Telegiornaliste
anno III N. 39 (117) del 29 ottobre 2007
David Lynch, da regista a guru di
Antonella Lombardi
Da regista visionario e perturbante a guru della meditazione trascendentale. A
David Lynch, Leone d'Oro alla carriera, regista capace di raccontare
atmosfere e personaggi inquietanti, i temi che interessano e le parole che
ripete ossessivamente sono “beatitudine”, “pace”, “coscienza”. «Il livello più
profondo della vita è la pura coscienza. La vita migliora man mano che si
espande la coscienza».
Difficile riconoscere in queste parole il regista di film come Mulholland
Drive, Elephant Man, Velluto blu, nonché l’autore di
alcuni episodi della serie televisiva I segreti di Twin Peaks, un
cult che ha incollato undici milioni di spettatori, tutti a chiedersi che fine
avesse fatto Laura Palmer. Il sessantunenne regista dal ciuffo bianco
spettinato, di passaggio a Palermo per parlare della sua "Fondazione Paese
globale della pace mondiale", non è qui per raccontare il lato oscuro della
città.
E nemmeno della sua vita, che adesso divide con una compagna di trent'anni più
giovane. Non c’è spazio per il cinema, il doppio, l’inconscio e la borghesia
sapientemente analizzata, sezionata e criticata da uno dei registi più visionari
d’America. Un regista che, al pari di altri grandi autori, era diventato un
aggettivo identificativo di uno stile. E’ successo con Fellini, Bunuel e anche
con Lynch. Cinema dell’abisso, lo ha definito il critico Enrico Ghezzi,
volutamente contro «una narratività lineare».
All’autore di Cuore selvaggio proviamo comunque a strappare qualche
battuta su temi diversi. Cosa pensa del conferimento del Nobel per la pace ad
Al Gore?
«Ne sono lieto - risponde Lynch - penso che Al Gore dovrebbe candidarsi alla
Casa Bianca e che la stampa italiana lo dovrebbe appoggiare». E come fa un
regista che per anni ha narrato il doppio e l’inquietudine a parlare di pace
interiore e meditazione? «Nella vita sono diverso dai miei personaggi. I
contrasti e i conflitti fanno parte della vita, ma non è detto che l’artista per
descrivere la sofferenza debba soffrire». Ma Lynch torna ancora una volta sulla
meditazione e annuncia l’imminente apertura, a Roma, della prima scuola che
parlerà di “pace dinamica”.
A rompere gli schemi, inaspettato e insperato, l’intervento di Philippe
Daverio, critico d’arte e conduttore della trasmissione Passepartout
che, dopo uno scambio col regista sulla sua ultima esposizione artistica alla
triennale di Milano, chiede, a mo’ di provocazione: «Scusi, è vegetariano?».
E Lynch, finalmente, si scalda: «Non rinuncio a niente – tiene a precisare – ho
sempre fumato, amo il vino rosso e il cappuccino. Bevo molti cappuccini».
E dopo aver rilasciato una battuta sulle nuove tecniche digitali che
nulla «tolgono alla creatività del regista, ma che sono più flessibili e meno
costose», Lynch si sofferma sulle delizie della cucina italiana.
Meditate gente, meditate. Più che in versione Cuore selvaggio, Lynch in
Sicilia arriva in versione “spaghetti e mandolino”.