evidente di quello da me rilevato in altre
testate giornalistiche dell’azienda. Tuttavia
non parlerei di competizione, ma di piccole
espressioni di invidia presenti dappertutto e
solitamente manifestate da coloro che ignorano o
dimenticano le generose gratifiche ricevute,
solo perché impegnati a criticare tutto ciò che
gli altri hanno saputo meritare. D’altra parte,
l’io è il peggiore di tutti i pronomi».
Che idea ti sei fatta di Telegiornaliste e cosa ti suscita essere così
seguita e apprezzata?
«E’ una testata giovane e vivace che, con le
schede e le interviste, asseconda senza
morbosità l’interesse degli utenti ai quali
offre anche l’opportunità di interagire con il
colorito confronto del forum o con il giudizio
di valore e di merito espresso col voto nello
speciale campionato delle telegiornaliste.
L’essere seguita non è per me soltanto un motivo
di soddisfazione, ma anche di sprone e di
incoraggiamento. Gli apprezzamenti poi sono
graditissimi».
Hai avuto un modello a cui ispirarti?
«No, se lo si intende come riferimento puntuale
a una “bella del video” da emulare. Faccio del
mio meglio per resistere alle sollecitazioni
recitative della televisione e conservare la mia
genuinità. Certo che mi piacerebbe tanto avere
la grinta della
Gruber e l’elegante garbo di
Maria Concetta Mattei, che è una collega
bravissima e un’amica dolce e affettuosa».
Come credi cambierà il modo di fare informazione con il digitale terrestre e
l’uso continuo di tecnologie sempre più
avanzate?
«Credo che il digitale rappresenti una
straordinaria possibilità per allargare
l’offerta televisiva. Per quel che concerne un
eventuale cambiamento del modo di fare
informazione, penso che esso sia solo in parte
legato all’impiego di tecnologie più
sofisticate. L’informazione ha oggi un volume
ragguardevole e una velocità impressionante. Il
problema è che una gran parte dell’offerta resta
inutilizzata per l’insufficienza culturale dei
media e per le difficoltà dei fruitori.
Occorrerebbe un ripensamento di tutto il
complesso processo dell’informazione che fosse
in grado di preparare un proficuo e dialettico
confronto tra fonti, media e fruitori, per
realizzare una comunicazione completa e
imparziale, rispettosa dei diritti di lettori e
telespettatori liberi e autonomi».
Ti occupi anche di problematiche dell’adolescenza: quale deve essere
l’atteggiamento dei media di fronte a queste
nuove generazioni alquanto turbolente?
«L’adolescenza è un periodo molto delicato,
contraddistinto da grandi trasformazioni
fisiche, culturali e affettive. Con l’esplosione
della sfera affettiva e il bisogno di autonomia
intellettuale, i ragazzi elaborano convinzioni e
valori personali che li portano alla ricerca di
modelli con cui confrontarsi o identificarsi.
L’assenza di modelli virtuosi e di valori, la
crisi della famiglia e della scuola, la
corruzione e il malcostume, la scarsa
credibilità dei media sono tutti elementi che
concorrono a spiegare le manifestazioni di
devianza giovanile che testimoniano disagio,
solitudine,infelicità. E’ difficile istituire
una terapia efficace e non ho la presunzione di
proporne una. Auspico, però, un forte impegno e
un rinnovato slancio delle agenzie educative del
Paese e, tra queste, annovero lo sport, quello
con la "S" maiuscola, fondato sul rispetto di
sé, degli altri e delle regole, proteso a
esaltare il concetto della lealtà e del sano
agonismo».
Come mai, secondo te, la tv per ragazzi di oggi ha perso smalto e creatività?
Pensi ci siano margini di miglioramento?
«Perché non abbiamo autori, idee. Anche la
letteratura per l’infanzia non mi pare che abbia
espresso negli ultimi anni presenze di rilievo.
L’ultimo grande scrittore per i ragazzi è stato
Gianni Rodari: ha trasformato la struttura di
tradizionali generi letterari, come la fiaba, la
novella e la filastrocca e ne ha ampliato i
contenuti e le finalità educative. Non deve
perciò sorprendere l’assenza di una
programmazione rivolta ai telespettatori più
giovani. Una situazione resa più inquietante
dalla crescente proposta di trasmissioni che
condanniamo come TV spazzatura. Quella con la
quale pigramente conviviamo. E con ignobile
ipocrisia».
Tra i tuoi desideri, la realizzazione e la conduzione di un programma per
ragazzi. Come vorresti impostarlo?
«Studi recenti e seri hanno dimostrato quanto
peso la Tv abbia sull’equilibrio e sullo
sviluppo psicoaffettivo degli spettatori più
giovani, e quanto il piccolo schermo condizioni
le loro conoscenze e i loro comportamenti.
Questa considerazione mi fa ritenere che sia
indifferibile elaborare un’offerta televisiva
per i ragazzi dotata di scientificità
pedagogica. Io penso ad un programma che sappia
coniugare la pluralità degli interessi giovanili
(musica, sport, cinema, società, motori, viaggi)
con gli elementi fondamentali di una buona
formazione civica, primo tra tutti la conoscenza
delle istituzioni e del loro funzionamento e la
presentazione semplice e chiara delle diverse
attività produttive del Paese. Un programma
svelto, denso di buoni contenuti, agile nella
struttura, mai banale, ravvivato dalla sapiente
scelta degli ospiti da ricercare tra campioni
dello sport, attori, cantanti e tra i personaggi
più giovani del giornalismo, della politica e
dell’economia. Un appuntamento pomeridiano,
capace di produrre interesse e in grado di
sollecitare la curiosità dei nostri ragazzi».
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Non ho sogni nel cassetto, ma un grande
progetto d’amore: assecondare il mio forte
desiderio di maternità».