Telegiornaliste N. 25 del 31
ottobre 2005
Martina Maestri, giornalista per sogno di
Filippo Bisleri
Martina Maestri, una grande
giornalista sportiva, certamente la più bella bordocampista
e cronista delle emozioni del pre- e post partita della serie A
(solitamente a lei sono affidate le partite di cartello), ha
accettato di raccontarsi ai microfoni di Telegiornaliste.com,
cui augura un futuro roseo.
Martina, come hai scelto di fare la giornalista?
«Ho scelto di fare la giornalista – svela in prima assoluta ai nostri
microfoni - soprattutto perché affascinata dal lavoro di mio padre.
Lui, quando ero piccola, faceva l'inviato per un programma di sci in
inverno e di vela in estate. Era sempre in giro, mi faceva racconti
meravigliosi, e così quando ho iniziato a pensare quale poteva
essere la mia strada, ho scelto il giornalismo. Ho iniziato infatti
facendo pratica e scrivendo qualche articoletto per la rivista
Sciare, poi sono passata ad una tv locale di Milano, Sei
Milano, dove ho imparato a fare un po’ tutto: usare la
telecamera digitale, montare da sola i servizi, realizzarli. A quel
punto il grande salto: prima alla redazione sportiva di Italia1 e
poi Tele+. E ora Sky».
Sognavi già la tv o pensavi a radio e carta stampata?
«Non so se ho mai sognato la tv, quello che è certo è che una volta
scoperta non l'ho più voluta abbandonare – racconta -. Mi piace da
impazzire trasformare quello che registri su una casetta in un
servizio il più completo possibile, montato bene e capace, quando ci
riesco, di regalare forti emozioni. Quindi forse sarebbe meglio dire
che è stata la televisione a scegliere me».
Sei una giornalista sportiva. Cosa pensi del luogo comune che vuole
i giornalisti sportivi meno preparati dei loro colleghi?
«In tutta sincerità – sorride - non mi sono mai posta il problema.
Certo, se uno si limita a fare un lavoro superficiale, allora il
giornalista sportivo è meno preparato di qualsiasi persona cammini
per la strada. Ma ricordarsi storie e date, ricorsi e parole dette,
richiede un duro lavoro di preparazione e una memoria di ferro. E
solo quando hai immagazzinato tutte queste informazioni puoi sperare
di fare un buon lavoro».
Sei un'esperta solamente di calcio o segui anche altre discipline
sportive?
«Ecco, già faccio fatica a definirmi un'esperta di calcio, ed è lo
sport che ormai seguo al 100%, quindi immagina il resto», e si
esprime con uno dei suoi magnifici sorrisi. «Scherzo, sono molto
appassionata di sci, ma è una passione ormai amatoriale».
Nella tua carriera hai incontrato diversi personaggi. Chi ti ha
colpito di più?
«Ci sono tanti personaggi che mi hanno colpito – racconta la
timidissima Martina - per diversi motivi. Papin per la sua storia
familiare, non ha avuto nessun problema a raccontare alla telecamera
le difficoltà e i problemi della sua bambina, mi ha colpito la forza
con la quale ha reagito al problema e la serenità ritrovata dopo
anni passati negli ospedali di tutto il mondo.
Mi rimarrà sempre in mente l'unica volta che sono riuscita ad
intervistare l'Avvocato Agnelli, mi tremava il microfono, un vero
disastro...
Mi piace sempre molto intervistare Shevchenko e Del Piero, due persone
prima che due calciatori-personaggi. Mi sono commossa la prima volta
che sono andata a Parigi per seguire la consegna del Pallone d'Oro a
Pavel Nedved. Potrei andare avanti ancora molto, forse tutto quello
che ho fatto mi regala un sorriso e comunque resterà sempre un
ricordo importante».
E quale il servizio che ricordi con maggiore gioia?
«Non ho dubbi: il servizio che invece più mi ha lasciato un segno è
stato il primo reportage che ho realizzato in Africa. Era la mia
prima volta, sono stata in Congo 10 giorni per raccontare le storie
legate al pallone. È stata un'esperienza indimenticabile, unica nel
suo genere e che mi accompagnerà per sempre».
Hai un modello di telegiornalista? E sogni nel cassetto?
«Modelli – replica - non ne ho e non credo nemmeno sogni. Anzi, forse
vedere un Europeo o un Mondiale. Un sogno banale?».