Telegiornaliste anno III N. 19 (97) del 14 maggio 2007
Somalia, ora serve la conferenza di pace
di Erica Savazzi
Novella Maifredi è responsabile dei progetti in
Somalia, Sudan e Kenya del
COSV - associazione di volontariato che opera in Africa,
America Latina, Asia ed Europa - e ha seguito da Nairobi gli
scontri tra le truppe del governo provvisorio e le milizie
islamiche.
Lei è tornata da poco in Italia. Qual è la situazione in
Somalia?
«La situazione è migliorata. I combattimenti a Mogadiscio
sono finiti, con le forze etiopi e del governo di
transizione che hanno bloccato i miliziani».
Cioè
le Corti islamiche.
«Chiamarle Corti islamiche è una semplificazione. I miliziani
sono membri di gruppi diversi, alcuni che orbitano intorno
alle Corti islamiche, altri invece più difficilmente
identificabili. Si tratta di più gruppi che non sono
facilmente riconoscibili».
Quali sono gli interessi dietro questi combattimenti?
«E’ molto difficile rispondere. Da quando Siad Barre è caduto
nel 1991 si è assistito a uno stato di anarchia. Non è stato
possibile instaurare un governo stabile per più ragioni, sia
per interessi locali che internazionali. Dal punto di
vista internazionale potrebbe far comodo a chi può trarre
vantaggio dall'instabilità e dalla mancanza di controllo per
far passare in Somalia merci varie, spesso poco legali. Tale
aspetto si collega a livello locale a logiche anche di clan
e di gruppi di interesse che insistono sul territorio».
Com’è la situazione del punto di vista umanitario?
«I corridoi internazionali si stanno riaprendo, in
particolare gli aeroporti del centro-sud che permettono
l’accesso dal Kenya. Questo vuol dire che è stato possibile
sbloccare gli aiuti umanitari, soprattutto per i
migliaia di sfollati di Mogadiscio che si sono diretti verso
sud, anche se gli interventi sono ancora insufficienti a
coprire tutti i bisogni. Guerra e colera hanno portato a una
situazione umanitaria molto difficile».
Qual è la situazione di donne e bambini?
«Donne e bambini, come in tutti i contesti di crisi, sono le
parti più deboli. In Somalia la situazione era già difficile
prima della guerra: per i bambini è molto difficile accedere
all’istruzione, a causa della scarsità di strutture e della
difficoltà di raggiungerle. COSV, insieme ad altre ONG
locali, sta portando aventi un progetto di supporto a sette
scuole, con l’obiettivo di aumentare di almeno il 70% le
iscrizioni. Questo obiettivo è stato raggiunto aiutando le
comunità locali. Le donne sono coloro che hanno tenuto
insieme la società somala. Il COSV lavora molto con
loro, per il semplice motivo che sono presenti sul luogo e
sono molto più propense ad impegnarsi per le proprie
comunità. Più della metà dei nostri gruppi locali è composto
da donne».
Quale è stata l’azione della comunità internazionale di
fronte alla crisi somala?
«Ci sono stati gli appelli delle agenzie ONU agli Stati
membri e a tutta la comunità internazionale per aprire i
canali umanitari. L’Onu ha fatto pressione sul governo per
riaprire i corridoi umanitari interrotti con la guerra, e
oggi il Pam (Programma Alimentare Mondiale) si occupa di
distribuire il cibo. Dal punto di vista politico la
prossima mossa dovrebbe essere quella di promuovere una
conferenza di riconciliazione nazionale. Le truppe
dell’Unione Africana, ora che i combattimenti sono cessati,
possono portare aventi il lavoro di pattugliamento del
territorio, mentre prima, durante gli scontri, restavano
all’interno della loro sede: il loro compito è di peace
monitoring, un ruolo di polizia».
Quali potrebbero essere gli sviluppi futuri?
«Attualmente ci sono segnali positivi per cui esprimo
un cauto ottimismo. D’altra parte però la situazione è
estremamente variabile, non si sa fino a quando durerà
questa situazione. Proprio per questo sarebbe necessario
organizzare al più presto la conferenza di pace, ovviamente
una volta che gli scontri saranno cessati definitivamente e
si saranno chiarite le varie posizioni».