Telegiornaliste
anno III N. 46 (124) del 17 dicembre 2007
Boris Mantova, anima e corpo per il giornalismo
di Giuseppe Bosso
Giovanissimo ha iniziato a interessarsi al giornalismo, fino
a realizzarsi in vari campi. Oggi
Boris Mantova, giornalista
professionista napoletano, è una delle voci importanti della redazione
giornalistica di Canale 8. Impegnato in progetti per il sociale e corrispondente
per varie radio nazionali, è componente del direttivo dell’ Associazione
Giornalisti Politici della Campania.
Ha ricevuto il premio Scugnizzo d’oro patrocinato
da Napolitano. Cosa le ha suscitato questo riconoscimento?
«E' un premio assegnato ai giornalisti che si sono distinti
per il loro impegno, onestà e professionalità. Tradizionalmente viene
riconosciuto a giornalisti di lunga data, e il fatto che sia stato fatto il nome
di un giovane è importante. Sarei bugiardo se non dicessi che mi ha emozionato.
Ho sempre dedicato anima e corpo a questo mestiere, sacrificando anche gli
affetti. Per me la cosa è resa ancor più difficile dal non avere alle spalle un
nome altisonante, o comunque familiari già affermati nel nostro campo. E' stata
una gioia che mi spinge ad impegnarmi sempre più. Perché prima o poi i risultati
arrivano e trovi chi crede in te. Non bisogna mai smettere di lavorare».
Cosa significa per lei avere un direttore donna come
Serena Albano?
«Ritengo sempre che le donne ci siano superiori per
competenze e professionalità, a maggior ragione nel caso di Serena che ha una
lunga esperienza nel campo. Per noi è un bene avere vicino sia lei che l'editore
Lilly Albano.
Con piglio duro ma anche materno sanno guidarci e mostrare
reale interesse per i problemi che ci capitano nella vita di tutti i giorni e
nel lavoro. Insomma, per me sono due figure fondamentali per confrontarsi e
crescere. La mia non è piaggeria».
Cosa significa fare informazione in una realtà come quella
di Napoli?
«C'è molta ignoranza sulla mission del giornalista.
Frequentemente la gente non si rende conto che noi abbiamo la possibilità di far
da tramite tra loro e i palazzi, che possiamo rappresentare alle istituzioni
quelle che sono le vere istanze delle persone, i problemi che avvertono. La
difficoltà sta spesso nel trovare il giusto punto di equilibrio: non siamo alle
dipendenze del politico di turno ma neanche siamo lì a crocifiggerlo senza
giusta causa.
Chi ha una responsabilità istituzionale, deve capire che il
microfono può essere un'opportunità e non un megafono di propaganda: risposte
concrete e non politichese stancante che alla gente non arriva, anzi rimbalza.
Certo, con qualcuno di loro è inevitabile che, alla lunga, si possa anche creare
un rapporto personale se non di vera e propria amicizia, ma questo non deve
assolutamente pregiudicare il fine della nostra professione. Tempo fa, un ex
direttore di Panorama
disse che "un giornalista, per essere tale, deve mettere il
piede a terra ogni mattina consapevole di far dispiacere qualcuno".
Chi opera in un tg locale come me, deve poi fare molta
attenzione a non cadere nella retorica e a non ripetere ciò che già viene detto
dai tg nazionali. Scimmiottarli è qualcosa di molto provinciale che non
raggiunge il telespettatore».
Cosa rappresenta, secondo lei, l'enorme successo che sta
avendo Beppe Grillo con le sue iniziative?
«Il cittadino è stanco della politica asettica e lontana dai
problemi della quotidianità. Nel buio più totale, è inevitabile appigliarsi a
quel barlume di luce rappresentato da una persona che ha il coraggio di dire a
viva voce ciò che la gente sente. Il "vaffa" di Grillo è spiattellare quello che
succede nei palazzi senza alcuna remora, senza timori. Idealmente si può dire
che Grillo sia una sorta di "giustiziere" che era atteso da tanto e da tanti per
dare voce ai "vaffa" repressi».
La notizia che sogna di dare in apertura del tg?
«Bella domanda. Vorrei poter annunciare "Edizione
straordinaria: finalmente è stata trovata una cura per le malattie genetiche,
nessun bambino da oggi morirà per causa loro", e ancora "Nessuno più sarà
costretto a fare file interminabili o ad andare dall'amico politico per poter
ottenere le adeguate cure"».